“L’ordinanza impugnata ha dettagliatamente ricostruito le movimentazioni di denaro conseguiti alle compravendite, evidenziando come le plurime rogatorie eseguite hanno consentito di accertare che i flussi finanziari generati dalle stesse non sono stati disposti né ricevuti dalle parti contraenti”. Lo scrivono i giudici della seconda sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 20 settembre hanno confermato il sequestro di quasi 3,5 milioni di euro a carico dell’ex presidente della Camera Irene Pivetti coinvolta in un’indagine della Guardia di finanza di Milano. La vicenda riguarda una serie di operazioni commerciali, in particolare, la compravendita di tre Ferrari Gran Turismo, che secondo l’accusa sarebbero servite per nascondere un’evasione fiscale.
Irene Pivetti, in qualità di legale rappresentante di una società con sede in Polonia e di un’altra a Hong Kong, deve rispondere di autoriciclaggio ed evasione fiscale. “L’ordinanza impugnata ha argomentato che, alla stregua delle risultanze investigative – spiegano i supremi giudici – consta che Leonardo Isolani ha sempre mantenuto la disponibilità dei beni materiali ed immateriali compravenduti con gli atti del 3/4/2016 ad eccezione del logo Isolani Racing Team with Ferrari, chiarendo che la cessione del logo Ferrari tuttavia, in forza delle clausole di licenza, non poteva avvenire disgiuntamente dai beni della scuderia Isolani che i coniugi Isolani-Mascoli avevano interesse a cedere formalmente per sottrarsi alle azioni esecutive dell’Erario. Dai convergenti interessi della Pivetti e degli Isolani sono scaturite le compravendite del 3/4/2016, simulate soggettivamente, attesa la fittizia interposizione quale acquirente della Only Italia di Hong Kong, e oggettivamente, stante la simulazione parziale quanto al compendio ceduto, risultando in concreto alienato dai venditori esclusivamente il logo della scuderia abbinato al logo Ferrari” si legge.
“Il Tribunale cautelare – proseguono i supremi giudici – ha dato, altresì, conto con una motivazione congrua e priva di criticità giustificative degli elementi che attestano l‘inesistenza giuridica ed economica delle società del network Only Italia, sottolineando le emergenze investigative che depongono per questa conclusione, ravvisabili nell’assoluta inconsistenza del capitale sociale, nell’assenza di un’autonoma sede sociale e di personale dipendente, nel mancato rinvenimento di documentazione attestante l’operatività della capofila Only Italia Hong Kong; nella mancata emissione di fattura in relazione alla compravendita della scuderia Isolani, nella mancanza di un conto corrente attivo, parametri dotati di sicura attitudine dimostrativa e non contrastati efficacemente dall’ampia produzione della difesa”.