Politica

Fleres, “La Sicilia sarà terra di rapina fin quando non costruiremo una nuova classe dirigente”

“Terra di rapina” era il titolo di un libro della giornalista palermitana Giuliana Saladino, che, uscito nel 1977, descriveva le sconfitte di contadini e solfatari travolti dalla riforma agraria e costretti a emigrare da una terra sempre più povera e dimenticata. Dalla narrazione sembrava che il tempo non fosse passato rispetto a quando, nel 1786, era uscita una mappa della “Sicilia moderna colle nuove strade”. E quarantatré anni dopo la pubblicazione del volume della Saladino, di rapina al Meridione ha parlato il rapporto 2020 di Eurispes: 840 milioni rubati dal Nord al Sud in diciassette anni. Prevalentemente, come vedremo, per leggi volute dalla Lega Nord.

Ma siccome la Sicilia è anche un enorme serbatoio di voti, il partito di Matteo Salvini ha preso a corteggiare i movimenti sicilianisti: nei giorni scorsi ha lanciato una proposta di una collaborazione alla quale alcuni – quello di Raffaele Lombardo, che con il Carroccio aveva già stretto accordi anni fa – hanno risposto subito “presente!”, altri hanno tentennato, altri ancora, pur senza chiusure aprioristiche, si mostrano ancora guardinghi rispetto a quella che qualcuno ha già bollato come una “proposta indecente”.

Unità Siciliana-Le Api – spiega per esempio il leader del movimento, Salvo Fleres, catanese, 64 anni, giornalista professionista, una carriera politica cominciata nelle giovanili del Pri e passata da Forza Italia, partito del quale è stato deputato regionale e senatore –  ha sempre detto che non pone discriminazioni ideologiche. Abbiamo già parlato con il Pd e dunque, se ce ne sarà l’occasione, parleremo anche con la Lega”.

Fleres sottolinea però che la proposta leghista “si colloca in quella che, anche da parte degli altri partiti nazionali, potremmo definire una politica acquisitiva”. E afferma: “Noi non abbiamo alcun bisogno di negoziare posti nelle liste in vista di elezioni nazionali, ma vogliamo ottenere un accordo che passi dall’equiparazione dei diritti degli abitanti della Sicilia e del Sud e di quelli del Nord, come stabilisce la Costituzione”.

Si accalora, Fleres, nonostante sia un politico di lungo corso: “Vi sembra rispettoso del dettato costituzionale il fatto che al 34,3% della popolazione, quella che risiede al Sud, spetti una fetta di spesa pubblica del 28,3% del totale, mentre ben il 71,7% del totale arriva a quel 65,7% di italiani che abita nel centro-nord? Direi che queste cifre dimostrano il palese tradimento del patto sul quale dovrebbe fondarsi l’unità nazionale”.

Quando chiediamo a Fleres di spiegare di chi è la responsabilità di questa situazione non ha dubbi nel puntare l’indice verso il partito di Matteo Salvini, che nel 2009, con Roberto Calderoli, impose all’allora governo Berlusconi il Federalismo fiscale e il conseguente “sistema della spesa storica, che fa diventare sempre più ricche le regioni già ricche e sempre più povere le regioni notoriamente povere: come ha dimostrato il rapporto Eurispes 2020 sono ben sessantuno i miliardi che ogni anno il Nord sottrae al Sud”.

  • Quindi, niente dialogo con la Lega Nord?

“Dipende. Come si ricordava, in passato la Lega ha stretto accordi con il Movimento per l’Autonomia in cambio di un certo numero di ‘seggi sicuri’ e da quel che leggo si accinge a farlo anche con il partito del presidente della Regione Nello Musumeci. Quella del Mpa fu una scelta permise l’acquisizione di voti il cui beneficio fu a esclusivo appannaggio del Nord, poiché per la Sicilia non produsse nulla. E poiché, come dicevo prima, per noi di Unità Siciliana-Le Api il problema non è di seggi, affermiamo che dialogheremo con chi – Lega Nord, Pd, Forza Italia o altri – siano disponibili a quello che potremmo definire un ‘accordo economico’: inserire nel bilancio dello Stato le nostre richieste. Parliamo della restituzione delle accise sui prodotti petroliferi raffinati o estratti in Sicilia, ma anche del finanziamento di un vasto piano infrastrutturale fatto di strade, ferrovie, porti, scuole, impianti sportivi, reti energetiche e telematiche e che passi attraverso un indispensabile recupero ambientale. E vogliamo anche che siano realizzate opere strategiche come il Ponte sullo Stretto di Messina. È vero quel che è stato detto: senza il Ponte l’Alta velocità, e con essa lo sviluppo, non arriveranno in Sicilia”.

  • Personalmente non la tenta la possibilità, per esempio, di tornare tra i banchi del Senato?

“Nei giorni scorsi, proprio in una vostra intervista, il presidente di Eurispes Gian Maria Fara sottolineava come fosse indispensabile per i politici meridionali, se vogliono far contare i propri territori, riuscire a fare squadra a prescindere dal partito. Questo non avvenne, per esempio, quando, da componente della Commissione Bilancio del Senato, misi in guardia i miei colleghi meridionali da quanto sarebbe avvenuto se fosse stato approvato il Federalismo fiscale. Quindi, certo che mi tenta l’idea di tornare a Roma, ma solo se a volerlo fossero i siciliani, attraverso il rafforzamento di un loro partito che prenda le decisioni in Sicilia. Da quel che appare adesso, nella Lega Nord, in Forza Italia, ma anche nel Pd eccetera, si preferisce prendere i voti al Sud ma per gestirli da Milano, da Roma o da Arcore. Un film già visto, al quale bisogna reagire in maniera diversa dal passato: organizzandosi e partecipando. E facendo viaggiare le notizie”.

  • In che senso?

“A parte il Quotidiano di Sicilia e la Gazzetta del Mezzogiorno, a parte qualche notizia non sviluppata sulla trasmissione della Rai Report, di questa colossale rapina del Nord al Sud certificata da Eurispes, quali testate giornalistiche hanno parlato? Pochissime, forse nessuna.  Proprio Eurispes, poi, ha sottolineato quel che ripeto ormai da qualche anno: il Nord non si limita a derubarci, ma ci diffama costantemente. Noi meridionali siamo accusati di essere scansafatiche, incapaci di gestire le risorse pubbliche, assistenzialisti, ladri e mafiosi. Ora, con buona pace di Vittorio Feltri, basterebbe soltanto leggere i giornali per rendersi conto che la mafia sta dove ci sono i soldi. E dunque al Nord. Ma quegli stessi giornali non ci raccontano altre cose. Per esempio che a provocare il deficit della sanità nazionale, pagato anche da noi Siciliani, sono Piemonte, Liguria e Toscana. E che dire su come ha reagito la meravigliosa e costosissima sanità Lombarda all’emergenza coronavirus? Quale giornale ha raccontato che il Veneto fa pagare allo Stato, non ai veneti, lo stipendio di ben sedicimila dipendenti in più, non medici, di quanto non faccia la Campania? Sapete che la stessa cosa accade con gli operai forestali, che in Sicilia paghiamo noi siciliani mentre nelle regioni a statuto ordinario del Nord li paga lo Stato o gli altri enti territoriali?”.

  • Quello che sta scoperchiando sembra il vaso di Pandora?

“Sono tutti dati ufficiali. Ma siccome i grandi giornalisti del Nord non ne parlano, è come se non esistessero. Vi ricordate quando Massimo Gramellini su La Stampa stigmatizzò che nella Regione Piemonte c’erano soltanto otto addetti stampa e in Sicilia ventuno? Bene, nessuno dice che poi si scoprì come, in una cooperativa pagata dall’ente piemontese, c’era un’altra cinquantina di giornalisti. Insomma, siccome ce la raccontano come vogliono loro, è bene attingere a fonti ufficiali: secondo i dati della Corte dei Conti ottomila dei quattordicimila dipendenti della Regione Siciliana svolgono funzioni che altrove paga lo Stato o gli enti nazionali e da noi gravano sul bilancio interno. E su quale grande giornale avete letto che le cosiddette misure di stabilizzazione della finanza pubblica, più volte assunte dal governo, sono state adottate tagliando 22,3 miliardi dei fondi destinati al Mezzogiorno per lo sviluppo e la coesione?”.

  • Ma a parte arrabbiarsi per queste continue ingiustizie, cosa si può fare?

“Tornando al dialogo con la Lega Nord, certe scelte, al netto delle promesse, continuerebbero a valorizzare il Settentrione, senza peraltro determinare alcun significativo incremento marginale del Pil: fare una corsia autostradale in più in Lombardia può aggiungere solo decimali alla sua crescita. Invece completare l’anello autostradale in Sicilia o realizzare il Ponte sullo Stretto e portare l’Alta velocità significherebbe non solo migliorare la qualità della vita e ridurre drasticamente il dramma della disoccupazione nella nostra Isola, restituendo il futuro ai nostri giovani, ma anche far crescere il Pil nazionale”.

  • Pongo nuovamente la domanda: cosa fare per uscire da questo circolo vizioso?

“Nell’immediato bisogna liberare la classe politica siciliana e meridionale, prigioniera, a prescindere dal partito, di un sistema fondato su forze politiche nazionali usate dalla finanza speculativa del Nord. Ma soprattutto, anche se il processo è lungo, occorre costruire non solo una nuova classe dirigente, fatta di persone oneste, competenti, coerenti e coraggiose, ma anche un modello di rappresentanza politica fortemente ancorata al territorio. E questo attraverso partiti territoriali e leggi elettorali conseguenti. Fino ad allora la Sicilia continuerà a essere terra di rapina. Infine, bisognerà sostenere un modello di sviluppo legato alle risorse siciliane e meridionali, che sia il meno possibile condizionato dall’andamento di un’economia speculativa globale molto aggressiva”.