Leadership

L’ideologia del facciamo tutto per non fare alcunché

Quando si vive in una condizione di particolare comodità e di apparente stabilità è probabile che si scateni, non in tutti, ma in parecchie persone, l’effetto di renderle rinunciatarie rispetto alla difesa dei valori, anche più profondi, degli ideali, anche più naturali, e può accadere che questi soggetti vengano spinti a diventare promotori di una nuova forma di “pace”.

Si tratta di una “pace” confortevole, quasi del tutto inerte, sicuramente opportunista, che consiste semplicemente nell’evitare il fastidio, oppure il rischio potenziale, di dovere intraprendere iniziative o persino di compromettere la propria condizione, nonostante, al di là di quanto essi possano pensare, il rischio ci sia e risieda proprio nella comoda inerzia, forse pigrizia, fisica ed intellettuale, alla quale si faceva prima riferimento. E così può accadere che la solidarietà diventi compassione, la difesa dei diritti si baratti con una gita in piazza con gli amici, con al seguito qualche bandiera e la solita “bella ciao”, che va bene per tutte le occasioni.

Ma può accade pure che la democrazia consista semplicemente nel seguire i tg delle varie reti oppure, per i più attivi, si concretizza nell’impegno politico, che si limita ad ingaggiare scontri sui social network o anche nei vari talk show, di solito ben gettonati. Simili comportamenti sono accomunati, quasi in ogni loro declinazione, dal fatalismo e dal reale disimpegno, che viene mascherato con lo schieramento, in modo tale da far apparire impegnati in qualcosa o per qualcuno o contro qualcuno, risultando però falsamente sincero, dato che è assolutamente ipocrita.

Per questo genere di soggetti e situazioni, di cui oggi sono piene le trasmissioni televisive ed i profili dei vari social, non c’è un problema così grave per il quale valga la pena di sentirsi impegnati o per contrastarlo sul serio, possibilmente formulando ipotesi che stiano in piedi e non soltanto chiacchiere e bandiere. Al massimo si cercano le ragioni di questa o quella vicenda di cui si discute, per poterne attribuire le colpe a qualcuno e per sentirsi non chiamati in causa. L’effetto è il più becero qualunquismo, che di solito viene esercitato sulla povera pelle di altri, che non possono limitarsi a fare accademia. Una volta, il mio solito amico, ex docente di filosofia, mi fece notare che per considerare una tesi davvero valida, anche se non condivisa, doveva essere altrettanto valida, anche se non condivisa neppure, la tesi esattamente contraria. Insomma, per il mio amico, le tesi ovvie non erano tesi serie e pertanto non meritavano alcuna attenzione.

Il problema vero è come fare a mantenere la pace

Esattamente come non è certamente seria la tesi di chi sostiene la pace, fino a quando non si troverà qualcuno, che sia di buonsenso e non da ricovero, disponibile a sostenere la guerra: ovviamente si tratta di un paradosso. Dunque il problema non è affatto l’acclamazione teorica e scontata della pace, né lo è la deplorazione altrettanto teorica e scontata della guerra. Il problema vero, infatti, è come fare a mantenere la pace, che non risulta per nulla acquisita, come non lo è la libertà e la democrazia, oppure come impedire lo scatenarsi della guerra.

Ed inoltre è ancora più importante riuscire ad individuare in che modo si possa mantenere, o ripristinare, la pace e fermare la guerra, quando la guerra è già in corso e non accenna affatto a concludersi. A questo punto le “anime belle” sostengono che “è necessario avviare soluzioni diplomatiche, che conducano al cessate il fuoco”. Ma che brave! A queste “anime belle”, pertanto, chiedo se gli sia mai capitato di intraprendere una lite condominiale o un contenzioso riguardante la propria abitazione o lo sviluppo della propria carriera, o qualsiasi altro conflitto riguardante argomenti di comune interesse. La risposta me la do da solo ed è no. Perché se la risposta fosse stata sì, fatte le debite proporzioni tra quello che è un conflitto armato e quella che è una qualsiasi vertenza da tribunale civile, simili soggetti, probabilmente, capirebbero che le vie diplomatiche si attivano se i contendenti, condomini o eserciti, esprimono la volontà di attivarle, altrimenti si tratta di mera utopia, buona solo per infervorare le “anime semplici” delle quali si è detto. Per quanto riguarda questo genere di individui, invece, ogni problema è risolvibile, purché non richieda il loro impegno, anzi, purché non richieda un impegno che vada oltre lo sventolio di qualche bandiera o qualche commento su facebook.

Come dice un mio caro amico, dal cui pensiero ho tratto questa considerazione, se c’è uno spreco, che sarà mai! Se c’è un caso di corruzione, non è il solo! Se c’è una guerra, che si faccia pace! Se in migliaia fuggono dai loro Paesi, che qualcuno li accolga! Se servono soldi, indebitiamoci e qualcuno pagherà. Il partito del non fare nulla, facendo finta di fare qualcosa, rischia di avere la maggioranza assoluta, almeno fino a quando non verrà il momento in cui bisognerà risolvere i problemi davvero. Allora sì che saranno guai, perché una gita in piazza e lo sventolio di qualche bandiera non saranno più sufficienti.