Editoriale

Se l’ignoranza rende tutti fratelli

Chissà perché spesso si dice che l’ignoranza rende tutti fratelli. Forse perché chi non sa, cioè l’ignorante, non ha la capacità di dominare gli altri e quindi nell’ignoto si convive tutti insieme.
L’ignoranza per i potenti ha un grande vantaggio: consente di dominare quelli che la possiedono e di indirizzarli secondo i propri interessi. Chi la possiede, infatti, non fa domande chiarificatrici, anche perché non si pone domande. Gli ignoranti vivono nel loro brodo e riescono a essere contenti ricevendo il minimo di sussistenza, perché non guardano al di là del loro naso.

Gli ignoranti sono colpevoli perché restano tali? La risposta è: sì e no. Non sono colpevoli se l’ambiente nel quale nascono, crescono e vivono non ha consentito loro di approdare alla conoscenza; sono colpevoli se comunque, anche nelle condizioni più difficili, non tentano di uscire dalla melma.

Ai tempi della Bibbia l’ignoranza era diffusissima, prendeva forse i nove decimi della popolazione e consentiva ai ricchi e ai potenti di vivere sulle spalle dei poveri, che a malapena riuscivano a mangiare.
Conseguenza: una serie di soperchierie e di prepotenze che gli ignoranti non riuscivano neanche a valutare, così si accontentavano di restare com’erano, senza sperare di emergere.

Qualcuno potrebbe osservare che oggi invece la conoscenza si è diffusa, per cui la massa degli ignoranti è diminuita fortemente e, per contro, quella dei sapienti è aumentata fortemente.
Non possiamo condividere totalmente questa ipotesi, perché ai nostri giorni non si è diffusa a livello planetario la sapienza o la competenza, quanto piuttosto l’informazione.

L’abbiamo scritto più volte: quell’informazione che ciascun detentore di uno smartphone può assumere dalla rete, da sola, non basta a far crescere la capacità di valutazione del singolo, perché gli mancano gli strumenti cognitivi mentali per potere collegare le informazioni fra di esse, in modo che dai punti si passi alle rette. In poche parole, troppo spesso, manca il metodo.

Cos’è che invece conferisce sapienza e aumenta la capacità di ragionare, di riflettere e di costruire il futuro? I libri. I libri di tutti i tempi, di tutte le lingue, di tutte le culture. Insomma, quella fonte inesauribile di conoscenza, di pensieri, di modi di ragionare, di abitudini, di costumi che fanno capire come vanno gli eventi e quindi come probabilmente andranno nel futuro.

Per cui, anche oggi, nell’era dell’informazione, sono a confronto due fonti importanti: i siti web e i libri.
Spesso questi ultimi sono anche riprodotti nei siti web. Non soltanto, ma sono anche riprodotti fonicamente. Esistono infatti gli audiolibri, cioè registrazioni che si possono ascoltare in cui attori di vario genere recitano i volumi in questione. Ma consentite a un vecchio lettore di libri di carta di dire che ascoltare un libro e leggerlo sono due comportamenti profondamente diversi e due modi di relazionarsi alla lettura profondamente diversi.
È anche diverso leggere un libro su un supporto digitale piuttosto che cartaceo, anche perché la lettura sullo schermo è stressante e faticosa per la vista, in quanto, com’è noto, vi sono più immagini al secondo che si susseguono sullo schermo, che ci sembra statico.

La questione che vi proponiamo in questo editoriale non è secondaria, perché balza evidente agli occhi di tutti: chi conosce e ha in mano il progresso, ha il dominio sugli altri, mentre questi ultimi sono destinati a soccombere.

Vero è che i primi fanno di tutto per illudere i secondi con manovre illusorie e giochi di prestigio di diverso tipo, in modo da fare apparire ciò che non è, ma è anche vero che chi non ha conoscenze, cioè chi ignora, è facilmente illudibile in quanto non ha i requisiti per capire le dinamiche cicliche degli eventi.

Se ci pensate, in fondo, questo è il nocciolo della questione: la capacità di vedere la realtà, che deriva dalla conoscenza che abbiamo incamerato nel corso degli anni, dalla prima elementare, e dal metodo di immagazzinamento e di elaborazione di questa conoscenza.