Sanità

Gimbe, con Covid cala numero di ricoveri e visite da specialisti

Nel 2020 in Italia a causa della pandemia di Covid-19 ci sono stati 1,3 milioni di ricoveri in meno: 52,4% quelli medici, 47,6% i chirurgici. Questi sono i dati della Fondazione Gimbe confermati anche in un’indagine qualitativa di Elma Research secondo la quale i pazienti non si recano ancora negli ospedali per paura di contrarre il virus Sars-Cov-2, avvertono un senso di isolamento e smarrimento per aver perso il contatto con il sistema sanitario e per non riuscire ad orientarsi per la ripresa dei percorsi di diagnosi e cura.

Anche per questa ragione è nata la campagna di sensibilizzazione “La mia salute non può aspettare“, il cui obiettivo è supportare e accompagnare i cittadini che, grazie ad alcune linee guida, potranno intraprendere o continuare a proseguire il proprio percorso di cura in sicurezza.

L’iniziativa (visibile sul sito www.lamiasalutenonpuoaspettare.it) è promossa da Johnson&JohnsonMedical Italia, in collaborazione con associazioni di pazienti e società scientifiche. Secondo dati Gimbe, sono 144,5 milioni le prestazioni di specialistica ambulatoriale in meno registrate nel 2020 rispetto al 2019.

La quota più rilevante riguarda gli esami di laboratorio (62,6% del totale delle prestazioni in meno) seguita dalla diagnostica (-13,9%), dalle visite (-12,9%) e infine l’area della riabilitazione (-5,8%) e quella terapeutica (-4,9%).

“I dati analizzati mostrano come in tutte le Regioni si sia registrata una notevole riduzione degli interventi chirurgici soprattutto di quelli programmati, anche in aree, come quella oncologica, dove la tempestività dell’intervento è fondamentale per la prognosi del pazienti”, ha commentato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione.

Per Pierluigi Marini, presidente di Acoi, l’Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani, “l’impatto indiretto della pandemia di Covid-19 si sta traducendo in un peggioramento dello stato di salute della popolazione”.

“Abbiamo monitorato come le conseguenze delle misure prese contro la pandemia hanno determinato una riduzione di circa l’80% dell’attività chirurgica elettiva e, in alcune realtà fino al 35% di quella in urgenza – aggiunge Marini – Ovunque abbiamo registrato la volontà di ripartire ma serve una maggiore attenzione nei confronti delle risorse da destinare a strutture, tecnologie e formazione”.