La riunione del PD con il delegato da Roma, come nella Sicilia ribelle dell’impero, è stata fatta ai Crociferi. Mai luogo poteva essere scelto con una simbologia così azzeccata. In questa tornata amministrativa Palermo rappresenta la Croce del centrosinistra giallorosso. È il benchmark negativo dell’ostentata capacità amministrativa della sinistra al potere. Ai Crociferi c’era Orlando, il quale non ha fatto il doroteo, non si è acquattato in maniera conveniente per paludare le sue colpe. Ha invece ribadito che il metodo di scelta del successore non è stato idoneo e ha puntualizzato di profilare una continuità con il suo operato.
E qui veniamo al nodo gordiano di Leoluca Orlando. Il sindaco lo sa fare? Questa è una cosa che nessun palermitano può affermare di sapere. Perché lui non ha mai svolto i compiti precipui di un Sindaco. Dare servizi ai cittadini, preparare una regolamentazione urbanistica, fare quadrare i conti. Anzi recentemente lui ha disprezzato ontologicamente la categoria dei ragionieri. Ma la verità è che lui il Sindaco non lo voleva fare. Palermo è stata per lui solo la rampa di lancio per una fulgida carriera nazionale. Lui ha sempre guardato ai Mattarella. Riteneva di avere la tempra, che mai lui ha riconosciuto nell’attuale Presidente della Repubblica, di Piersanti. Ma mentre Piersanti Mattarella aspirava all’eredità, di Moro, nel prendere la guida interrotta di riformare il partito stato, Leoluca da Filaga voleva distruggere quel partito della Croce nel simbolo, che vedeva come un vincolo per la sua visione. Che era quella di un novello Crispi, da Palermo a Chigi. Il problema è che questo missile politico è rimasto per oltre trent’anni sulla rampa di lancio, bruciando un’infinità di carburante ideologico, e portando a lamiera una città oggi invivibile.
Mentre il palermitano illustre, il canuto Sergio, è arrivato al massimo soglio, non cercato, lui da giurista sognava di presiedere la Consulta, ma ottenuto nel segno dei predestinati del dopoguerra, Orlando che si pensava Crispi, con tanto di Statua guarda caso a piazza Croci, è rimasto prigioniero di una città che dice di amare ma forse detesta. Perché se l’avesse amata si sarebbe ritirato da un po’, e avrebbe aiutato un percorso per la sua rinascita.
Ora qualcuno dovrà portare questa Croce, sarà un Cireneo o qualcuno che la farà risorgere?
Così è se vi pare.
Giovanni Pizzo