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Giammanco: “Rispondere al bisogno di salute e alle richieste della comunità”

Giuseppe Giammanco è attualmente direttore generale dell’Arnas Garibaldi di Catania, uno degli ospedali più importanti della Sicilia. In passato, ha ricoperto il ruolo di direttore sanitario presso l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Catania. Successivamente, è stato commissario straordinario dell’Asp di Catania, dove ha lavorato alla riorganizzazione delle strutture sanitarie e al potenziamento delle risorse.

Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del vice direttore Raffaella Tregua, il direttore generale dell’Arnas Garibaldi di Catania, Giuseppe Giammanco.

Uno dei temi più sentiti dall’utenza è quello delle lunghe liste d’attesa per le visite e gli esami specialistici. In che modo vi state muovendo per ridurre i tempi nell’erogazione di queste prestazioni?
“Una premessa sulle liste d’attesa in senso generale. Oltre a essere una percezione diretta da parte dell’utenza, è anche un tema che coinvolge la cittadinanza. Le liste d’attesa devono essere pensate fin dal principio per rispondere a quello che è un bisogno di salute. Questa è la cosa più importante da far capire all’utenza, che oggi è anche molto istruita e informata. Parto dal bisogno perché la sua definizione ci permette di fare la programmazione dell’offerta. I passaggi sono tre: analisi del bisogno, offerta e incrocio di quest’ultima con la domanda della popolazione. Così nascono le liste di attesa. Ho fatto questa considerazione, che sembra banale ma non lo è, perché se sbagliamo i passaggi preliminari avrò una lista d’attesa che va avanti indipendentemente dal fatto che sia reale o no”.

Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha fatto di questo tema una delle sue battaglie principali…
“La Regione siciliana si sta muovendo bene in tal senso e anche a livello centrale il ministero della Salute, ma molto spesso si pensa solo a quello che succede alla fine del processo, cioè alla mancata risposta in tempi celeri. Nella parte finale, di tanto in tanto, ci accorgiamo che ci sono delle prestazioni per cui c’è una richiesta maggiore. Analizziamo i nostri database e a volte apriamo anche degli slot dedicati per risolvere l’irpefafflusso. Pur non gestendo noi questa prima parte del processo, che è compito della Regione, diamo delle indicazioni perché siamo coscienti di quanto sia determina per la seconda parte. Il risultato oggi è buono. Sulle liste d’attesa chirurgiche, più di competenza dell’ospedale, il recupero del 2023 è pressoché completo. Parallelamente le prestazioni più lunghe del 2023, che non avevano necessità di essere trattate in emergenza, erogate a sei, otto, dieci mesi non portano nessun problema. Le prestazioni prorogabili in maniera fisiologica e naturale, che però dall’utenza viene percepita come un’attesa, sono state tutte occupate. Quelle del 2024 in programmato sono state erogate, si va avanti per le chirurgiche senza grandi necessità. Per l’ambulatoriale mettiamo in campo il meccanismo di monitoraggio periodico delle liste d’attesa, al di là dei tempi di programmazione previsti dalla Regione e il Ministero, che comunque rispettiamo. In questo caso quando ci rendiamo conto che ci sono, o per lettura delle agende o per richiesta degli utenti, facciamo due cose nei momenti di iperafflusso: cerchiamo di rispondere alla parte finale del processo, condividiamo con gli altri attori del territorio questa necessità”.

Lo scorso mese di luglio un reparto del Garibaldi centro è stato assalito da alcuni utenti e una dottoressa è stata aggredita. Non si tratta di un caso isolato, né in Sicilia né tantomeno in Italia, viste le notizie che giornalmente sentiamo sulla stampa. Voi cosa state facendo contro la violenza verso i medici e in generale secondo lei cosa va fatto per debellare questo odioso fenomeno?
“Siamo a un momento di svolta, secondo me, non tanto nel rapporto tra cittadino e medico, ma tra società, stato civile e medici. È una fase particolarmente delicata. Quando ho iniziato a lavorare nei confronti del medico c’era tanta riconoscenza, a prescindere da quello fosse l’esito del processo di cura. Sono convinto che il medico, già 40 anni fa, lavorasse al 100% delle sue possibilità. Adesso ha tantissime frecce al suo arco: ha tecnologia che lo assiste, ha diagnostica che lo assiste, eppure c’è il paradosso di un peggioramento del rapporto con i cittadini. Il vero investimento va fatto allo scopo di recuperare il rapporto bidirezionale, con impegno da parte del cittadino e del medico”.

Investimenti tecnologici significativi: dal digitale alla robotica in chirurgia

La figura del medico resta comunque spesso esposta a rischi…
“Si tratta di un elemento insito nella professione sanitaria. Credo ci sia un’area di sviluppo normativo che richiede una revisione globale dell’analisi giurisprudenziale e soprattutto normativa dell’atto medico. Non parlo di depenalizzazioni, parlo di tutela assicurativa piena dell’operato del medico, di tutela assicurativa anche in senso contrattuale. In varie parti d’Italia si stanno occupando di questo problema, perché il medico che agisce in maniera più serena tornerà ad agire come quarant’anni fa, sempre nell’unico interesse della salute del paziente”.

Tornando al tema della sicurezza, quali sono stati i provvedimenti che avete preso?
“Rispetto alla security, abbiamo la videosorveglianza, la vigilanza sia con funzioni di guardia armata che di attività di portierato. Sono compiti ben distribuiti e la presenza viene organizzata dove c’è bisogno. L’aggressione non si potrà mai evitare con fenomeni repressivi o di controllo, ma come detto attraverso il recupero del rapporto tra medico e paziente. Poi, la vigilanza esiste, le registrazioni esistono, abbiamo un pronto soccorso nuovo, progettiamo la seconda palazzina dell’emergenza”.

Quali sono i principali investimenti fatti sul fronte tecnologico?
“Sulla safety, sulla sicurezza paziente, investiamo ormai da quasi 15-20 anni in maniera dedicata. C’è un’attività dedicata al rischio clinico, l’attività dedicata all’accesso alle strutture, al monitoraggio dell’azione sanitaria, al controllo delle trascrizioni. Con un sistema informativo aziendale stiamo andando a migliorare anche la tracciabilità dei processi. Stiamo anche potenziando alcune linee di attività che sono state messe in piedi oltre dieci anni fa, il parco macchine verrà rinnovato in parte con il nostro bilancio, in parte con un intervento importante del Pnrr. Non dobbiamo aspettare di rendicontare il Pnrr: è già oggi così per i mammografi, ecografi, tac, risonanze, acceleratori lineari, sistema digitale informatizzato dell’azienda, trasferimento in cloud delle informazioni. Nuovi macchinari e sistemi sono tutti operativi o saranno operativi entro l’anno. Stiamo completando la rendicontazione. Stiamo procedendo a un rinnovamento progressivo e per priorità. Stiamo anche inserendo la robotica in chirurgia, una sala multimediale di ostetricia e ginecologia installata nelle scorse settimane. Oggi ho l’onere di raccogliere un’eredità spettacolare, costruita negli anni, che devo riuscire a portare un po’ più avanti”.

Dotazione del personale in linea con le esigenze

Sul fronte del personale, la vostra azienda prevede nuove assunzioni o stabilizzazioni?
“Dal Covid-19 in poi, il tema delle stabilizzazioni è stato preso in carico per tante persone di grande qualità che sono entrate all’interno delle Aziende provinciali, territoriali, ospedaliere. Abbiamo stabilizzato tutti quelli che erano stabilizzabili all’interno delle dotazioni organiche che, guarda caso, sono con una saturazione prossima al 94%-95% a seconda dei ruoli. Il personale sicuramente c’è. Ora c’è un’altra scommessa importante, che è la revisione della rete ospedaliera. Si rivedranno anche le dotazioni organiche per linee di inattività, dove c’è bisogno perché siamo a un buon livello. Poi c’è un tema generale: alcune specialità come medici di emergenza, anestesisti e chirurghi non stanno più entrando in specialità, ma la risposta da darci è che deve cambiare il rapporto. La sicurezza non è solo nell’aggressione, ma nel non dover dar conto del corretto operato”.

Che impatto sta avendo la metropolitana sul presidio di Nesima?
“Quando una professionista o un professionista mi dice: ‘Ho lasciato la macchina a casa’ è meraviglioso. Stiamo cercando con Fce di stipulare una convenzione per i dipendenti. Più decarbonizzazione di così…”