Lavoro

Forté, sciopero a oltranza dei lavoratori Meridi e spiragli futuri

È un incubo senza fine quello dei lavoratori di Meridi, l’azienda proprietaria dei supermercati a marchio Fortè, che ormai da un anno e mezzo vivono in una situazione di profonda difficoltà. 

L’impresa che faceva parte della galassia imprenditoriale di Antonino Pulvirenti, arrivò ad un passo dal fallimento tra il 2019 ed il 2020. Evento nefasto che fu evitato nel gennaio dello scorso anno, quando il tribunale di Catania ammise Meridi all’amministrazione straordinaria e nominò tre commissari.

A distanza di oltre dodici mesi, tuttavia, la situazione non sembra essere mutata radicalmente. I lavoratori, infatti, sono in stato d’agitazione ed hanno proclamato lo sciopero ad oltranza. Per approfondire la questione e per conoscere le loro richieste “Il Quotidiano di Sicilia” ha intervistato Davide Foti, segretario generale di FILCAMS – CGIL Catania. (L’amministrazione dell’azienda, contattata dalla nostra redazione, ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione).

Le tappe della vicenda e le difficoltà dei lavoratori

Davide Foti

“A gennaio 2020 si insedia l’amministrazione straordinaria, con l’obiettivo principale di evitare il fallimento di Meridi elaborando un piano che permettesse la riattivazione dei supermercati e la futura vendita tramite bando. Da quel momento in poi abbiamo firmato una serie di accordi, soprattutto sugli ammortizzatori sociali, per facilitare la riapertura dei punti vendita. La cosa più assurda è che nel 2020, anno della pandemia, Forté è stato uno dei pochi marchi che non ha fatturato e non ha prodotto nulla rispetto agli altri.

Ad oggi ci sono dieci mesi di stipendi arretrati, l’ultima mensilità pagata è quella di maggio, qualche settimana fa c’è stato un anticipo del 35% di giugno e una parte di quattordicesima. Nonostante questo hanno continuato a lavorare e, rispetto alla turnistica hanno fatto – seppur in minima parte – la cassa integrazione. L’unico sostentamento arrivato ai lavoratori è stato appunto quello dell’INPS con la cassa integrazione. È importante sottolineare che a gennaio 2020 Meridi aveva circa 570 lavoratori, mentre oggi ne ha circa 200… Vuol dire che oltre 300 persone si sono dimesse per giusta causa, per beneficiare della NASPI dato che erano alla canna del gas”.

Le iniziative di protesta: sciopero ad oltranza e richieste alle istituzioni

“Lo stato d’agitazione nasce con l’ultimo anticipo del 35% sulla busta paga di giugno, perché i lavoratori sono arrivati al limite, hanno finito i soldi per il loro sostentamento e per quello delle loro famiglie. Il nostro intervento con l’amministrazione è stato forte, abbiamo detto che non ci sono più le condizioni per far lavorare i dipendenti.

Abbiamo iniziato questa forma di protesta, con lo sciopero di sabato che ha avuto grandissima adesione sia a Catania che in tutta la Sicilia, e con lo sciopero ad oltranza proclamato a livello regionale. Sempre a livello regionale abbiamo fatto una richiesta al Ministero dello Sviluppo Economico, che deve prendersi le proprie responsabilità sul commissariamento. La nostra richiesta è stata accettata e dovremo essere convocati, però al momento il funzionario del MISE che ha preso in carica la richiesta è in quarantena per Covid.

A Catania, invece, abbiamo fatto una richiesta in Prefettura, per far sì che faccia da tramite nella discussione tra noi e l’azienda circa una solo richiesta, la cassa integrazione a zero ore per i lavoratori, che sono allo stremo. Non abbiamo ancora avuto l’opportunità di portare avanti questo dialogo perché il nuovo Prefetto si è insediato da pochi giorni. Anche da questo punto di vista i tempi non ci hanno assistito”.

“Abbiamo creduto che tenendo aperti i supermercati si potesse rendere appetibile il loro acquisto. Ma, come sindacato, non possiamo permettere che un’amministrazione straordinaria diventi quella che, di fatto, sta affamando i lavoratori, che non vengono pagati perché mancano i soldi, perché è impossibile farlo.

Siamo in attesa delle convocazioni della Prefettura e del MISE, o anche dell’azienda che ci comunichi l’esistenza di una trattativa per la vendita, visto che è stato pubblicato il bando sui giornali. Ovviamente sarà importante capire come verranno pagate le dieci mensilità arretrate.

Noi siamo nelle condizioni di poter fare decreti ingiuntivi a Meridi, ma nessun giudice darebbe mai l’esecutività dal momento che l’azienda è in amministrazione straordinaria. È il cane che si morde la coda, ma hanno lavorato e qualcuno deve pagarli. Per quanto ci riguarda l’obiettivo è fare una vendita a persone serie, che corrispondano quanto dovuto ai lavoratori”.

I crediti di Meridi

“Il credito vantato nei confronti del Calcio Catania? La situazione è bloccata perché tutta l’attività precedente al 9 gennaio 2020 è sotto il controllo del giudice fallimentare, ci sono ancora le insinuazioni al passivo e le richieste che ha fatto Meridi di questi soldi. Inoltre non sono ancora state programmate le udienze per discutere e valutare queste richieste. Da tre mesi e mezzo aspettiamo, quantomeno, la certificazione e i protocolli, invece non c’è stato nulla”.

Possibili spiragli e prossime iniziative

“La trattativa con Apulia potrebbe riprendere? Spero di sì, ma non so se stanno trattando o meno. In ogni caso, visto che adesso c’è un bando di evidenza pubblica, tutte le offerte dovranno essere pubbliche. Apulia era interessata, ma questa opportunità è sfumata perché dopo qualche giorno c’è stata la catastrofe dell’imprenditore Pulvirenti che, negli anni, ha contribuito alla crisi del territorio catanese”.

“Le prossime iniziative di protesta? La nostra non è strategia, ma è una questione di buonsenso. Stiamo attivando tutti i canali istituzionali per farci convocare. È ovvio che superata questa settimana, in assenza di segnali e di risposte, faremo qualche altro presidio in Prefettura o in altri luoghi, non possiamo che percorrere questa strada. Dico la verità, ci dispiace… Perché noi ci siamo appoggiati a questa amministrazione straordinaria, quindi al controllo dello stato, e ci stiamo ritrovando più o meno nella stessa situazione di prima”.

Vittorio Sangiorgi