Impresa

Grido disperato dei venditori ambulanti in crisi nera

PALERMO – In questi mesi l’emergenza Coronavirus ha messo a durissima prova la tenuta economica di numerose imprese e attività. Tra queste ci sono i venditori ambulanti, categoria di cui si è parlato poco e che si trova in condizioni di estrema difficoltà. La fase della ripartenza ha avuto inizio e se i commercianti che vendono generi alimentari hanno riaperto, per tutti gli altri venditori e mercati restano incognite e perplessità, poiché finora non è stato dato ascolto all’appello e alle proposte avanzate da Fiva Confcommercio (Federazione italiana venditori ambulanti) al prefetto di Catania e al presidente della Regione, Nello Musumeci.

Secondo l’associazione di categoria la chiusura della quasi totalità delle attività commerciali comporterà per il settore, se non si apre entro luglio, una perdita di oltre 10 miliardi di euro con il rischio che un terzo delle sue imprese chiuda definitivamente. Parliamo di una categoria che conta 176.000 imprese in Italia con circa 400.000 tra titolari, dipendenti e collaboratori su un totale di 183.000.

In Sicilia sono circa 20 mila gli ambulanti che da due mesi sono fermi, con diversi comuni che hanno vietato i mercati già dallo scorso 23 febbraio, dunque prima del lockdown dell’8 marzo.

In più il settore del commercio su area pubblica è già in crisi da almeno dieci anni e anche se qualcuno ha già ricevuto il bonus da 600 euro previsto dal decreto Cura Italia, molte attività sono costrette a chiudere. Nelle scorse settimane Fiva Confcommercio Catania ha mosso delle richieste ai prefetti e al presidente della Regione, quali: l’aumento del contributo straordinario da 600 a 1.200 euro, la sospensione di tutti i contributi per almeno un anno, la sospensione dei canoni concessori per l’occupazione del suolo pubblico e un finanziamento di 15.000 euro a fondo perduto per ogni azienda.

Le proposte sono state avanzate rispettivamente il 24 e il 28 aprile ma finora nessuna risposta dalle istituzioni. A dichiararlo è Arturo Coglitore, presidente di Fiva Confcommercio Catania, intervenuto ai microfoni del Quotidiano di Sicilia: “Al collasso non ci sono solo i mercati – esordisce Coglitore – ma anche fiere, sagre e feste. Si tratta di categorie che finora non state nominate per niente neanche dai media. Chiediamo un aiuto al presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte e del nostro governatore regionale, Nello Musumeci. Ad oggi non sappiamo nulla sul nostro futuro, stiamo aspettando delle risposte. Abbiamo raccolto in tutta la Regione quasi 3.000 firme e siamo disposti a scendere in campo per protestare, non possiamo più andare avanti così. Nessuno ci sta considerando”.

Una situazione disperata che riguarda anche chi organizza eventi e spettacoli: “Ci sono persone che vivono promuovendo e mettendo in piedi feste all’aperto – spiega – come piccoli artisti e cantanti, anche loro sono al collasso. Abbiamo inviato le nostre proposte al sindaco e al prefetto di Catania e con il primo cittadino etneo e i sindacati abbiamo trovato l’accordo per la riapertura del mercato rionale per la sola vendita di generi alimentari, con tutti i dispositivi di sicurezza imposti dal Governo”.

Misure e dispositivi di sicurezza, che secondo Coglitore, non possono essere applicati per i mercati che prevedono il settore non alimentare: “Queste attività possono rendere – aggiunge – e trovare margini di guadagno solo attraverso l’afflusso di persone. Sarebbe totalmente inutile aprire mercati dove si incassa pochissimo. Le spese sono enormi per un commerciante, tra carburante, pagamento del suolo pubblico e degli eventuali operai. Così non è possibile andare avanti e i 600 euro del Cura Italia non sono sufficienti. Abbiamo richiesto un incentivo di 1.200 euro al mese fino al termine di questa pandemia, così da evitare gli spostamenti e l’acquisto di merce, perché altrimenti si rischia di indebitare ulteriormente queste attività”.

Il presidente di Fiva Confcommercio Catania ha concluso lanciando l’ennesimo messaggio: “Questo settore è in crisi nera da almeno cinque anni – conclude – e l’arrivo del Covid-19 è stata la botta finale. Lo stato e la Regione devono aiutarci, perché in questa situazione i commercianti saranno costretti a depositare le loro licenze di attività. Sono in tanti gli operatori di commercio su area pubblica e le dico che solo di Inps sono costretti a pagare ben 3.600 euro all’anno, senza contare l’Iva. Mi chiamano in tanti, ci sono ambulanti che non hanno più i soldi per farsi la spesa, così è straziante. Non ci sono prospettive di riapertura e non possiamo più aspettare”.

Twitter: @AntoninoLoRe