Musumeci alla fine, dopo una giunta surreale, con un rinvio di un’ora alla volta, si è dimesso. Ci sarà l’election day auspicato da un centrodestra che vuole andare a giocare la partita di una vita. Vincere in Italia, in Sicilia, in Lazio ed in Lombardia. Un filotto nazionale.
Musumeci, da Militello val di Catania, ci ha tentato fino alla fine di rimanere Presidente. Poi dopo le dimissioni di Draghi è entrata in campo la Realpolitik. E lui si è dovuto arrendere, ha allontanato da lui l’ipotesi di uno scambio con un seggio al Senato. Non si scambia la dignità di una Presidenza di una Regione nata prima della Repubblica Costituzionale per uno scranno. Ma le decisioni di queste ore saranno state gravide di pensieri. La sua ricandidatura era osteggiata da i suoi alleati principali, Forza Italia e Lega che si contendono il suo posto. Riteniamo che la sua posizione sarà di appannaggio della Lega, mentre Forza Italia avrà un quota la Moratti in Lombardia.
Il candidato probabile sarà Alessandro Pagano da San Cataldo, provincia essenziale all’inizio della Regione Siciliana e della Repubblica italiana. Musumeci da l’addio a una legislatura che lascia i problemi di sempre sul tappeto. I rifiuti, la viabilità, l’insufficienza dell’apparato produttivo per cause endemiche strutturali. Lascia un’isola più povera certificata dall’ISTAT, e dal negativo successo del reddito di cittadinanza.
I conti dell’isola scontano ancora un’importante disavanzo, e continua nel finale di partita con imbarcate di precari stabilizzati. L’isola dei giovani ancora emigra, soprattutto nelle risorse più formate, e la Next Generation Ue sembra una chimera.
Ci sarà una corta, bollente, ipercinetica campagna elettorale. Assomiglia molto ad un film sulla Grande Depressione di Elia Kazan, Non si uccidono così anche i cavalli, speriamo che non siano quelli di Ambelia.
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo