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Favori e appalti dietro la malagestione dei depuratori del Consorzio Rete Fognante

A fine febbraio 2021, il depuratore di Giardini Naxos era al collasso. “Siamo al limite. Bisogna centrifugare. Abbiamo digestore e ispessitori pieni. Urge pulire la vasca. Clorazione. La dissabiatura è intasata. La sufflazione aria da ripristinare”, scrive, un messaggio dopo l’altro, un operaio a Oscar Aymà, dirigente del settore tecnico del Consorzio Rete Fognante (Crf), che a Taormina, Castelmola, Letojanni e Giardini si occupa dei reflui. Al termine della conversazione l’operaio ripiega sul dialetto per fare sintesi: “Stamu fitennu”.
Le intercettazioni sono finite agli atti dell’indagine della procura di Messina sull’inquinamento ambientale causato dal malfunzionamento della rete di depurazione che serve alcune delle località più rinomate della parte settentrionale della costa ionica siciliana.

Nell’ordinanza, firmata dalla gip Tiziana Leanza, viene ricostruito il giro affaristico che sarebbe ruotato attorno ai lavori affidati dal Crf. Sullo sfondo, anche se nessuno degli indagati riveste cariche elettive, c’è la politica. A riguardo la giudice per le indagini preliminari ha parlato di “gestione personalistica del Crf, con il beneplacito della politica locale che attingeva al Consorzio come bacino di voti”.

Gli sversamenti nell’Alcantara

A essere accusati di reati ambientali sono il dirigente Aymà e Mauro Passalacqua, il presidente del Crf. A fine inverno 2021, sulla scorta di ciò che emerge dalle intercettazioni e di quanto verificato da guardia di finanza e Arpa, il tribunale di Messina dispone il sequestro del depuratore di Giardini. L’impianto, infatti, è risultato privo delle condizioni minime per funzionare correttamente: a mancare al personale, in alcuni frangenti, sarebbero stati anche prodotti basilari come il cloro. I vertici del Crf, dal canto loro, avrebbero autorizzato lo sversamento nel fiume Alcantara nonostante le prescrizioni allegate all’autorizzazione prevedessero lo scarico in mare.

“Dall’impianto hanno comunicato che stiamo entrando in sofferenza. Che faccio? Allora, eventualmente, io faccio delle somme urgenze, chiamo a quello dei fanghi”, è la frase pronunciata dal dirigente tecnico.

Sul fatto che il collasso di un depuratore, con le potenziali conseguenze sul piano ambientale e igienico-sanitario, sia una di quelle situazioni in cui è lecito ricorrere all’affidamento tempestivo a una ditta specifica ed evitare così di attendere i tempi di una gara d’appalto, dubbi non ce ne sono. Gli stessi, però, per gli inquirenti si insinuano nel momento in cui si guarda nel complesso alla gestione del Consorzio Rete Fognante. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti Aymà e Passalacqua, per esempio, avrebbero deciso “in un’ottica di tutela delle proprie posizioni, a discapito dell’interesse pubblico, di non inviare alcuna comunicazione agli organi competenti come l’Arpa”. Lo stesso Aymà, parlando con il titolare di un laboratorio di analisi, avrebbe ammesso le criticità – “non depura, parliamoci chiaro. Questi (i reflui, ndr) sono passati, hanno eliminato tutta la fauna, tutto quanto va” – per poi decidere comunque di ritardare le comunicazioni alle autorità competenti.

Gli appalti alle ditte di fiducia

Insieme ad Aymà a essere indagato è anche Giuseppe Caudullo, il dirigente a capo dell’area finanziaria del Crf. I due sono accusati, a vario titolo e con una preponderanza di casi a carico di Aymà, di avere gestito in maniera illecita i lavori pubblici. Nell’inchiesta sono coinvolti diversi imprenditori tra cui Francesco Cipolla, Patrizia Savio e Nellino Sgroi.

A loro si è arrivati anche grazie alla testimonianza di un ex dipendente del Crf, che nel 2020 si è presentato negli uffici della guardia di finanza raccontando ciò a cui aveva assistito.

Cipolla, negli anni scorsi condannato in via definitiva a dieci anni per traffico di stupefacenti, con la sua Building&Tourist avrebbe ricevuto da Aymà diversi appalti. Tra imprenditore e funzionario pubblico ci sarebbe stato uno “stretto legame personale e affaristico”: il primo, per esempio, avrebbe garantito il sostegno elettorale alla moglie di Ayma, poi eletta al Consiglio comunale di Giardini Naxos (e non indagata), mentre il secondo avrebbe mostrato di essere vicino alla famiglia di Cipolla nel periodo in cui l’imprenditore era finito in carcere.

Altro rapporto privilegiato sarebbe stato quello che Ayma avrebbe coltivato con l’imprenditore Sgroi. Gli inquirenti hanno quantificato in oltre 287mila euro il valore degli affidamenti, quasi sempre sotto forma di affidamenti diretti per somma urgenza, che la società di Sgroi ha ottenuto dal Cfr tra il 2018 e il 2020.

“Siffatta disponibilità – si legge nell’ordinanza – a concedere reiteratamente affidamenti diretti e a demandare la gestione di fatto di taluni lavori pubblici di competenza del Consorzio allo Sgroi veniva ripagata dall’imprenditore con una serie di favori resi al funzionario pubblico. In particolare, dalle intercettazioni emergeva che Aymà aveva ricevuto dallo Sgroi l’incarico di redigere, per il tramite di altro professionista, il progetto relativo alla costruzione di un residence su terreno di proprietà della moglie dello Sgroi”.

La ditta Eco Beach, guidata da Patrizia Savio, avrebbe invece beneficiato di un affidamento diretto per lo smaltimento di fanghi e altri rifiuti prodotti dal depuratore in un modo del tutto anomalo. L’impresa, che qualche anno fa è finita in un’indagine su un traffico di rifiuti, nel 2018 avrebbe ricevuto un affidamento per somma urgenza al prezzo di duecento euro a tonnellata, nonostante in precedenza fosse stata aggiudicata una gara d’appalto a una ditta che di lì a poco sarebbe entrata in servizio e che aveva proposto un prezzo pari a meno alla metà. La stessa Eco Beach, peraltro, aveva preso parte alla gara offrendo 120 euro a tonnellata, ottanta in meno di quella che il Consorzio Rete Fognante gli avrebbe riconosciuto. 

L’operaio assenteista e il segretario troppo attento

A corroborare la tesi di un ente utilizzato senza badare all’interesse pubblico ci sono due vicende diverse. La prima vede protagonista un 44enne, che nel 2020 è stato assunto dal Crf tramite un’agenzia interinale e che, tra settembre e ottobre, sarebbe stato pressoché sempre assente dal posto di lavoro. Nonostante ciò, dopo essere stato sollecitato a sottoscrivere il contratto, l’uomo avrebbe percepito lo stipendio. Una paga resa possibile grazie all’impegno di Aymà che, per gli inquirenti, sarebbe stato consapevole che l’assunzione dell’operaio “era espressione di un accordo politico tra il sindaco di Castelmola Orlando Russo (non indagato, ndr) e il presidente del Crf Mauro Passalacqua”.

Oscar Aymà e Giuseppe Caudullo, i due dirigenti indagati, sono poi protagonisti di una telefonata da cui, per la gip Leanza, si evince “l’arroganza con cui i due indagati disponevano dell’ente come di una cosa propria”. Il dialogo riguarda l’arrivo del segretario comunale di Castelmola come componente dell’organo di controllo del Consorzio e la pretesa di quest’ultimo di fare luce sulla gestione del personale. Aymà e Caudullo sarebbero stati indispettiti dall’eccesso di zelo: “Io quando viene gli dico: ‘Segretario, lei deve fare come gli altri… i cazzi suoi’”, dice Caudullo. “Ci sono due persone che hanno portato tutto avanti per due anni, tre anni. Se lei è intelligente  – concorda Ayma, immaginando di rivolgersi al neoarrivato – si fa i cazzi suoi e il problema è risolto”.

“Le minacce preannunciate dai due dirigenti – si legge nell’ordinanza – producevano il loro effetto immediato”. Il segretario comunale, infatti, poco dopo ha presentato le dimissioni.

La replica del sindaco di Castelmola

Intervenuto ai microfoni del QdS, Orlando Russo, sindaco di Castelmola, ha dichiarato: “In riferimento all’articolo dal titolo ‘Favori e appalti dietro la malagestione dei depuratori del Consorzio Rete Fognante’ pubblicato da codesta testata, mi preme ribadire che nella mia lunga carriera da amministratore pubblico, iniziata nel 1975, non ho mai adottato comportamenti inidonei alla carica rivestita. In tal senso, garantisco che tra il sottoscritto e i vertici del Consorzio Rete Fognaria non c’è mai stato alcun accordo finalizzato ad assumere personale con logiche clientelari. Il mio rapporto con l’ente in questione è sempre stato di natura istituzionale, rimando dunque al mittente ogni qualsiasi allusione di altra natura”.