Editoriale Raffaella Tregua

Il “non voto” di un Paese incurante della propria democrazia

Ieri nemmeno il 42% dei palermitani è andato a votare per le amministrative, col risultato di una scarsissima partecipazione che vede un 11% in meno di elettorato rispetto alla precedente tornata elettorale. Incredibile, nonostante le tante giuste ragioni che sono sotto gli occhi di ogni siciliano: pochi o nessun servizio, “munnizza” alle stelle, controllo del territorio invisibile, una Politica in competizione col fantasma del Louvre e molto di più. 

Ma non si può accettare, nonostante le sacrosante ragioni, che i cittadini abbiano rinunciato ad esercitare quel diritto fondamentale che li rende liberi, che consente di stabilire chi può e deve governare, che offre l’opportunità tramite il voto di esprimersi democraticamente. Questo è l’unico punto che conta davvero perché quando nella vita si rinuncia a qualcosa, quel qualcosa si perde per sempre. Rinunciare al voto non rappresenta una qualsivoglia forma di protesta, rappresenta piuttosto un’indifferenza devastante e preoccupante di un popolo che ha smesso di sognare. Solo chi continua a sognare, può ancora credere fermamente di riuscire a cambiare le cose dando un contributo. Invece chi ha rinunciato, ha lasciato che ogni cosa vada secondo il suo andazzo qualunque esso sia.

Scandaloso il comportamento dei 174 presidenti di seggi palermitani che non si sono presentati, tanto da costringere il presidente Musumeci a chiedere una proroga al Viminale per tenere aperte le urne anche oggi. L’ex rettore Lagalla, candidato del centrodestra, è in vantaggio sul presidente dell’Ordine degli architetti Miceli, candidato del centrosinistra, ma quale risultato potrà mai venire fuori se il 58% dei palermitani non si è espresso? Cioè la maggioranza della popolazione… E come essa si sentirà rappresentata se non ha contribuito col suo voto a esprimere il sindaco?

Altro tema caldo, anzi caldissimo, ma con il medesimo comune denominatore, la scarsissima affluenza, poco sopra il 20% a livello nazionale, per il referendum. Appena un elettore su quattro è andato a votare i cinque quesiti sulla giustizia. Forse ci si è abituati a essere liberi di vivere, esprimere le proprie idee, scegliere senza costrizione. Forse dopo aver scelto con referendum tra monarchia e Repubblica si è creduto che si era già compiuto il miracolo. Non funziona così. I miracoli vanno compiuti ogni giorno dando cura e attenzione a ciò che si ama, va coltivato ogni valore in cui si crede, va sostenuta con atti concreti quella democrazia che se trascurata diventa abitudine. Sostenuta utilizzando ogni strumento che essa ha messo a disposizione del cittadino affinché dal confronto e, a volte, dallo scontro, possa crescere, evolversi, orientarsi per dar vita ad uno Stato sempre più attento alle esigenze del suo demos, del suo popolo.

Mi colpisce raffrontare l’indifferenza del non voto di ieri con la forza, l’unione, il patriottismo del popolo ucraino che difende con ogni mezzo la propria libertà. Forse dovremmo ricordare “Bella ciao” e imparare la lezione.