Editoriale

Ha ragione Muti, verità sacrosanta

La magnifica serata di musica nobile che c’è stata all’Arena di Verona, venerdì 7 giugno, ha lasciato una sottile vena polemica sull’ultima frase che il maestro Riccardo Muti ha pronunziato alla fine, prima di andare via dal podio.
Ha detto: “Se c’è un impedimento alla Musica, questo è il direttore d’orchestra”. Ha aggiunto: “Nella Musica e nella Società”.

I Vertici dello Stato si sono un po’ risentiti per l’allusione, ma il Maestro ha chiarito che questo suo punto di vista è antico di molti decenni e poi ha affermato che non vi è dubbio che se il guidatore è abile, l’auto va bene; contrariamente, l’auto non avanza o avanza male.

In fondo, Muti ha riesumato il vecchio detto il pesce puzza dalla testa, che è una verità sacrosanta non smentibile. Infatti, chi è a capo di qualunque organizzazione, di tipo sociale, economica, istituzionale o altro, ha la grande responsabilità di farla funzionare. Come dimostra che funziona? Attraverso i risultati prodotti, che devono essere positivi.

L’impedimento cui faceva riferimento Muti è il direttore d’orchestra, quando non riesce a farla suonare come fosse una sola persona. Quella sera all’Arena di Verona vi erano 160 professori d’orchestra e 300 coristi/e: quasi cinquecento persone che suonavano e cantavano come se fosse stata una sola persona. Ovviamente merito di ciascuno dei/delle musicisti/e e dei cantori, ma anche del Maestro, che deve riuscire a far suonare e cantare tutti nello stesso tempo e senza la minima dissonanza.

Questo accade perché professori e musicisti/e sono competenti e preparati/e, e sanno che un’orchestra ha le sue regole, i suoi tempi, scritti negli spartiti e nella partitura, per cui nessuno può sgarrare neanche di un secondo o di una nota. Come è noto, la musica funziona su base matematica, per cui non vi possono essere sbavature di sorta.

Mutatis mutandis, si possono trasferire pari pari i concetti prima esposti sia nel funzionamento della Pubblica amministrazione che in quello dei gruppi imprenditoriali e giù giù fino alla piccola impresa di qualunque tipo: agricola, di servizi, industriale, commerciale, artigianale e via enumerando.
Il guaio è che il modello organizzativo della Pubblica amministrazione non è un modello, ma è un’accozzaglia di norme, di articoli, di scartafacci scritti senza alcun senso, cioè senza una finalità, che dovrebbe essere quella di fare funzionare “l’orchestra-Pa”.

Se voi interrogate ciascuno dei 3,2 milioni di pubblici dipendenti del nostro Paese, nessuno o quasi ha cognizione di quanto stiamo scrivendo, cioè la consapevolezza di essere un professore/professoressa della sua materia e che deve suonare all’unisono insieme a tutti/e gli/le altri/e suoi/sue colleghi/e, dirigenti e dipendenti.

Ciò accade perché nella Pa non si fa formazione né di metodo né di merito. Mentre è del tutto pacifico che un’orchestra suona bene perché segue le regole di metodo e di merito.
Andiamo scrivendo queste cose da mezzo secolo, ma ci accorgiamo che anziché migliorare nella direzione indicata, cioè verso la coesione dei fattori di lavoro, si va verso il basso, cioè verso l’aumento del disordine e di una disfunzione che fa aumentare notevolmente i costi di produzione dei servizi pubblici e ne diminuiscono la qualità.

Nelle aziende di ogni dimensione il modello organizzativo del tipo “orchestra” ci dovrebbe essere e c’è quando i risultati, come scritto, ne dimostrano l’efficienza e l’efficacia.
Le aziende che non operano in base ad un progetto funzionale sono destinate al fallimento perché imprenditori non ci si improvvisa.

Quella dell’imprenditore è una professione molto seria e molto impegnativa, ma tanti vi si avvicinano e la esercitano senza cognizione di causa: la dimostrazione sta nei numerosissimi fallimenti che si registrano ogni anno.

Ora, mentre il fallimento è la certificazione dell’incapacità del soggetto che ha cominciato l’impresa con tutte le relative conseguenze di ordine legale ed economico, nella Pubblica amministrazione non si registrano mai fallimenti, anche se i/le cittadini/e certificano il fallimento continuo. Non si vede la luce in fondo al tunnel.