Giuseppi Conte come Enrico Montesano nel film di Corbucci, aspirava a passare da sconosciuto avvocato del popolo a Elevato dei 5stelle, in un percorso di ascendenza nobiliare favorito dal Garante massimo Beppe Grillo.
Ma costui, al contrario di Gassman, dà un calcio alle ambizioni di scalata del Ciuffo imbrillantinato e lo derubrica a barocco avvocaticchio senza visione e senza abilità decisionali.
In questo devo dare ragione a Grillo. Sfido chiunque a spiegarmi la visione politica di Conte, in cui è buono il bianco e pure il nero, è buona la sinistra e pure la destra, in un gioco qualunquista che Gaber espresse bene nella sua canzone il Conformista.
Giuseppi Conte è conforme a qualsiasi cosa lo tenga appeso al suo ruolo di mediatore senza una scelta chiara e programmatica. Il problema è che la politica non è un arbitrato civile o una mediazione familiare. La politica è oppiacea e deve produrre nei cittadini esattamente la visione di cui parla Grillo. Li deve sedurre, illudere, suggestione, deve narrare un’avventura con un lieto fine, deve generare paure e quindi difese, deve portarci in un altro futuro, possibilmente migliore.
La politica non ha codici o bon ton, ha intuito, esperienza, spregiudicatezza e decisionalità, impulso e prudenza. Ma soprattutto ha bisogno di pratica, tanta pratica, che non si improvvisa per cooptazione.
Ha bisogno di coraggio e attributi, più che di supponenza e fazzoletti da taschino.
Conte ha dimostrato, pensando che un destino favorevole gli avesse fatto ereditare un partito, grande ingenuità a pensare che il fondatore gli regalasse il movimento. E tutto questo puntando sulla voglia di poltrona dei parlamentari Grillini. Una voglia che agli occhi degli elettori è la massima colpa della casta contro cui è nato il movimento.
Ma soprattutto ha sottovalutato uno scugnizzo furbo, proveniente dalla strada, che lui professore non ha mai calcato, uno che prima di tutti intuendo l’evoluzione del gioco, si è tolta la cravatta ed ha fatto cadere come birilli tutti quelli che lo volevano sostituire come capo politico. Di Maio oggi senza aver chiesto nulla erediterà di nuovo il ruolo di capo del movimento, per la seconda volta in una legislatura.
Conte ha sbagliato analisi e tempi. Un suo movimento poteva farlo un anno fa non oggi. Oggi si ridurrà a fare il mediatore dell’ansia di sopravvivenza di un gruppo di parlamentari senza storia, radicamento e visioni della società. Di fatto un liquidatore di seggi parlamentari. Conte era e rimane un conte tacchia.
Gatto Silvestro