Il futuro del lavoro in Italia è tutto “in verde”. Anche nel 2020, segnato dalla pandemia e in cui gli incentivi per la transizione ecologica del Pnrr erano ancora un’inimmaginabile prospettiva, le imprese italiane hanno dovuto fare i conti con la scommessa della riconversione in chiave ecosostenibile dei propri processi produttivi, affidandosi alle nuove professionalità, i cosiddetti “green jobs”. A fine anno, infatti, sono stati 3 milioni e 141 mila gli occupati nel settore dell’economia circolare, vale a dire il 13,7% del totale nazionale, in crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al 2019, impiegati soprattutto in aree aziendali quali progettazione, R&S e logistica.
Eppure “sui green jobs abbiamo serissimi problemi di formazione, mancano 15 mila tecnici e 30 mila ricercatori” ha dichiarato il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, all’alba della presentazione dell’ultimo rapporto Green Italy ad opera di Symbola, in collaborazione con Unioncamere, presentato a pochissime settimane dalla Cop 26 a Glasgow.
Il dossier, infatti, ci restituisce un’immagine in chiaroscuro del nostro Paese. Le 300 mila aziende italiane (il 21,4% del totale, ovvero solo lo 0,1% in meno rispetto al 2019) che hanno deciso di intraprendere la strada degli eco-investimenti per la conversione sostenibile di tecnologie e prodotti, nel 37,9% dei casi hanno segnalato difficoltà nel reperire figure professionali con le competenze necessarie a supportarle nel percorso della green economy. Insomma, ci ritroviamo di fronte alla solita storia italiana per cui il lavoro, in questo caso “verde”, c’è ma mancano i professionisti che sappiano rispondere alle offerte delle aziende.
Guardando i numeri a livello regionale, l’Isola sembra essersi inserita bene in questo trend di crescita sostenibile, ma ancora siamo lontani dai livelli delle regioni più produttive. Se, infatti, la Sicilia nel 2020 sembra aver segnato un balzo in avanti in termini di nuove assunzioni nella green economy con 62 mila nuovi contratti, ovvero il 35,8% del totale siciliano, a tutt’oggi i professionisti impiegati nell’economia circolare sono circa 130 mila, vale a dire quasi un settimo di quelli che operano in Lombardia. La regione del Nord, infatti, conta ben 709 mila occupati nel settore, cresciuti nell’ultimo di ben 265 mila unità (il 40% del totale regionale). Eppure la nostra regione è tra quelle che in prospettiva potrebbero crescere di più: esiste, infatti, un notevole gap infrastrutturale in settori chiave come quello dei rifiuti (secondo Utilitalia occorre investire 2,2 miliardi di euro al Sud e in Sicilia) e dell’efficentamento energetico. Anche nel settore delle fonti rinnovabili accade spesso che i lacci e i lacciuoli della burocrazia impediscano alle aziende di fare investimenti nella nostra Isola (si parla, per il fotovoltaico, di appena il 2% delle richieste autorizzate dalla Regione tra il 2019 e il 2021). Per non parlare delle infrastrutture idriche, verie e propri colabrodi che oggi arrivano a disperdere fino al 50 per cento dell’acqua immessa.
Non stupisce, dunque, che nella lista delle prime venti città in cui nel 2020 sono stati registrati o è stata prevista l’attivazione di nuovi contratti relativi a green jobs, Palermo si sia aggiudicata l’ultimo posto con 15.636 unità, cioè l’1,4% del totale italiano. Numeri da record, invece, per Milano con oltre 116 mila nuove assunzioni e Roma con più di 87 mila occupati, vale dire rispettivamente 8,7 e 6,1 punti percentuali in più del capoluogo siciliano.
D’altra parte la nostra Isola si trova al nono posto della classifica nazionale in termini di eco-investimenti con poco pù di 21 mila imprese che hanno deciso di scommettere nel green. Un quarto di quelle lombarde (89.784) e la metà di quelle campane (46.109). Nessuna provincia siciliana compare nella lista dei primi venti capoluoghi italiani in cui gli imprenditori hanno deciso di cogliere al balzo la palla della transizione energetica e destinare una parte delle proprie risorse a prodotti e tecnologie green. Come è facile immaginare, Milano si è aggiudicata la maglia rosa della corsa verso l’ecostenibilità con 35.352 attività, seguita nel podio da Roma con 20.443 e da Torino con 17.666 attività.
Fra i lavori con competenze green, come emerge dal rapporto, sono state individuate le 10 figure professionali più innovative nel comparto, in quanto hanno subito una radicale trasformazione con l’introduzione di nuove skills o l’aggiornamento di quelle esistenti, il cui elenco è riportato di seguito. Va detto che nel 15,7% dei casi la ricerca nel comparto si rivolge a profili laureati e l’esperienza nel settore ha rappresentato un requisito fondamentale nel 51% dei nuovi contratti.
“L’Isola sta facendo importanti passi avanti, il più grande limite è la gestione dei rifiuti”
Il Quotidiano di Sicilia ha intervistato in esclusiva il presidente di Symbola, Ermete Realacci, per fare il punto sulla situazione dei green jobs nell’Isola e sui possibili scenari futuri per promuovere uno slancio in avanti degli eco-investimenti.
Presidente Realacci, come potremmo spiegare il disavanzo del Meridione in termini di assunzioni e, nello specifico, della Sicilia in riferimento ai dati diffusi nel vostro rapporto?
“Va detto che, in generale, le regioni italiane in cui troviamo un maggior numero di green jobs sono quelle dove si investe di più in innovazione, ricerca e transizione energetica. Le aziende che intraprendono questo percorso lo fanno non solo per una forte componenente etica ma anche perché hanno compreso che si tratta di investimenti che hanno anche un impatto economico positivo non indifferente. è vero che la maggior parte di queste attività si trovano al Nord ma anche la Sicilia sta facendo grandi passi avanti in tal senso. Basti pensare alle imprese del settore vinicolo che hanno gradualmente compreso che ‘essere buoni conviene’. Valorizzare i propri prodotti e attuare una produzione sostenibile, non solo perché si riduce l’impatto sull’ambiente, ma anche perché vi è un ritorno anche in termini di guadagno e, soprattutto di bellezza. Il vino in Sicilia, come tanti altri prodotti locali, è un simbolo di una terra che riesce a produrre bellezza e sta dimostrando di saperlo fare così come tante altre regioni italiane”.
Quali sono i gap della Sicilia che non le permettono di spiccare in termini di green economy? La Regione potrebbe fare di più per realizzare impianti di gestione dei rifiuti e per la produzione di energie rinnovabili?
“Sicuramente la questione della gestione dei rifiuti rappresenta un grandissimo limite nell’Isola. Come evidenziato nel nostro rapporto, in realtà, in Italia siamo leader nell’economia circolare con un riciclo sulla totalità dei rifiuti, urbani e speciali, del 79,4%, un risultato superiore alla media europea (49%) con un risparmio annuale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni. Questo dimostra che abbiamo fatto ‘di necessità virtù’ perchè, consapevoli di non disporre di abbondanti materie prime, abbiamo invertito la rotta, trasformando i rifiuti in fonte d’energia. Anche se in Sicilia esistono esempi virtuosi in termini di differenziata, basti pensare al comune di Ferla che in pochissimi anni è passato dal 7 al 50%, l’Isola è ancora agli ultimissimi posti della classifica nazionale e questo è un problema urgente da risolvere per il suo sviluppo, se si pensa che città come Milano sono già tra le più virtuose metropoli europee in termini di raccolta differenziata. Anche la produzione di energia rinnovabile deve rappresentare una parte del graduale processo di conversione ecosostenibile di un sistema produttivo che già oggi punta su sostenibilità, innovazione, e bellezza come risposta concreta alle domande della ‘Generazione Greta’ e una speranza in grado di mobilitare le migliori energie per un cambiamento in chiave green. Un’Italia che fa l’Italia, che tiene insieme ambiente, territorio e comunità, e contribuisce alla ripresa del Paese. Se, come disse il regista americano di origini siciliane Frank Capra ‘I dilettanti giocano per divertirsi quando fa bel tempo. I professionisti giocano per vincere in mezzo alla tempesta’ è arrivato il momento per la Sicilia così come per l’Italia e l’Europa tutta di fare i professionisti e non c’è più tempo per rimandare sulla questione. Abbiamo la possibilità di fare della sostenibilità ambientale il volano di una nuova ed innovativa economia e di proiettarci verso un nuovo futuro a misura d’uomo”.
“Green jobs vera novità del mercato del lavoro,determinante la formazione nelle università”
Al fine di comprendere quali sono le dinamiche e le motivazioni che possano in parte spiegare il ritardo siciliano nella sfida nazionale per la competitività tra aziende in termini di ecosostenibilità, abbiamo intervistato Giuseppe Pace, il presidente di Unioncamere Sicilia.
Presidente Pace, quali sono le competenze più ricercate nell’ambito dei green jobs?
“Le professioni green sono e saranno la vera novità del mercato del lavoro dei prossimi dieci anni per la loro componente etica, ma anche per l’alto livello qualitativo delle professioni in sé. Queste professioni sono sempre più richieste dalle aziende e molto apprezzate anche dai candidati che si mettono alla ricerca di un lavoro che afferisce prima di tutto al rispetto dell’ambiente in senso lato. I profili più richiesti sono sicuramente quelli con competenze molto specifiche che diventano strategiche per un mondo più ‘pulito’, immagino gli energy manager, il responsabile marketing sostenibile e acquisti sostenibili, i designer di materiali riciclabili, ma aggiungerei anche gli avvocati ambientali, gli agricoltori urbani. Nel frattempo, sono diverse figure professionali che sono emerse anche in ambito pubblico, oltre che privato, che si occupano del risparmio dei consumi energetici. Mi viene anche da pensare alle professioni legate al car sharing, che nelle grandi città sta funzionando e che punta alla riduzione della circolazione dei veicoli privati, così come ai mobility manager di enti e grosse imprese”.
Quali sono in Sicilia i settori nei quali c’è maggiore carenza di professionisti ad hoc nel settore green e quali potrebbero essere le cause di questo fenomeno?
“Intanto, direi che bisognerebbe puntare sulle riconversioni e ristrutturazioni degli edifici pubblici e privati in chiave green. Più che parlare di una vera e propria carenza di professionisti, perché in Sicilia ne abbiamo tanti (per esempio ingegneri ambientali), direi che in generale dovrebbero essere molti di più per il percorso che l’Europa sta intraprendendo. Si richiede riduzione dei consumi e delle emissioni nocive, recupero e gestione dei rifiuti, gestione green delle acque, viabilità, recupero e riutilizzo del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, certificazione ambientale dei servizi. Tutte queste competenze hanno bisogno di professionalità importanti che, a mio giudizio, soltanto le università possono formare e fornire al pubblico e al privato. Ci sono ampi settori che hanno bisogno di implementare il numero delle professioni e dei mestieri legati all’economia green. Gli Atenei siciliani ci possono dare un supporto fondamentale in questo senso, direi insostituibile ovviamente da approfondire con percorsi professionalizzanti come specializzazioni e master”.
Per creare nuovi posti di lavoro anche in Sicilia, non crede che la Regione dovrebbe autorizzare più rapidamente la realizzazione di impianti atti allo smaltimento dei rifiuti ma anche fotovoltaici ed eolici e, ancora, promuovere gli investimenti per la “conversione green” del settore agricolo?
“Lo smaltimento dei rifiuti in Sicilia, credo che sia ormai da anni il problema dei problemi. Un’emergenza che la classe politica non ha mai saputo affrontare in modo chiaro, determinato e funzionale rispetto a quello che vediamo nelle nostre città. Una cosa è certa, la spazzatura c’è e ci sarà e questo in Sicilia era un dato certo anche tanti anni fa, quando l’unica soluzione pensata erano state le discariche come siti inesauribili, mentre nelle più grandi capitali del mondo viene smaltita con i termovalorizzatori e con un sistema civile di raccolta differenziata e di riciclo che ancora in Sicilia stenta ad essere avviato se non in qualche piccola città virtuosa”.