Nel 2022 il fisco ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi di euro. Questo dato, annunciato dal ministero dell’Economia e delle Finanze nei mesi scorsi, “è l’ennesima dimostrazione che negli ultimi anni la lotta contro l’infedeltà fiscale sta dando i suoi frutti”. Tra il 2015 e il 2020, ad esempio, l’evasione in Italia è scesa di 16,3 miliardi di euro. Sebbene il 2020 sia stato un anno molto particolare a causa della pandemia, il tax gap stimato dal Mef è sceso a 89,8 miliardi di euro, di cui 78,9 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi sono il ‘frutto’ dell’evasione contributiva. A comunicarlo è l’Ufficio studi della Cgia.
“Pur non potendo contare su quasi 79 miliardi di euro di tasse ogni anno, un importo che rimane ancora straordinariamente elevato, l’Amministrazione finanziaria italiana – spiega l’associazione nel suo studio – sembra essere riuscita a imboccare la strada giusta per combattere efficacemente questa piaga sociale ed economica che da sempre caratterizza negativamente il nostro Paese. Tra la compliance fiscale, lo split payment, la fatturazione elettronica e l’invio telematico dei corrispettivi, una serie di contribuenti, tra cui gli evasori incalliti, chi riceveva i pagamenti dallo Stato per un servizio o una prestazione lavorativa resa e poi non versava l’Iva e, infine, i professionisti delle cosiddette ‘frodi carosello’, sono stati indotti a ravvedersi. Non solo. Anche il leggero calo della pressione fiscale registrato in questi ultimi anni ha sicuramente avuto un effetto positivo sul fronte delle entrate. Sebbene sia ancora del tutto insufficiente, la contrazione del carico fiscale ha contribuito, in parte, a ridurre l’evasione, soprattutto quella che in gergo viene chiamata di ‘sopravvivenza’”.
“Purtroppo – scrive ancora la Cgia – chi è completamente sconosciuto al fisco continua imperterrito a farla franca, così come le organizzazioni criminali di stampo mafioso che sempre con maggior dedizione seguitano a coltivare i propri traffici illegali. Poco ‘sensibili’ alla fedeltà fiscale lo sono anche quelle multinazionali e i giganti del web che, in Italia, realizzano profitti milionari, ma la stragrande maggioranza delle imposte le versano nei paesi a elevata fiscalità di vantaggio.