ROMA – L’Italia scende al 79° posto del Global gender gap index, rapporto annuale stilato dal World economic forum per monitorare l’evoluzione della parità di genere nel mondo. Nell’ultimo anno, il nostro Paese ha registrato risultati tra i più bassi rispetto agli altri Stati europei, che vedono Islanda, Norvegia, Finlandia, Svezia e Germania tra le nazioni più virtuose. A confermare la disparità nel lavoro tra uomo e donna sono anche i dati che emergono dalla recente analisi condotta da Cerved su un paniere di 1,2 milioni di società di capitale, che rivelano che solo poco più di un’impresa su 10 in Italia è a guida femminile.
Come fare quindi a ridurre il gender gap in azienda?
Lo spiega Maria Laura Albini, partner Arad digital, imprenditrice che ha lottato in prima persona contro le diversità e gli stereotipi di genere, scegliendo degli studi e una carriera lavorativa considerati prettamente maschili. All’inizio del suo percorso professionale, la supremazia maschile in ruoli di comando era evidente e numerose sono state le discriminazioni e le difficoltà che ha dovuto affrontare.
Per questo motivo ha deciso di affiancare allo spirito imprenditoriale l’attività di empowerment femminile, per trasmettere alle nuove generazioni, e in particolare alle ragazze, che non esistono lavori o attività da maschio o da femmina, che è fondamentale non lasciarsi influenzare dai pregiudizi e non limitare mai la propria libertà di scelta e i propri sogni.
Tra le diverse attività che l’hanno vista protagonista nel corso degli anni: il sostegno della leadership al femminile attraverso progetti di mentorship tra cui La Carica delle 101, SheTech, Young Women Network, WomenXimpact, GirlsRestart, FederManager Minerva e il programma Omnia di Accenture Alumni.
Inoltre, Maria Laura Albini è convinta che l’insegnamento della parità di genere dovrebbe essere fatto già da bambini e, per questo motivo, è diventata mentor per Inspiring Girls, il programma fondato da Miriam González Durántez e promosso nel nostro Paese da Valore D, che porta nelle scuole medie storie di donne, raccontate dalle protagoniste, per incoraggiare ragazze e ragazzi a seguire le proprie aspirazioni e ambizioni, liberi da stereotipi di genere.
Di seguito, Maria Laura Albini spiega 4 semplici accorgimenti che le aziende possono mettere in atto per contribuire al miglioramento della parità di genere nel mondo del lavoro.
- Promuovere una cultura aziendale inclusiva: il primo passo per il superamento del gender gap è incentivare la creazione di un ambiente di lavoro privo di pregiudizi e stereotipi di ogni tipo. Per costruire un’organizzazione inclusiva è importante agire su più livelli: sulle politiche, sulle strutture e sui comportamenti e sostenere iniziative dall’alto verso il basso, per dare il buon esempio, ma anche dal basso verso l’alto, coinvolgendo tutti i dipendenti a prescindere dall’anzianità o dal ruolo.
- Favorire iniziative volte a migliorare l’equilibrio tra vita professionale e vita privata: smartworking, flessibilità oraria, bonus asilo o baby sitter sono solo alcuni degli accorgimenti che è possibile adottare per ridurre lo stress e gli ostacoli alla carriera, dovuti alle difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Non solo, essi possono anche contribuire a migliorare la produttività e l’efficienza dei dipendenti, riducendo l’assenteismo dovuto a problemi legati alla cura dei figli o dei familiari, solitamente a carico delle lavoratrici donne.
- Adottare la parità salariale in relazione alla mansione svolta: uno degli effetti più concreti del gender gap è il divario nelle retribuzioni, ovvero il gender pay gap. La retribuzione dovrebbe essere sempre basata su criteri meritocratici trasparenti e condivisi e non sul genere del lavoratore. Il divieto di discriminazione salariale è già presente in molte nazioni tra cui l’Italia, dove l’art. 46 del d. lgs. 11 aprile 2006 n. 198 prevede che le aziende pubbliche e private con più di 100 dipendenti siano tenute a redigere ogni due anni un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile riguardo ad assunzioni, formazione, promozione professionale, livelli, passaggi di categoria o di qualifica. Trasparenza retributiva e obbligo di compilazione del registro dei salari per tutte le imprese, indipendentemente dalle loro dimensioni, potrebbe essere la soluzione al problema.
- Concedere l’accesso al congedo di paternità: cosicché non siano solamente le donne ad assentarsi dal lavoro nei primi mesi di vita del bambino, ma anche i padri possano prendersi cura dei figli nei primi anni di vita e soddisfarne i bisogni affettivi e relazionali. La maternità, infatti, è una delle principali motivazioni di discriminazione delle donne sul lavoro e degli ostacoli al loro percorso di carriera.