Inchiesta

La Giustizia che sbaglia, lo Stato che paga, in Sicilia risarcimenti per 30 milioni

Il dado è tratto. La riforma del processo penale è legge: il testo, licenziato dalla Camera prima della pausa estiva, è stato approvato in via definitiva dal Senato lo scorso 23 settembre. Toccherà ora al processo civile incassare il sì del Parlamento (quello del Senato c’è, il Ddl è alla Camera per l’approvazione definitiva) mentre resta ancora aperta la questione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e del sistema elettorale del Csm.

L’obiettivo primario del nuovo sistema “giustizia” è velocizzare le tempistiche del penale e del civile per allinearle agli standard dell’Unione Europea. È stata la stessa Europa a chiedere all’Italia di intervenire sul tema. Senza questa riforma e senza quelle della Pubblica Amministrazione e del Fisco non si canterà messa: rischiamo di perdere i 191,5 miliardi di euro allocati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Le principali novità della riforma del processo penale

La legge approvata dalla Camera il 3 agosto 2021 e, definitivamente, dal Senato il 23 settembre 2021 si compone di due articoli: il primo prevede una serie di deleghe al Governo, che dovranno essere esercitate entro un anno dall’entrata in vigore della legge; l’art. 2 contiene novelle al codice penale e al codice di procedura penale, immediatamente precettive.

Tra le novità introdotte: il principio della obbligatorietà dell’utilizzo di modalità digitali tanto per il deposito di atti e documenti quanto per le comunicazioni e notificazioni; la rimodulazione dei termini di durata delle indagini preliminari (sei mesi per le contravvenzioni, un anno per i delitti, un anno e mezzo per i più gravi delitti), salva la possibilità di proroga per un tempo non superiore a sei mesi nel caso di complessità delle indagini; nuove regole per la prescrizione del reato, che cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado ma che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento improcedibilità; il diritto all’oblio attraverso un provvedimento di deindicizzazione per indagati e imputati che vengano prosciolti o assolti; l’istituzione di un apposito Comitato tecnico scientifico istituito presso il ministero della Giustizia che ogni anno riferisca in ordine all’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempi di definizione dei processi.

Un freno alle intercettazioni

A pochi giorni dall’ok alla riforma della giustizia penale, il D.l. 132/2021 introduce un freno all’acquisizione di tabulati telefonici e informatici (Art. 1): si potranno acquisire solo se “sussistono sufficienti indizi di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi”. La disposizione stabilisce inoltre un controllo giurisdizionale sulla richiesta del pubblico ministero (o una convalida successiva in caso di urgenza): l’autorizzazione alle intercettazioni dovrà arrivare dal Gip.

Diritto alla presunzione di innocenza

Un altro punto di svolta è rappresentato dallo schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (Ue) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali approdato alle Camere.
Lo schema vieta alle autorità pubbliche di “indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”.
In caso di violazione, “ferma l’applicazione delle eventuali sanzioni penali e disciplinari, nonchè l’obbligo di risarcimento del danno, l’interessato ha diritto di richiedere all’autorità pubblica la rettifica della dichiarazione stessa”, che dovrà essere fatta entro le 48 ore dalla ricezione della richiesta.

Altro passaggio importante è quello relativo allo stop alle conferenze stampa dei pm, che potranno essere fatte solo “nei casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti” e solo su autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

Equa riparazione per ingiusta detenzione ed errori giudiziari: i dati

Una riforma della giustizia era necessaria da anni: l’uso politico o comunque “protagonistico” della giustizia da parte di alcuni magistrati, la riforma del Csm, la durata irragionevole dei processi, gli errori giudiziari, le ingiuste detenzioni, le intercettazioni, il tritacarne mediatico che fa passare in secondo piano la verità processuale a favore di quella propinata da web, stampa e social media, sono solo alcuni dei nodi che il Quotidiano di Sicilia denuncia da anni.

Secondo i dati resi noti dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti nella Relazione “Equa riparazione per ingiusta detenzione ed errori giudiziari”, nel triennio 2017-2019 è stato rilevato un progressivo aumento della spesa pubblica per i casi di errori giudiziari e ingiusta detenzione. Limitatamente alle quattro Corti d’appello siciliane, si registrano cinque casi di errori giudiziari: uno a Caltanissetta nel 2019 e quattro a Catania (due nel 2017 costati allo Stato l’indennizzo record di oltre 3 milioni per ciascun provvedimento, uno nel 2018 e uno nel 2019).

Le 446 ordinanze di riparazione per ingiuste detenzioni delle Corti d’appello isolane (171 a Catania, 126 a Palermo, 106 a Messina e 43 a Caltanissetta) sono costate allo Stato quasi 21 milioni. Per alcune Corti d’appello, compresa quella etnea, sono state riscontrate delle divergenze sul numero delle ordinanze, costate una “bacchettata” da parte della Corte dei conti: “Va precisato che i motivi di tale discordanza non sono stati giustificati”.

Quando la condanna arriva dai media e l’assoluzione arriva dai giudici

La lista di persone – più o meno note – coinvolte in vicende giudiziarie di grande risonanza mediatica ma che poi si sono risolte con assoluzione o proscioglimento, continua ad allungarsi. Dal senatore dell’Utri al commerciante di Tripi, ecco alcuni dei casi più recenti ed eclatanti.

Trattativa stato-mafia, assolti Dell’Utri e gli ufficiali del Ros

La Corte d’assise d’appello di Palermo ha ribaltato il verdetto del primo grado assolvendo dall’accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato il senatore Marcello Dell’Utri “per non avere commesso il fatto”, e gli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, “perché il fatto non costituisce reato”. Confermate invece le condanne ai boss mafiosi.
Accusato di essere la “cinghia di trasmissione” delle richieste dei boss nei confronti del primo esecutivo di Forza Italia, l’ex senatore era stato condannato in primo grado, nell’aprile del 2018, a dodici anni di carcere. Sentenza stravolta dal secondo grado di giudizio che ha stabilito l’estraneità ai fatti di Dell’Utri e ha dichiarato cessata l’efficacia della misura cautelare del divieto di espatrio già applicata nei suoi riguardi.

Nell’occhio del ciclone era finito anche l’ex ministro democristiano Calogero Mannino che, avendo optato per il rito abbreviato, è uscito di scena alla fine dello scorso anno con un’assoluzione. “La sentenza che mi riguarda, che mi ha assolto in primo e secondo grado e divenuta definitiva con il giudizio della Cassazione, dice una cosa molto semplice: ‘Ammesso che ci sia stata la trattativa. Mannino non è stato nè la causa nè il fine’”.

Consulenti Ars, assolto il capogruppo Pd Lupo

La Sezione d’Appello della Corte dei Conti per la Regione Siciliana ha confermato la decisione del primo grado di giudizio nei confronti del capogruppo del Pd all’Ars, Giuseppe Lupo, assolvendolo e dichiarando la nullità dell’istruttoria aperta dal pm. A Lupo erano contestate alcune consulenze richieste nel corso della scorsa legislatura, mentre era a capo della vice presidenza dell’Ars.

Assolto l’ex patron di Aicon: nessun favoreggiamento

L’ex patron di Aicon, Lino Siclari, non è colpevole del reato di favoreggiamento: la Corte d’appello di Reggio Calabria lo ha infatti assolto con formula piena. Siclari era stato condannato in primo grado e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello messinese: la pena inflitta era di otto mesi di reclusione. La Cassazione ha disposto però un nuovo processo, conclusosi a Reggio Calabria, che ha ribaltato il verdetto: “il fatto non sussiste”.
Secondo l’accusa, Siclari, insieme a due collaudatori (Bucalo e Cataffi), avrebbe favorito i due presunti autori che – sempre secondo l’accusa – causarono l’incidente in cui perse la vita Mauro Falletta, ucciso dalle eliche di un’imbarcazione dell’Aironblue del gruppo Aicon, mentre si immergeva nelle acque delle isole Eolie, tra Vulcano e Lipari, il 13 luglio 2006.

Originalità dei quadri di De Dominicis, prosciolto Sgarbi

Aveva autenticato una trentina di opere del maestro Gino De Dominicis che la Procura di Roma e i Carabinieri del Comando tutela del patrimonio culturale ritengono false ma il Gup ha decretato “il non luogo a procedere” per il critico d’arte Vittorio Sgarbi “perché il fatto non costituisce reato”. I dubbi sull’originalità di quadri del noto artista rimangono: il giudice ha rinviato a giudizio i 19 coimputati di Sgarbi e del critico Duccio Trombadori, anch’esso prosciolto.

Voto di scambio, assolti Cesaro, padre e figlio, perché “il fatto non sussiste”

L’accusa era voto di scambio non aggravato in occasione delle Regionali 2015. Il fatto però secondo il tribunale di Napoli nord non sussiste: Luigi e Armando Cesaro sono stati assolti con formula piena – insieme ad altre 27 persone- dopo un iter giudiziario durato ben sei anni.
Luigi Cesaro è senatore di Forza Italia, mentre il figlio Armando è stato consigliere regionale in Campania dello stesso partito. “Non festeggio, perché sono state tante, troppe le rinunce, le ingiuria, la tristezza” ha scritto Armando su un noto social network: “Un filosofo disse: ‘la verità è figlia del tempo’. Quel tempo – oggi – è arrivato”.

Arsenale illegale? il fatto non sussiste, assolto commerciante di Tripi

La passione per armi e cimeli da guerra è costata un processo a Gianluca Conti Cutugno, commerciante di carni di Tripi (Messina). Accusato di aver detenuto illegalmente un vasto arsenale, è stato assolto dal Tribunale di Patti con formula piena “perché il fatto non sussiste”.