Teatro

Giovanna Di Rauso nel ruolo di Artemide in Fedra: “Per interpretarla ho lavorato sul dolore del lutto”

SIRACUSA – In scena nel suggestivo Teatro Greco di Siracusa per la stagione dell’Inda fino al 28 giugno, Fedra (Ippolito portatore di corona) di Euripide continua a toccare le corde più profonde dell’animo umano, ponendo lo spettatore di fronte ad uno specchio che riflette l’intricata relazione tra la mitologia antica e la psicologia moderna. A esplorare questa connessione è il personaggio di Artemide, interpretata dall’attrice Giovanna Di Rauso, che sul Quotidiano di Sicilia ha raccontato e si è raccontata.

Artemide, dea della caccia, è il deus ex machina della Fedra portata in scena da Paul Curren in un palcoscenico d’eccezione, il Teatro Greco di Siracusa. Da chi o da cosa ha tratto ispirazione per impersonarla?
“Ci sono stati diversi step: sono partita cercando Artemide su Wikipedia da cui ho tratto le classiche nozioni storiche sulla dea. Già in questa prima fase mi si è aperto un mondo perché viene raffigurata da un lato come la dea della luna, dall’altro come la dea vergine che vive nei boschi. È una dea ‘selvaggia’, cacciatrice, ma ho scoperto anche il lato ‘accudente’: raccoglieva varie ninfee, varie fanciulle in età adolescenziale e le portava nel suo ritiro, nei suoi boschi isolati dalla città, e le preparava alla vita selvaggia. Nata da Latona e sorella di Apollo, che aveva contribuito a far nascere aiutando la madre a partorire è anche la dea venerata dalle partorienti. Ha, quindi, diverse sfaccettature. Partendo da queste nozioni basilari, ho iniziato ad approfondire e a lavorarci. Quello che mi ha ispirato l’ho ‘recuperato’ attingendo dal cinema e, in particolare, all’interpretazione in Elizabeth: the Golden Age di Kate Blanchett perché cercavo di lavorare ad una struttura in qualche modo regale. Dopo di che ho cercato di lavorare sul rapporto umano che, parlando di una dea fa strano, perché loro rappresentano il divino, visto che hanno la possibilità di decidere la morte di qualcuno e sono eterne, ma in una delle scene finali della tragedia proprio Artemide scende tra gli umani e parla con Teseo. Quindi, dopo il mio ingresso, ho lavorato anche sul suo lato materno, che è squisitamente umano perché, di fatto, ha subito un dolore con l’uccisione di Ippolito, il suo discepolo, che per lei era quasi come un figlio. Oltre a mostrare questa dea che porta giustizia e scioglie i nodi della storia e che racconta come realmente siano avvenuti i fatti, c’era anche da tenere conto che Artemide risponde all’ingiustizia che aveva subito da Afrodite. C’è una lotta di potere tra le due dee e Artemide, infatti, dirà che si vendicherà di Afrodite”.

Un personaggio piuttosto complesso…
“All’inizio non pensavo, ma studiandolo in profondità sono emerse tante sfumature sulle quali ho voluto lavorare per renderlo vivo perché altrimenti sarebbe rimasta una figura lontana”.

Quanto di Giovanna c’è in Artemide?
“Cerco di trovare sempre un’autenticità nei personaggi che interpreto. L’attore è come se si portasse sempre dietro una valigia che apre e da cui esce il vissuto personale. In ogni personaggio cerco di portare le mie esperienze che poi vado a miscelare. Tiro fuori da quella valigia quello che del mio vissuto serve al personaggio in quel momento. Per interpretare Artemide ho lavorato sul dolore di un lutto e sul conflitto che ha con sé stessa per non aver potuto salvare Ippolito pur essendo una dea – c’è una legge per cui gli dei non si possono mettere l’uno contro l’altro – ma anche sulla rivendicazione di una verità che in qualche modo è stata celata”.

Cinema, teatro o tv: dove riesce a esprimere più sé stessa?
“Il teatro è quello che ti permette di affrontare dei temi più ampi, dà maggiore possibilità di esprimersi e, proprio per questo, di divertirsi di più. Hai di fronte il pubblico, puoi sentire e vedere nell’immediato le reazioni che ha, è adrenalina pura. Quando lavori al cinema o in tv tutto questo avviene in misura minore perché è tutto ridotto e, quindi, bisogna esprimersi con uno sguardo. Il teatro è una esperienza unica, ogni sera è diversa dalle altre e ti dà una enorme emozione”.

Tra i tanti personaggi che ha interpretato qual è quello in cui si è rispecchiata di più, quello che ha sentito più vicino alla sua persona?
“È una domanda difficile perché mi sento vicina a diversi personaggi. A parte Giulietta che ho interpretato in teatro da ragazzina, che è stato il mio primo amore perché era il mio primo grande ruolo in teatro, ci sono Ofelia, Cassandra, Lady Macbeth, Donatella in Romanzo criminale. In ognuno di loro c’è qualcosa che ho messo di me perché sono personaggi ‘rotti’ in qualche modo, ‘spezzati’, attraversati dalla follia, e li porto nel cuore perché per affrontarli devi lavorare molto su te stesso e andare a scovare nei lati bui della tua anima, facendo un tuffo nel mare profondo, nelle acque più scure, negli abissi per poi risorgere”.

Qual è il sogno nel cassetto di Giovanna Di Rauso?
“Mi piacerebbe molto interpretare al Teatro Greco Medea. È il mio sogno da quando sono venuta la prima volta a Siracusa, nel 2006. Mi piacerebbe portare in scena anche Blanche di ‘Un tram che si chiama Desiderio’. Entrambi sono personaggi complessi che ti danno la possibilità di lavorare su temi profondi. Mi piacerebbe tantissimo fare più cinema, portare un personaggio tratto dalla tragedia greca, magari una Medea moderna perché vorrei vedere al cinema più personaggi complessi femminili”.