La Sicilia nel 2018 e nel 2019 ha potuto contare su circa 15 milioni di pernottamenti annui, quasi tre milioni di questi generati da clienti residenti nell’Isola, 8 da stranieri, almeno 4 da turisti provenienti da ogni parte d’Italia. In Sicilia a causa dell’emergenza sanitaria, nello scenario più pessimistico disegnato dall’Srm, Studi e ricerche per il Mezzogiorno, avremo una domanda turistica in calo del 35% nel 2020 con la perdita di 5,4 milioni di presenze.
Un impatto negativo sulla spesa turistica di circa 3,7 miliardi di euro con un taglio del fatturato del settore “core” della filiera turistica pari a 1,5 miliardi di euro (vedi inchiesta del Qds del 21 aprile scorso). Incombono sul nostro territorio, inutile nasconderlo, numerosissimi pernottamenti “fantasma” dovuti a fenomeni riconducibili ad abusivismo ed evasione fiscale. I pernottamenti reali potrebbero essere il doppio e da ciò risulta evidente che il turismo rimane tra le principali risorse per l’Isola.
Un settore che si ritrova col motore spento mentre lentamente tanti altri comparti iniziano a ripartire, dalla ristorazione all’agricoltura per fare degli esempi. Nella prima fase si dovrà puntare soprattutto su turisti interni, siciliani in primis e poi – si spera – da giugno puntare anche ad intercettare turisti provenienti da altre regioni italiane.
In un tale quadro diventa importante, se non indispensabile, far riscoprire le bellezze della Sicilia ai siciliani. Centinaia di tesori che negli anni sono stati più o meno accessibili: il nostro vulcano, le nostre coste, i siti archeologici, i monumenti, i piccoli e grandi musei, le isole minori, i borghi, le bellezze naturalistiche, i sapori antichi.
L’assessore al Turismo della regione, Manlio Messina, lo sa bene e ha messo in campo dei voucher turistici che consentiranno ai visitatori dell’Isola di usufruire di “una notte gratuita”, col contributo regionale, al fronte di una prenotazione per tre notti. Le risorse per tale strategia sono state trovate ed approvate in finanziaria, restano da chiarire alcuni interrogativi in quanto la macchina organizzativa è a lavoro in tal senso e non ci sono notizie definitive.
“L’iniziativa coinvolgerà strutture alberghiere ed extralberghiere – ci dicono dall’assessorato al Turismo – ma l’attività progettuale in itinere non ci consente ad oggi di stabilire se sarà fruibile e accessibile a tutte”. Ancora da stabilite anche le modalità e le tempistiche con cui la Regione pagherà gli imprenditori (agenzia viaggi o albergatore). Ovvero, la notte di competenza della Regione quando verrà pagata? In una fase emergenziale come quella che stiamo vivendo appare evidente che tale pagamento dovrà essere il più celere possibile, potrebbe essere erogato entro 8 giorni? Lo sapremo a breve.
Intanto, notizie positive giungono da Salvatore Bartolotta, coordinatore regionale del Club “I borghi più belli d’Italia” che nota un lento ma generale cambiamento di prospettiva nel guardare ai borghi: “ La qualità della vita che ha proposto la città in questa problematica epoca, confrontata con la qualità della vita nei borghi, fa emergere paragoni a dir poco inquietanti. Cresce il numero di giovani che vede nei nostri luoghi l’ambiente per poter sperimentare nuovi stili di vita e di lavoro”.
Una riscoperta dei tesori nascosti della nostra Isola appare, dunque, possibile e quanto mai vantaggiosa per alcune categorie di visitatori. Le persone fisiche non residenti in Italia che percepiscono redditi da pensione di fonte estera hanno la facoltà di optare per un’imposta sostitutiva del 7% su tutti i redditi prodotti all’estero (non solo sulle pensioni) per cinque anni, in alternativa alla tassazione ordinaria, se sceglieranno di trasferirsi in una Regione del Sud e in un paese a bassa densità abitativa, appartenenti al territorio di Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia, con popolazione non superiore a 20mila abitanti.
Imposta sostitutiva vantaggiosa e amore per il Sud Italia da soli potrebbero non bastare per attrarre un numero importante di pensionati dall’estero. Tale possibilità, però, affiancata alla possibilità di acquistare case all’interno dei borghi isolani a prezzi vantaggiosi, potrebbe essere davvero un’attrattiva forte. Tra i borghi appartenenti al Club “I borghi più belli d’Italia” e con una popolazione al di sotto delle 20.000 unità segnaliamo iniziative di successo per la vendita di case a prezzi stracciati a Salemi, Gangi, Sambuca di Sicilia, Petralia Soprana e Novara di Sicilia. Non vi sembra abbastanza? All’orizzonte il Governo nazionale lavora ad un ecobonus che prevede detrazioni per specifici lavori di efficientamento energetico e tutela ambientale pari al 110% per le opere e gli impianti di ristrutturazione immobiliare su case e palazzi. Insomma, è giunto il momento della riscoperta dei “nostri spazi”.
Adriano Agatino Zuccaro
Emanuele Savona, vice presidente di Agriturist, descrive le difficoltà del comparto in seguito all’emergenza legata al Coronavirus
CATANIA – Solo grande ottimismo e coraggio imprenditoriale potranno garantire una pronta ripresa al settore agrituristico siciliano. La luce in fondo al tunnel stenta a vedersi, ma gli operatori del comparto devono farsi trovare pronti alla riaperture delle strutture. D’altronde gli agriturismi sono tra i pochi luoghi a poter garantire ristorazione e ospitalità in condizioni salubri, in spazi aperti, a contatto con la natura e dunque una ripartenza cento per cento adeguata alle richieste degli specialisti.
Come detto ci vorrà coraggio, perché il lockdown ha portato con se 120 mila euro di mancati incassi per ogni struttura siciliana. Circa un centinaio sono censite da Agriturist, Coldiretti ne stima invece 750. I programmi economici pensati dal Governo non hanno offerto, a parere della categoria, un sostegno adeguato ma associazioni come Agriturist hanno inciso nella determinazione di bandi specifici che, comunque, sono disponibili per il settore.
“Serve fare una premessa – spiega il vice presidente Agriturist Emanuele Savona – capire qual è la differenza tra un agriturismo vero è un’azienda agricola che in maniera complementare porta avanti un’attività di ospitalità, di ristorazione, organizza visite aziendali, attività di fattorie didattiche. L’esistenza dell’azienda agricola è il presupposto poi viene il resto. Questa premessa importa per differenziare gli agriturismi veri dai tanti luoghi di campagna fuori città che si fanno chiamare “agriturismo” senza avere nulla osta.
Riconoscere questa peculiarità è il presupposto da cui iniziare per avviare una pronta ripartenza del nostro settore. Un discorso di professionalità serve per individuare le persone che hanno esclusivamente questa come attività principale. Chi fa agriturismo al 100% è più colpito non avendo altro reddito”.
Il crollo dell’agrituristica siciliana è stato spinto dal mancato arrivo di ospiti stranieri. “Per il nostro settore aprile e maggio rappresentavano i mesi della massimizzazione dei ricavi perché la primavera è la stagione in cui inizia il turismo estero, che in Sicilia incide per l’82 per cento: Germania, Olanda, Belgio, Francia ma anche Stati Uniti e Inghilterra erano gli stati dei provenienza dei nostri ospiti. La primavera rappresenta il risveglio della ristorazione locale, dove l’utente è cittadino e ora subiamo un’importante batosta dalla scomparsa della banchettistica (matrimoni, cresime, comunioni) e le domeniche fuori a pranzo. Stimando la perdita di un’azienda media – analizza il vice presidente siciliano di Agriturist – contiamo circa 120 mila euro di mancati incassi, di questi 120 mila euro il 40 per cento rappresentava effettivo guadagno”.
Il “Cura Italia” ha dato risposte parziali, ma l’associazione ha provato ad indirizzare la politica sulla giusta via. “Agriturist ha fin da subito avanzato delle proposte ai ministeri di Turismo e Agricoltura, ancora prima dell’annuncio del lockdown perché avevamo intuito che le condizioni sarebbero state estese a tutto il territorio nazionale. Dal “Cura Italia” abbiamo avuto pochissime risposte. Per lo più possiamo parlare di azioni che lambiscono marginalmente la nostra condizione di difficoltà. Abbiamo chiesto d’avere liquidità, il successivo decreto veniva incontro alle nostre esigenze, ma è stato dimenticato che il settore agricolo non accede ai finanziamenti a garanzia dello Stato, dunque, su sollecito, è stato reimpostato il meccanismo prevedendo dei bandi specifici tramite Ismea. Solo l’8 per cento dei gestori di agriturismo siciliani ha chiesto l’accesso al credito e semplicemente perché le condizioni non sono convenienti.
Fare prestito per coprire dei fidi già esistenti non è sostenibile e sulle procedure di credito d’imposta pesa su di noi la scure del regime de minimis, per cui siamo costretti a non ricevere mai più di 20 mila euro di supporto. Sul futuro la situazione non è chiara, il governo non ha ancora spiegato come adeguare le nostre strutture. Riaprire comporterà dei costi, costi che saranno fissi a fronte di ricavi che non torneranno ad essere quelli di prima. Guardando al 2020 il calo degli alloggi sarà almeno del 20 per cento rispetto l’anno precedente e nel 2021, quando si ricomincerà, con matrimoni, con il ritorno dei clienti stranieri, si recupererà ma a mio parere soprattutto in Sicilia ci vorranno almeno altri 5-6 anni perché tutto torni come prima”.
Chiara Borzì