Pezzi di Pizzo

Il gusto siciliano del rimpasto

Rimpastiamoci così, indefessamente. Se un fornaio di Palermo impastasse e rimpastasse senza tregua, ne mangeremmo mai pane? La politica siciliana ha questo gusto immarcescibile per fare e disfare governi, assessorati, sottogoverni. Tra poco si occuperà pure dei condominii. Si potrebbe fare una norma regionale che commissari tutti i condominii dell’isola, creando nuovi posti di sottogoverno per amici e parenti.

Ma voi avete mai sentito Zaia o Fedriga che annuncino rimpasti, verifiche di maggioranza, ritocchi e ritocchini, manco fossero Barbara D’Urso? La si sceglie e si governa. Punto.

Da noi dopo il turno delle amministrative è tutto un susseguirsi di sussurri e grida bergmaniane che parlano di rimpasto alla Regione. Un Governo, che ricordiamo, varato appena sei mesi fa, e che ha già avuto un arrocco scambiando due deleghe, Turismo e Beni Culturali, in una sorta di minuetto della Fratellanza. Ma perché ci si dovrebbe rimpastare? Si cambiano assessori se hanno svolto inadeguatamente il loro compito. In quel caso vuol dire che ha sbagliato chi li ha scelti. Non ne ha pesato le precipue capacità.

In questo caso invece ci si rimpasta per un gioco eterno di pesi e contrappesi, di chi avanza sul terreno della rappresentanza e chi arretra, di chi sta con chi nelle varie faide locali. Ma è il Governo, gli obiettivi, i target da raggiungere? Ma chissenefrega! Non siamo mica qui per governare, per dare risposte ai siciliani.

Noi uomini politici siciliani siamo Parmenidei, per noi conta l’Essere non il Fare, che peraltro è cosa volgare. Il fare lasciamolo a quei gretti veneti o ai laboriosi romagnoli. Noi della gens dell’Homo Politicus siciliano siamo i Fornai dell’universo, e passiamo il nostro tempo di semidei tra farine e acqua, sale e forza di gomiti, impastiamo e rimpastiamo. Ma sto pane di Governo, come la tela di Penelope, non lievita mai.

Cosi è se vi pare