L’inatteso attacco di Hamas del 7 ottobre scorso ha avuto inizio in perfetta coincidenza del cinquantesimo anno dal 6 ottobre del 1973, quando una coalizione di stati arabi, con a capo Egitto e Siria, aggredì lo stato di Israele, in occasione della più santa tra le feste ebraiche, dando inizio a quella che, per questa ragione, passerà alla storia come la guerra dello Yom Kippur. In quei tragici giorni era a capo del governo dello stato aggredito e poi uscito vincitore Golda Meir. Leader che, quando sotto le pressioni di Mosca e Washington dovrà fermare la guerra ed accedere alle trattative diplomatiche per la chiusura delle ostilità – l’Egitto contava dodicimila morti e la Siria tremila, mentre Israele ne piangeva 2.300 – pronuncerà una frase divenuta emblematica ed allo stesso tempo profetica: “Noi vi potremo, un giorno, perdonare per aver ucciso i nostri figli, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto a uccidere i vostri. Una possibilità di pace esisterà quando dimostrerete di amare i vostri figli più di quanto odiate noi”.
Golda Meir, come ha scritto Oriana Fallaci, aveva una saggezza che viene dall’aver sgobbato tutta la vita. Era nata a Kiev, il 3 maggio del 1898, quando l’Ucraina, faceva ancora parte dell’Impero Russo, in una famiglia ebrea di modestissime condizioni economiche, in cui le ristrettezze determinarono le cause della morte di ben cinque suoi fratelli che non riuscirono ad arrivare agli anni dell’adolescenza. La Meir aveva conosciuto, sin da piccolina, il peso del razzismo e delle persecuzioni operate con i pogrom. Il padre era stato costretto ad emigrare negli Stati Uniti, per cercare fortuna e dove qualche anno dopo la famiglia si riunirà.
Nella nuova patria potrà studiare e verrà in contatto con il femminismo ed il pensiero sionista. Si sposerà a 19 anni e nel 1921 si trasferirà in Palestina, che in quegli anni era sotto il protettorato britannico. Giunta in quella che sente la sua vera patria, entrò a far parte di un kibbutz, dove ebbe la sua vera formazione politica. Venuto meno il protettorato del Regno Unito, alla fine del secondo conflitto mondiale, si occupò della creazione della struttura dello stato di Israele, in cui ha ricoperto incarichi politici di primaria importanza. Nella sua vita ha combattuto sempre da sola perché prematuramente aveva perduto, nel corso della stessa, tutte le figure maschili di riferimento, così come racconterà nella sua autobiografia intitolata “ La mia vita”.
Di carattere estremamente determinato si meritò, in ambito politico, l’appellativo di “unico vero uomo in Israele”. Allo stesso tempo, quando con il procedere degli anni la sua figura si era appesantita, la pelle raggrinzita ed i capelli erano diventati d’argento, ha manifestato un fare materno nei confronti del suo popolo che le è valsa l’appellativo di “nonna del popolo israeliano”.
La sua vita da premier è stata costellata di momenti drammatici di: guerre, conflitti con il mondo arabo, sanguinosi atti di terrorismo, che ha sempre affrontato con la determinazione che hanno i veri capi nei momenti decisivi per la vita di una nazione. Si assunse in prima persona la responsabilità di autorizzare l’operazione segreta del Mossad, durata ben vent’anni, finalizzata alla caccia di tutti gli autori del massacro dei Giochi Olimpici di Monaco di Baviera del 1972, in cui venne trucidata la squadra degli Atleti di Israele.
È di recentissima pubblicazione il libro biografico di Elisabetta Fiorito “ Golda – storia della donna che fondò Israele”, Ed. Giuntina.