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Guerra Ucraina, Mariupol respinge l’ultimatum di Mosca: “La resa non è un’opzione”

Il governo dell’Ucraina e le autorità di Mariupol hanno respinto l’ultimatum della Russia relativo alla resa della città meridionale, da giorni sotto assedio nella guerra innescata dall’invasione ordinata da Mosca il 24 febbraio. “Non ci può essere discussione su nessun tipo di resa o sulla deposizione delle armi”, ha detto la vicepremier ucraina Irina Vereshchuk.

Ancora 130mila civili in città

La Russia aveva posto una condizione per sospendere le operazioni a Mariupol. Entro le 5 del mattino di oggi, ora locale (le 3 in Italia), i combattenti ucraini avrebbero dovuto abbandonare le armi per usufruire di una tregua temporanea, come aveva illustrato il colonnello Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della difesa nazionale della Federazione Russa. In tal caso, sarebbe stato creato un corridoio dalle 10 alle 12 ora di Mosca.

Nella città assediata, in base alle informazioni diffuse dalla Tass, sarebbero presenti ancora 130mila civili. Le autorità della città hanno denunciato deportazioni di massa di civili verso la Russia. Secondo Mosca, le forze armate ucraine utilizzerebbero i cittadini come scudi umani.

Bombe su Kiev

E’ salito ad almeno sei morti il bilancio del bombardamento notturno russo a Kiev, secondo quanto riferito dall’Afp. Un centro commerciale e delle auto in un parcheggio adiacente hanno preso fuoco in seguito all’attacco avvenuto nel distretto di Podilskyi. Oltre 60 vigili del fuoco e 11 unità hanno lavorato per estinguere le fiamme che avevano raggiunto il terzo e il quarto piano del centro commerciale. Su Telegram il sindaco di Kiev Vitali Klitschko e la polizia della città hanno pubblicato le immagini di esplosioni.