Editoriale Grimaldi

Fuori dal coro

In principio ci furono sempre “maneggioni” a dirigere il coro dei Grandi Elettori per le elezioni dei 12 presidenti della repubblica. E pur a volte sbagliando i conti, assicurarono intese, franchi tiratori doc, cambio casacca e quanto altro, sempre avvenuto, per eleggere l’inquilino del Colle.
Per il 13° siamo nelle mani di dilettanti che nello sfascio esistente nel Parlamento immaginano di avere la matassa in mano e districarne i fili per portare, uomo o donna che sia, un ospite al Quirinale .

Il coro di 1009 Elettori esiste ma nessuno riesce a dare il “la” sul quale sintonizzare le voci (interne ovvio) e raggiungere l’accordo. Anche per cose banali o, senza offesa, stupide. Per dirne una: in nessuna elezione presidenziale mai accaduto che i votanti siano stati pari al numero previsto dalla Costituzione (membri delle due Camera, Delegati regionali, senatori a vita).
Vi sono sempre stati assenti ammalati, anziani o incuranti, rimasti a casa: normale ovunque nel mondo ed anche in Italia. Ma ora, invocando strumentalmente il Covid, si studiano vie che vanno dal non far votare chi non è in regola e farli giungere in macchina nei garage di Montecitorio ed in “drive in” farli votare: quando basterebbe che gli “ammalati” votassero per ultimi per non infettare alcuno. Ma nello stesso luogo e stesse cabine.

Ancora: il candidato da eleggere deve essere persona super partes. Non lo è stato mai. Tutti e 12 i precedenti sono state persone di parte, ma che sono riusciti a comportarsi da persone più o meno perbene. Dicono ancora che, dati i poteri del capo dello stato, l’eletto debba essere di ottima condotta morale, dimenticando che qualcuno non ha eccelso, pur non esagerando. E che dati i poteri che ha, debba conoscere il sistema, ma non un politico: come dire che deve avere un doppio petto e non avere cravatta e camicia; e che il discorso di insediamento e giuramento non deve durare più di 50 minuti lasciando immaginare che al 51° gli staccano il microfono!

Ma se non è neanche detto nella Carta che debba sapere leggere e scrivere, essere di buona costituzione fisica e psichica, potere camminare? Figurarsi.
Note le difficoltà di Einaudi che claudicante dovette districarsi con difficoltà nei 110,500 mq del Quirinale. In fondo gli Italiani preferirebbero un robot di ultima generazione consapevoli che il Capo dello Stato “rappresenta l’unità nazionale” e per il resto se non ha governi ben guidati rischia di valere quanto il due di coppe con briscola ad oro. E per sette anni: tempo infinito nel quale, come a Togo, un vulcano sottomarino erutta come un’atomica 500 volte più dannosa di quella di Hiroshima od un nano elemento – Covid 19 – che negli anni fa più morti di qualsiasi guerra.

Cose fuori dal coro: intonerà quello del Nabucco, con l’orchestra con lo spartito dell’Inno di Mameli.
Non per nulla Mattarella ha rinunciato a concertare, dirigere, bissare.
A dopodomani.