Ho sentito per la prima volta parlare di Unimont di Edolo il 26 giugno del 2008. Insieme ad alcuni imprenditori e professionisti camuni, quel giorno, costituimmo, a Breno, un’associazione di amici della Via Crucis di Cerveno che chiamammo “Le Capèle – Onlus”, con sede a Cerveno.
L’obiettivo era di scuotere l’inerzia che lasciava decadere quella grande opera artistica e religiosa e promuovere una decisa azione per il suo restauro e il suo rilancio. Al termine dell’incontro domandai con quali organismi della Valle si poteva prendere contatto per informarli della nostra iniziativa e cercare alleanze. Un partecipante citò l’Università di Edolo, ma precisò anche che era un po’ un corpo estraneo alla Valle perché era emanazione dell’Università di Milano. Non sapevo nulla di Unimont ma l’idea stessa che qualcuno avesse pensato a un polo universitario nel cuore delle nostre Alpi mi entusiasmò subito.
Mi sembrò un segnale positivo, in controtendenza con la deriva dominante di puntare solo sul “turismo” fine a sé stesso, tendenza che, senza bilanciamenti e difese, trasformerebbe le Alpi in un’area disegnata principalmente non per i suoi abitanti ma a “fini ricreativi per i turisti di città”. Il rischio, dunque, è che le Alpi, diventando “dintorni” o “periferia di città”, perdano progressivamente la propria identità storica, la propria cultura, le proprie forze, i propri valori profondi. E ciò sarebbe impoverimento per tutti noi. La decisione di creare un polo universitario nel cuore delle Alpi Centrali mi apparve da subito non solo coraggiosa ma in controtendenza al rischio di cui parla Gianluca d’Inca Levis di Dolomiti contemporanee quando afferma: “Le montagne non si stanno spogliando di persone ma di idee. Siamo ancorati a una cultura che ci propina l’identità alpina come un tagliere di salumi e polenta da servire ai turisti e poco altro”.
La costituzione di Unimont, ci apparve, dicevo, un atto di cultura che si muoveva nella direzione che io, insieme ad altri cari amici della montagna come Luigi Zanzi, Roberto de Martin, Sala, giudicavamo quella giusta: rivalorizzazione della cultura, dell’ambiente, delle persone, dei doni della montagna, in una posizione non subalterna ma di reciproca valorizzazione con le aree metropolitane. Il mio entusiasmo iniziale, di natura ideologica, basato su una idea e una speranza piuttosto che su una conoscenza dei fatti, è andato sempre crescendo quando conobbi la direttrice Anna Giorgi, alcuni suoi collaboratori e la continua, tenace e intelligente crescita di Unimont, con risultati sempre più importanti che, oggi, giustamente, vengono festeggiati ed onorati anche dalla significativa presenza della nuova Rettrice dell’Università degli Studi di Milano, oltre che da tanti rappresentanti delle istituzioni.
Potrei parlare a lungo di questo tema centrale, ma mi limiterò ad accennare ad alcuni punti a mio avviso fondamentali perché Unimont possa consolidare quel tanto già fatto ed esprimere tutte le sue ulteriori potenzialità, una specie di memorandum di punti da mettere in agenda per auspicabili future discussioni.
continua…