Cultura e civiltà ebraica

La festa di Purim e il lockdown

Malgrado il lockdown, che ormai da un anno, grava sulla vita di ciascuno di noi come una cappa pesante e uggiosa, è arrivata, come sempre, la più gioiosa delle feste ebraiche. Purim, la celebrazione dell’allegria per il pericolo scampato, ha avuto il suo corso, anche se con i limiti del distanziamento sociale, dalla sera del giovedi 25 febbraio alla sera del giorno successivo, per il calendario ebraico il 14 e 15 del mese di adar. I fatti che danno origine alla festa, risalenti ad oltre 2500 anni or sono, sono raccontati nel Libro di Ester, un testo della Bibbia ebraica e cristiana.

Il popolo ebraico viveva in cattività sotto il dominio di Assuero re di Persia, ed aveva assunto gli usi ed i costumi locali, tralasciando i propri che venivano, per quanto possibile, celati. Era accaduto che il re aveva ripudiato la propria moglie e desiderava passare a nuove nozze e, per scegliere la nuova compagna, aveva fatto convocare al suo cospetto le più belle ragazze che vivevano nel suo reame. La scelta era ricaduta su Ester, una ragazza di modeste origini, orfana, che era stata affidata e viveva sotto la tutela dello zio Mordekhai, funzionario di corte. Il primo ministro del re era Hamàn, uomo tanto potente quanto ambizioso, il quale aveva cominciato a pretendere che al suo passaggio tutti si inchinassero. Mordekhai, in quanto ebreo non poteva tributare tanto ossequio e tanta deferenza, che riservava solo al suo Dio.

Il primo ministro non tollerava questa disobbedienza ed avendo scoperto le nascoste ragioni del rifiuto, che offendevano la sua vanità, si recò dal sovrano a cui chiese con insistenza lo sterminio di tutti gli ebrei che vivevano nel regno, a causa della loro insofferenza alla autorità e del loro fanatismo religioso. Il re credette ad Hamàn ed emise il provvedimento richiesto; per decidere il giorno in cui l’eccidio sarebbe dovuto avvenire venne tirato a sorte (purim, in ebraico) la data. Il giorno che il caso ebbe ad indicare fu il 13 del mese di adar. Mordekhai, essendo stato informato di quanto stava per accadere, si recò dalla nipote Ester, per chiederle di intercedere presso il sovrano. Ester era molto titubante in quanto aveva nascosto al re Assuero che era una ebrea. La fanciulla effettuò un giorno di digiuno penitenziale per chiedere a Dio la forza di determinarsi ad effettuare un passo così delicato, a causa delle conseguenze che poteva comportare per la sua vita, ritenendo che questi fosse mal disposto nei confronti del suo popolo.

Il re Assuero, saputa della macchinazione del suo infedele primo ministro, condannò costui a morte, mentre gli ebrei furono salvi e Mordekhai venne premiato con il conferimento di un prestigioso incarico a corte. La gioia dello scampato pericolo viene ogni anno ricordata nella più allegra tra le festività ebraiche, con la lettura del libro di Ester, in cui tante cose, prima occultate, una volta rivelate erano divenute decisive e fauste.

I giorni che stiamo vivendo, in cui l’Italia intera rischia di tingersi di un allarmante rosso per la perdurante pandemia, nulla hanno a che spartire con la spensieratezza e la gioia di questa festa, la cui celebrazione potrebbe apparire proprio fuor di luogo in questo momento in cui l’umanità intera avverte di essere stata una pessima custode del Creato e si sente minacciata dalla natura che le insorge contro. Ma l’insegnamento dei Maestri della tradizione ebraica ci induce ad alcune pertinenti considerazioni. Innanzitutto, il libro di Ester è l’unico libro della Bibbia in cui non viene citato il nome di Dio, manca la sua parola ed è assente la sua azione. Il susseguirsi apparentemente casuale dei fatti, sembra decidere ancora una volta, il destino del Popolo ebraico, in una realtà in cui Dio è il grande assente e l’uomo viene chiamato a vincere lo sgomento di questo vuoto e ad approntare con le sole proprie forze un rimedio all’irrimediabile. Ma in effetti Dio anche se non appare continua ad esserci, come ci ricorda Deuteronomio (31:18): “Ed io continuerò a nascondere il mio volto in quel giorno…”. Il Talmud evidenzia uno stretto rapporto tra il tema del Dio nascosto e l’etimologia del nome Ester, che significa nascosta.

Da questo racconto è agevole far emergere che l’uomo, che di fronte all’oscurità più fitta, anzichè disumanizzarsi, trova in sè le risorse per opporsi con responsabilità individuale ai crimini, combatte il male con il bene. Un antico detto insegna che Dio inventò il deserto per dar modo all’uomo di ritrovare l’anima. Il sei marzo scorso è stata celebrata la solennità civile annuale della Giornata dei Giusti dell’Umanità (differente da quella dei Giusti tra le Nazioni), istituita nel 2012 dal Parlamento Europeo, che celebra tutti coloro che pur non avendone l’obbligo, a rischio della propria vita, si sono opposti ai genocidi ed ai totalitarismi. La celebrazione trae origine da valori centrali nel pensiero ebraico quali la responsabilità individuale ed il convincimento che ciascun individuo è coinvolto nel destino degli altri ed in qualche modo lo determina.