Universo donna

Grazia, medico in Svizzera: “Parità di genere? Questione coperta da velo ipocrisia”

Grazia Caci, 29 anni, è una dei vincitori della borsa di studio bandita dalla Fondazione Maria Luisa Tregua per il biennio 2017/2018. Nata e cresciuta a Gela, si è laureata a Catania e adesso abita in Svizzera – precisamente a Lucerna – dove esercita la professione di medico.

Come hai utilizzato la borsa di studio?
“Era il 2017 quando feci la domanda, mi fu accettata nel 2018 e la ricevetti durante la cerimonia per il 40° anniversario del Quotidiano di Sicilia. La utilizzai per effettuare un Master di secondo livello in Ecografia Internistica presso l’Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’. È stato un grande aiuto in quanto ho potuto applicare quello che ho imparato al Master nella mia quotidianità di reparto, essendo io un medico internista: ciò che prima auscultavo con lo stetoscopio, adesso posso vederlo tramite un esame chiaro, istantaneo e poco invasivo per il paziente. Senza questo sostegno economico non avrei avuto queste conoscenze, dato che i Master, come sappiamo, hanno costi abbastanza elevati.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Sono una sognatrice e per questo motivo, a volte, vengo etichettata come ‘non normale’. Ho fatto la scelta di andare via dall’Italia quattro anni fa con l’intento di accelerare i tempi: in Svizzera mi fu offerto un contratto subito dopo l’esame di abilitazione alla professione medica (in Italia avrei dovuto aspettare molto più tempo per provare ad entrare in un corso di specializzazione). Tuttavia non sono partita con l’intento di rimanere fuori, ma sono ho sempre nutrito l’idea di tornare a casa. Ad oggi, fatto tesoro di ciò che ho imparato in Svizzera, conto di tornare entro l’inizio del prossimo anno per potermi reinserire nel sistema italiano”.

La parità di genere è ancora un miraggio?
“Secondo me oggi la questione è coperta da un sottile velo di ipocrisia: si tende a parlare tanto di parità di genere ma, in realtà, non è stata pienamente raggiunta. Il solo fatto di essere donna, modifica il comportamento delle persone con cui ci si relaziona. Credo che siano stati fatti tanti passi in avanti già a partire dal momento in cui si iniziò a parlarne, fino alle questioni più recenti inerenti all’uso della forma femminile per i titoli professionali (anche se non è l’appellativo a dover dare il senso di parità di diritti). A volte anche nell’ambito lavorativo si trovano aziende impostate “al maschile”, dove le donne sono in stretta minoranza o, addirittura, non ci sono. Io cerco di guardare la questione da una prospettiva più ampia ed egualitaria: non bisogna dare soltanto spazio alla voce delle donne, ma c’è bisogno che uomo e donna siano posti, nella sostanza, sullo stesso piano”.

Leonardo Caltabiano