PALERMO – Le stagioni che cambiano, il clima ormai imprevedibile, l’ambiente che si trasforma anche per la presenza di nuovi parassiti che attaccano il vecchio ecosistema, che si adatta lentamente alle novità: tante le condizioni che stanno cambiando radicalmente l’agricoltura, e ogni anno bisogna andare incontro a nuovi problemi.
Per il grano duro è stato un anno in cui i cali di produzione si sono fatti sentire, per un settore che sul solo territorio siciliano occupa ben 260 mila ettari, portando l’isola ad essere la seconda regione italiana per ettari di terreno dedicato, dietro solo alla Puglia, che destina al grano duro altri 360 mila ettari.
Un trend positivo di raccolta è stato fortunatamente registrato nelle Madonie, come ha rilevato la Cia Sicilia Occidentale, associazione degli agricoltori italiani: “Questa volta la siccità invernale ha contribuito a risollevare le sorti del grano duro – scrivono dall’associazione – che si sta trebbiando in queste settimane nella zona delle Madonie”. L’assenza di piogge a gennaio, unita ad alcune precipitazioni arrivate nel momento giusto nei mesi successivi, a queste quote ha innalzato le rese rispetto a un anno fa, portandole sopra i livelli medi.
I dati raccolti dalla Cia Sicilia Occidentale rilevano una resa di 40-50 quintali di grano duro per ettaro nella zona delle Alte Madonie, con punte di 70 quintali nell’area di Tremonzelli. Nella stessa area, la resa del frumento coltivato in regime biologico si aggira invece intorno ai 30-35 quintali, sempre per ettaro. “Un bel salto in avanti, sul piano numerico – dicono ancora dalla Cia – rispetto ad un anno fa quando negli 80.000 ettari di terra coltivata a grano duro nella provincia palermitana la resa è stata di 26 quintali, per un totale di 2,1 milioni di quintali raccolti”.
Secondo una prima stima, inoltre, la qualità è ottima, ma resta il nodo sui prezzi, calato rispetto ad un anno fa. I motivi sono facili da individuare: come ogni anno, alla vigilia della trebbiatura, in Sicilia sono sbarcate navi con enormi quantità di grano che hanno di fatto abbassare il prezzo che dai 31 euro a quintale è passato a 26 euro, secondo i dati Ismea (l’istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) riferiti a fine giugno.
Molto basso anche il prezzo del grano bio, che accusa solo una lieve differenza con il prezzo del grano duro semplice. In Puglia, dove si è registrato un crollo produttivo del 40%, il prezzo in questi giorni è di 31 euro/quintale. “Ci aspettiamo che il mercato riesca ad offrire ai nostri produttori di grano un prezzo che consenta di recuperare le grosse perdite delle ultime due annate”, ha commentato Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale.
“Chiediamo alla Regione – ha aggiunto Cossentino – di tenere alta la guardia sui flussi di grano che arrivano in Sicilia, di dubbia provenienza e di dubbia qualità. Oltre a immettere nel mercato un prodotto ben al di sotto degli standard del grano duro siciliano, le quantità di frumento importato influiscono negativamente sull’economia dei produttori siciliani, esponendoli ai rischi del mercato”.
La produzione non è andata ugualmente bene per le coltivazioni di foraggio che nel comprensorio madonita sono andate più a macchia di leopardo. Il clima, più generoso in inverno e primavera, nell’area di Valledolmo e delle Petralie ha fatto registrare una buona media di 30 balle (da 250 kg) per ettaro, qualcosa in meno invece nelle altre zone.
Archiviata in maniera positiva la partita su quantità e qualità, adesso i produttori devono affrontare la solita battaglia sui prezzi.