“Una grande emozione per me e un grande successo dello Stato”: con queste parole Pietro Grasso, ex pubblico ministero ed ex procuratore di Palermo, ha commentato l’arresto di Matteo Messina Denaro.
L’ex presidente del Senato, intervistato dal quotidiano “La Repubblica”, ha poi fatto emergere un particolare quadro del boss arrestato dopo 30 anni di latitanza utilizzando le dichiarazioni dei pentiti interrogati nel tempo.
Dal racconto su Messina Denaro fatto dai pentiti interrogati, ricorda Grasso, “veniva fuori una personalità assolutamente superiore alla media. Era stato lui a proporre i beni artistici come obiettivi da colpire per le stragi del 1993, perché era più acculturato rispetto a Riina e ad altri. Con Bagarella e Brusca è stato tra gli ideatori delle stragi di Roma, Firenze e Milano, dopo essere stato tra i protagonisti di quelle del 1992. Faceva parte del commando, con Sinacori e Graviano, che nel febbraio di quell’anno doveva uccidere Falcone a Roma. Poi furono chiamati da Riina che aveva trovato di meglio”.
Secondo Grasso, alcuni descrivevano Messina Denaro come un “uomo molto amato“, perfino un “benefattore”.
Con l’arresto di Matteo Messina Denaro la lotta alla mafia, purtroppo, non è finita. Tuttavia, per Grasso l’evento di ieri ha un significato forte: “Non esiste l’impunità o l’invincibilità. Ma non dobbiamo pensare che, arrestato lui, si chiude il capitolo mafia. Sarebbe un errore, perché la mafia esiste sempre, anche se ormai è ritornata all’antico, e cerca di utilizzare le istituzioni e le burocrazie per avere vantaggi e profitti. Questo è il suo grande potere”.
“Come diceva Falcone, se la mafia fosse solo un fenomeno criminale l’avremmo già distrutto con le operazioni di polizia, invece sono proprio gli interessi convergenti che riescono a farla sopravvivere”.
Immagine di repertorio