Voce, una chitarra, personalità e talento. In un panorama musicale in cui a farla da padroni sono ormai autotune e credibilità commerciale, Fabrizio Moro ha dimostrato ancora una volta come si possa emozionare soltanto con la musica. Quella vera, d’autore. L’artista romano ha incantato Villa Bellini per un’ora e mezza, regalando agli spettatori presenti i pezzi più pregiati del suo repertorio. Un cantautore, Moro, in grado di sprigionare romanticismo ed energia, mescolando con delicatezza malinconia e amore puro.
Uno spettacolo dal ritmo incessante, il suo, inframezzato anche da pensieri a voce alta condivisi con il pubblico su carriera e futuro: “Questo è un momento difficile per i cantanti della mia generazione – le parole di Fabrizio Moro – Ci troviamo in una sorta di vuoto, a metà strada tra gli emergenti dell’era dei social e chi ha saputo costruirsi negli anni ‘70, ‘80 o ‘90”. “Quello che mi riempie il cuore – ha continuato – e’ vedere sia bimbi piccoli che adulti cantare le mie canzoni: tutto ciò mi rende felice ed orgoglioso”. Durante il concerto, ci è scappata anche una proposta di matrimonio, con susseguente “Il senso di ogni cosa” dedicata dal 49enne del quartiere San Basilio ai futuri sposi. Pelle d’oca, applausi scroscianti tra “L’eternità”, “Portami via”, “Libero” e “Pensa”. Pezzi che ispirano riflessioni, urlano denuncia, condensano ricordi e liberano sentimenti.
Anche a Catania, in definitiva, è emersa la netta percezione che un’artista del calibro di Fabrizio Moro meriterebbe più spazio e considerazione all’interno della scena tricolore. Già, perché una scrittura così fine ed un canto dannato e poetico allo stesso tempo non possono essere sacrificati sull’altare della mediocrità generale.