Editoriale

Funzione dei quotidiani: spiegare i fatti

L’ignoranza dei popoli è il peggiore male che possano farsi perché chi non sa è eterodiretto dai furbi.
La questione è nota da quando esiste l’uomo, eppure non è stata mai risolta perché le lobbies, l’establishment e i gruppi di potere cercano di mantenere senza informazioni illuminanti i cittadini.
Chi non possiede saperi può essere governato e indirizzato anche verso gli obiettivi più biechi. Un popolo ignorante non comprende cosa è la Democrazia, non sa quali siano i suoi diritti e doveri, non capisce gli elementi che lo devono portare a decidere chi debba rappresentarlo nelle istituzioni, cioè chi votare.
Il problema è a monte di tutti gli altri, solo che i quotidiani non gli danno l’opportuno valore, con la conseguenza che non contribuiscono a quella necessaria formazione che insieme alla informazione costituisce il primario dovere dei giornalisti.
Quando gli informatori non osservano e non applicano per intero il Testo unico dei doveri, non solo ne vengono meno, ma danneggiano la collettività.


In seno alla Federazione degli editori (Fieg), si è aperto un grande dibattito di fronte al forte al calo delle vendite di copie dei quotidiani, dibattito tendente a capire perché tale calo si sia verificato, quale sarà lo zoccolo duro che lo fermerà e come fare per mantenere viva la vendita di quel mezzo essenziale che è il quotidiano di carta e del suo fratello digitale.
I quotidiani devono spiegare i fatti, approfondirli, cercarne le cause e offrire soluzioni ai problemi sociali anche con l’aiuto di esperti. Insomma, un’attività dinamica e continua volta a contribuire alla crescita sociale e culturale dell’intera popolazione e, con essa, a migliorare la Democrazia.
È inutile che i quotidiani riportino fatti e fatterelli che sono già presenti dal giorno prima su tutti i siti: questa è la strada della morte.
Un prodotto deve essere appetibile dal mercato e dai consumatori. Se è già marcio, nessuno lo compra. Invece, deve essere fresco e pimpante, portatore di novità e di argomenti che altri non hanno trattato o che hanno trattato in modo superficiale, dato che i tempi radiotelevisivi e dei siti si contano in secondi e non in minuti: un modo per non capire nulla.

All’interno della Fieg si è aperto un dibattito sul conflitto di interessi, vale a dire la riunione nello stesso soggetto economico di radio, televisioni e giornali di carta e digitali.
Non è più possibile che la Federazione degli editori di giornali consenta che alcuni di essi gestiscano anche radio e televisioni che sono in concorrenza con i primi e che in quest’ultimo decennio gli hanno sottratto miliardi di pubblicità.
Pertanto, occorre che venga presa una posizione netta nei confronti di quegli editori che devono decidere se stare di qua o di là. L’editore del quotidiano non potrà mai competere con un altro editore che, oltre a pubblicare il quotidiano, gestisca anche radio o televisioni.
Infatti, quest’ultimo avrà molte più carte da giocarsi nella raccolta di pubblicità, potendola inserire contemporaneamente in canali fra loro in concorrenza, in questo caso gestiti dallo stesso soggetto.
La questione è palese, non si vede chi non possa non convenirne.


Il Sottosegretario con delega all’Editoria, Vito Crimi, venuto al nostro Forum pubblicato il 20 ottobre 2018, ci ha detto che è in preparazione un disegno di legge di riforma del settore: per questa ragione ha convocato gli Stati generali nei quali ha raccolto i punti di vista di tutti i soggetti della comunicazione.
La Fieg dovrà rappresentare al Sottosegretario l’esigenza prima descritta perché la carta stampata, e il digitale, devono fare blocco unico per far capire la verità e cioè che solo i giornali sono i mezzi di comunicazione che possono spiegare bene fatti e circostanze, inducendo i consumatori a leggere.
Ecco il punto, bisogna indurre i cittadini a leggere, leggere, leggere (ricordate Borrelli?). Solo attraverso la lettura, ovviamente anche dei libri, la gente potrà chiarirsi le idee e mettersi nelle condizioni di valutare quello che accade e quindi decidere consapevolmente a chi dare il proprio consenso.
La questione che esponiamo è vecchia come il cucco ma è sempre rimasta irrisolta. è venuto il tempo di darle soluzione.