La possibile estensione del green pass ha animato il dibattito politico e il confronto interno al governo nelle ultime settimane. Il decreto su cui l’esecutivo guidato da Mario Draghi sta lavorando ha ottenuto, nelle ultime ore, il via libera dei Presidenti di Regione. Qualora fosse approvato, il provvedimento, prevederebbe l’obbligo della certificazione, anche in zona bianca, per spettacoli, viaggi, sport e – più in generale – per luoghi e situazioni a rischio assembramento. Tra i punti più ostici quello relativo ai ristoranti, che potrebbe essere risolto da un compromesso: obbligo di green pass solo per le aree al chiuso.
Se l’attuale versione del certificato verde ha ricevuto, dopo un lungo confronto e varie modifiche, l’approvazione del Garante per la Protezione dei Dati Personali, alcune criticità potrebbero emergere dall’estensione dell’obbligo a luoghi e contesti non contemplati nel decreto che, ad oggi, ne regola il funzionamento.
Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di possesso del green pass per l’accesso a scuola. Ipotesi che, è bene precisarlo, al momento non sarà concretizzata, ma che potrebbe essere considerata come una valida soluzione per il rientro in sicurezza nelle aule. Stando ai rilievi dell’Autorità, infatti, tale certificazione non deve essere ritenuta necessaria “per consentire l’accesso a luoghi o servizi o per l’instaurazione o l’individuazione delle modalità di svolgimento di rapporti giuridici se non nei limiti in cui ciò è previsto da una norma di rango primario, nell’ambito dell’adozione delle misure di sanità pubblica necessarie per il contenimento del virus SARS-CoV-2.”. Vale a dire che, se un decreto – legge, potrebbe essere sufficiente, bisognerebbe tuttavia valutarne la specificità e sarebbe, altresì, necessaria una rapida conversione in legge.
Discorso analogo potrebbe farsi per il tema ristoranti, che ha recentemente infiammato il confronto ed il dibattito. Tema su cui il Garante si è espresso in questi termini: “si ritiene utile evidenziare l’opportunità che sia normativamente previsto che la presentazione della certificazione verde, come misura di sanità pubblica, non operi per quelle attività che comportano l’accesso a luoghi in cui si svolgono attività quotidiane (es. ristoranti, luoghi di lavoro, negozi, ecc.)”.
Altro elemento critico, da questo punto di vista, quello relativo al processo di identificazione dei clienti e di verifica delle credenziali che, stando alle intenzioni dell’esecutivo, potrebbe essere svolto dai titolari o da loro delegati. Ci si chiede, tuttavia, se questi soggetti potrebbero davvero avere l’autorità per svolgere compiti che, normalmente, sono consentiti soltanto a pubblici ufficiali o responsabili per la sicurezza di eventi.
A tal proposito abbiamo sentito Roberto Tudisco, portavoce del movimento Ristoratori Siciliani Indipendenti: “Il movimento all’unisono è assolutamente contrario al Green Pass, ma non perché siamo contrari al vaccino. Siamo contrari al metodo ed al sistema, bisogna pensare ad altro per aumentare il numero di vaccinazioni. La vaccinazione non si incentiva impedendo alla gente di andare al ristorante. Non vogliamo essere usati sempre come capro espiatorio. Ristoranti e pizzerie sono sempre messi in mezzo, ma non si parla di stadi, mercati, supermercati, grandi magazzini. Luoghi in cui, a tutte le ore del giorno, le norme sul distanziamento sono inapplicabili e dove si entra senza green pass”.
“Passiamo sempre – ha aggiunto – come gli untori nonostante, durante i sette mesi in cui siamo stati chiusi, il virus e i contagi non si siano fermati. Saremmo d’accordo a far entrare i clienti con il green pass se questa regola valesse per tutti i negozi e per i mezzi pubblici. Alla base di tutto, ci tengo a ripeterlo, c’è una gestione fallimentare dell’emergenza sanitaria, la cui responsabilità è del Ministro Speranza e del CTS. Hanno preso di mira la nostra categoria ed hanno sbagliato in occasione della prima ondata e di quelle successive, ma sono ancora al loro posto”.
“Tantissimi turisti, da ogni parte d’Europa, – ha proseguito Tudisco – stanno disdettando le loro vacanze, a causa di una comunicazione contradditoria che li spaventa, molti temono di restare bloccati in Italia e di non poter ripartire. Poi mi chiedo dove sia l’Europa visto che, di fatto, ogni stato fa ciò che vuole. Si va avanti in ordine sparso, ed è un errore madornale. Il controllo, da parte nostra, del possesso del certificato verde? Questa è una questione chiave, penso a quanto successe anni fa quando venne approvata la legge antifumo nei locali pubblici. Eravamo diventati “sceriffi”, essendo costretti a controllare e buttare fuori chiunque fumasse. Poi, fortunatamente, ci fu una sentenza del Tar del Lazio che rimise ordine, ribadendo che il nostro unico obbligo era quello di apporre la segnaletica”.
Ritengo, quindi, – ha concluso – che se verrà imposto il GP per i ristoranti ci saranno cause e ricorsi, che porteranno a queste conclusioni: non abbiamo l’autorità per identificare i clienti, per chiedere loro documenti o certificati”.
Tra le obiezioni che si muovono all’estensione del green pass, infine, c’è quella secondo la quale si tratterebbe di un obbligo vaccinale mascherato, stante la difficoltà “politica” di imporlo nei crismi e nelle modalità previste dalla Costituzione. Vedremo, nelle prossime ora, quali saranno le mosse dell’esecutivo, che avrà il compito di operare una difficile mediazione.
Vittorio Sangiorgi