PALERMO – Se i Comuni dell’Isola non possono vantare quella che in termini medici viene definita una “buona condizione fisica”, neanche le ex Province regionali scoppiano di salute.
A confermarlo è l’analisi relativa ai cosiddetti Enti territoriali intermedi contenuta nella “Relazione sulla gestione finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane per gli esercizi 2021-2023” – approvata dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti con delibera n. 13/SEZAUT/2024/FRG. Due esempi su tutti: il Libero consorzio di Siracusa, che è ancora in dissesto, e la Città metropolitana di Catania, che ha chiuso il riequilibrio quest’anno.
Una situazione difficile per gli Enti intermedi, che si ripercuote inevitabilmente sui servizi erogati ai cittadini, in particolare per quelle che sono le funzioni principali di queste realtà istituzionali, vare a dire la gestione di scuole di secondo livello e strade provinciali. A fronte di una spesa complessiva pari a 545 milioni di euro l’anno, infatti (dato 2022 di cui 329 milioni riferiti alle Città Metropolitane e 216 milioni relativi ai Liberi Consorzi) scuole e strade continuano a versare in condizioni non certo ottimali.
Prima di entrare, dati alla mano, ulteriormente nel merito del documento stilato dai magistrati contabili, è doveroso aprire una breve parentesi semantica: per gestione finanziaria si intende – è bene ricordarlo – il controllo del flusso di denaro di un Ente, pubblico o privato che sia, in entrata e in uscita.
In merito alla prima voce, quella delle entrate, la Corte dei conti evidenzia “un quadro abbastanza omogeneo” in cui si distingue – in negativo – la nostra Isola: “In tutte le Regioni l’andamento è in linea con quello nazionale con un incremento complessivo sia degli accertamenti di parte corrente, con l’unica eccezione della Sicilia (-2,7 per cento), che delle riscossioni correnti, con eccezione delle Province della Basilicata e della Sicilia (-9 per cento e -1,2 per cento)”.
Tra il 2021 e il 2022 si è scesi infatti da 264 a 257 milioni di euro di entrate accertate e da 240 a 237 milioni di euro riscossi. Confrontando poi l’accertato e il riscosso viene fuori che sono mancati all’appello 24 milioni nel 2021 e 20 milioni nel 2022. In termini percentuali parliamo del 9 e del 7,5 per cento. Queste cifre non tengono conto delle tre Città metropolitane per le quali la Corte dei Conti fa un’analisi a parte. A emergere è il fatto che l’accertato cresce (seppur di appena 3,9 punti percentuali) solo a Catania, mentre Messina e Palermo registrano rispettivamente -3,4 e -0,8 per cento. Complessivamente nel 2022 l’accertato delle tre Città metropolitane supera i 361 milioni. Se proiettiamo su questo dato la percentuale di mancato riscosso registrata dai Liberi consorzi siciliani (7,5 per cento) viene fuori che il riscosso si ferma a 334 milioni. Nella Città metropolitana di Catania a crescere, però, è anche la spesa corrente (quella per intenderci improduttiva): dai quasi 117 milioni del 2021 arriva, l’anno successivo a superare i 119 milioni (+1,9 per cento).
Veniamo quindi al secondo punto della gestione finanziaria delle ex Province: le uscite. La spesa corrente aumenta – e non di poco – anche nella Città metropolitana di Palermo (da circa 121 milioni a 132 milioni, registrando un + 9,4 per cento di incremento). Più oculata la Città metropolitana di Messina dove si è tagliato l’1,2 per cento (equivalente a poco più di 900 mila euro). Nelle restanti sei ex province la spesa nel 2022 è pari a 216 milioni di euro: un risultato che rappresenta nella Penisola “l’unica realtà con una variazione negativa nel biennio (-2,3 per cento)”.
Nota positiva è quella relativa alla spesa “produttiva” (quella cioè in conto capitale): i magistrati contabili segnalano infatti un “sostenuto incremento delle spese sostenute dalla Città metropolitana di Palermo (+68,7 per cento) e di Catania (+55,7 per cento)”. Percentuale, quest’ultima, in linea con l’aumento relativo ai Liberi consorzi isolani (+55,8 per cento). Si spera, adesso, che questi miglioramenti possano effettivamente tradursi in servizi più efficienti per le popolazioni amministrate.
PALERMO – Affossato, lo scorso fine luglio, il Ddl sulle Città metropolitane e sui Liberi Consorzi, nelle ex province dell’Isola si naviga a vista. Eppure, la linea della Regione per la gestione degli Enti intermedi continua a essere la stessa.
Nel Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2025/2027, approvato con Deliberazione n. 231 del 28 giugno 2024, il Governo Schifani si è infatti prefissato il conseguimento di diversi obiettivi relativi a quelli che vengono definiti Enti di area vasta. Primo fra tutti la “piena funzionalità” da raggiungere attraverso “il ripristino degli organi ordinari dei predetti enti, come in atto previsti e regolati dalla legge regionale 4 agosto 2015, n.15 e sue successive modifiche ed integrazioni, unitamente alla contestuale cessazione delle relative gestioni commissariali”.
Tra i “risultati attesi” figurano l’innalzamento delle soglie di funzionalità degli Enti di area vasta nell’esercizio delle funzioni di carattere fondamentale, con particolare riferimento alle funzioni riferite alla manutenzione stradale e scolastica; il consolidamento del sistema di partnership istituzionale, tra livello locale e regionale di governo, in funzione di un accresciuta qualità dei servizi a favore di cittadini, corpi intermedi e imprese siciliane; il supporto al graduale superamento delle condizioni di criticità finanziaria dei comuni e degli enti di area vasta siciliani; il supporto al graduale superamento delle condizioni di criticità organizzativa e funzionale dei comuni e degli Enti siciliani di area vasta. Per arrivare a questo risulterà fondamentale colmare il gap finanziario degli Enti, “mediante una più decisa iniziativa volta a reperire nuove fonti finanziarie, più coerenti con la peculiarità dei singoli interventi”.
In tale prospettiva, si colloca “l’obiettivo di pervenire a un equilibrato superamento del criterio di riparto incentrato sulla spesa storica, in funzione di un’aggiornata e compiuta valutazione degli effettivi fabbisogni delle amministrazioni locali, da rilevare mediante più aggiornati ed equi sistemi incentrati sulle effettive capacità fiscali e sugli indici di vulnerabilità sociale e materiale, da elaborare con adeguati apporti metodologici e scientifici e col pieno coinvolgimento degli Organismi associativi rappresentativi dei comuni e degli enti di area vasta”.
Il tempo delle vacche grasse si sa è finito da anni: “Alla luce delle limitate risorse disponibili, l’Amministrazione regionale intende, in ogni caso, garantire, attraverso i suddetti innovativi modelli di riparto, un’allocazione volta a favorire logiche più ‘selettive’ che, da un canto, assicurino il sostegno agli enti gravati dal peso di maggiori criticità finanziarie e, dall’altro, incentivino meccanismi premiali per gli enti più virtuosi”.
Massima attenzione sarà dedicata “all’impiego dei fondi extraregionali, di derivazione nazionale e comunitaria, destinati agli enti locali siciliani e la cui gestione risulta assegnata al Dipartimento, in vista del loro integrale impiego da parte degli enti destinatari quale irrinunciabile occasione di crescita dei territori di riferimento”.
Chiude il cerchio la questione del personale: nel Dcoumento di economia e finanza regionale viene in tal senso evidenziato come “la sofferenza finanziaria degli Enti locali siciliani incide, in termini assai significativi, sugli assetti organizzativi del personale che, negli ultimi anni si sono mostrati alquanto problematici, anche a causa di un depauperamento degli organici non accompagnato dal necessario turn over”. In quest’ambito, l’obiettivo prefissato rimane “quello di proseguire nel supporto finanziario della Regione per consentire agli enti locali siciliani di potere valorizzare i percorsi consentiti dai più recenti interventi del legislatore nazionale e regionale per portare a termine il processo di stabilizzazione del personale degli enti locali, già destinatario di specifiche norme regionali”.