ROMA – Famiglie Sma torna a chiedere a gran voce che la terapia genica sia accessibile per i bambini con più di 6 mesi, in linea con l’Europa.
L’associazione dei pazienti chiede ad Aifa di ampliare i criteri di inclusione per non creare discriminazioni. È una terapia efficace e innovativa, che i genitori chiedono sia disponibile per la più ampia platea possibile.
La terapia genica per l’atrofia muscolare spinale – conosciuta con il nome commerciale di Zolgensma – è una terapia efficace e innovativa in grado di cambiare la vita ai piccoli pazienti, al momento accessibile in Italia per i bambini con Sma 1 (la forma più grave della malattia) fino a 6 mesi. Famiglie Sma, l’associazione che in Italia rappresenta la comunità dei pazienti e le loro famiglie, chiede ad Aifa di ampliare i criteri di accesso al farmaco in linea con altri Paesi in Europa per non creare ingiuste disuguaglianze.
A differenza delle due terapie esistenti per la Sma, Zolgensma interviene direttamente sul difetto genetico con un’unica somministrazione, quindi è effettuata una sola volta nella vita.
In base agli studi clinici a disposizione, un trattamento precoce consente di ottenere nei bambini tappe di sviluppo motorie che si avvicinano a quelle dei coetanei sani, come il controllo della testa e la capacità di sedersi senza supporto, senza il bisogno di ricorrere a supporti ventilatori che normalmente la storia della malattia prevede.
Pur non essendo una cura definitiva, la terapia genica rappresenta quindi un grande passo in avanti per tutti i pazienti con Sma, patologia neuromuscolare rara – prima causa di morte genetica infantile – caratterizzata dalla progressiva morte dei motoneuroni, indebolisce progressivamente le capacità motorie, rendendo difficile gesti quotidiani come sedersi e stare in piedi, controllare la testa, nei casi più gravi deglutire e respirare.
Negli Stati Uniti, Zolgensma ha ottenuto il via libera da oltre un anno (maggio 2019) per bambini fino a due anni e con peso fino a 21 kg, mentre in Europa l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha dato indicazioni meno specifiche sul peso (solo una raccomandazione sui 21 Kg) e sull’età. Nel nostro Paese l’Aifa (l’ente regolatorio per l’uso dei farmaci), in attesa di autorizzarne l’uso, dal 17 novembre scorso ha approvato un accesso anticipato per i pazienti affetti da Sma di tipo 1 fino ai 6 mesi. Il farmaco è stato dunque autorizzato secondo i criteri stabiliti dalla legge 648 del 1996 che prevede, in assenza di un’alternativa terapeutica valida, l’erogazione di medicinali innovativi a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Ad oggi in Italia sono tre i bambini che hanno potuto accedere alla terapia (la prima è stata Sofia, all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli), ma per chi ha più di sei mesi al momento è negata questa possibilità.
In Germania, Zolgensma è approvato e in commercio da luglio per bambini con Sma fino a 21 kg; in Francia, Portogallo e Grecia sono stati approvati programmi di accesso anticipato sempre fino ai 21 kg. Tra gli Stati che hanno dato il via libera al farmaco, nessuno ha quindi limitato l’accesso come in Italia.
Pur ribadendo che Zolgensma non è una cura e che esistono altre due terapie efficaci per la malattia, Famiglie Sma chiede ad Aifa di estendere i criteri di inclusione in linea con gli altri paesi in Europa.
In questi mesi alcune famiglie hanno avviato raccolte fondi per acquistare il farmaco. Un percorso complesso e di difficile risoluzione, in quanto non può essere comprato da un privato, necessita di un’attenta e rigorosa assistenza medica, e può essere somministrato solo a bambini che rispondono a determinate caratteristiche cliniche. Come associazione di pazienti, Famiglie Sma non può che essere vicina a tutte le famiglie ma – rappresentando l’intera comunità – sottolinea da sempre la necessità di una regolamentazione più ampia per tutti.
“L’accesso alla terapia, o a qualsiasi farmaco che apporti un miglioramento nella qualità della vita, deve essere disponibile per la più ampia platea possibile. Il nostro impegno è da sempre quello di garantire a ognuno le stesse opportunità”: dichiara la presidente dell’associazione Anita Pallara. “Non possiamo ignorare che oggi un bambino con una diagnosi non tempestiva, oltre i 6 mesi, sarebbe ingiustamente escluso da un’importante opportunità”.