PALERMO – “In Sicilia il Movimento 5 stelle gode di ottima salute”. Salvatore Siragusa, deputato questore in quota 5 stelle all’Ars, la questione la chiuderebbe così. Con una previsione che, seppur ottimistica, non si allontana dalla realtà.
“Lo abbiamo visto alle nazionali – rincara la dose – dove, solo in Sicilia, orientativamente abbiamo preso circa il 44 per cento dei consensi”. Il deputato rievoca anche il crollo (17 per cento) delle ultime elezioni Europee, quando solo meno della metà di chi nel 2018 aveva votato i pentastellati ha confermato il proprio consenso: un elettore su dieci, invece, si è spostato sul Partito democratico. “Sebbene il risultato nazionale non sia stato esaltante – spiega Siragusa – sull’Isola siamo riusciti a tenere botta”.
Nella Circoscrizione Isole, infatti, il Movimento è riuscito a sfiorare il 30 per cento dei consensi: un risultato superiore alle aspettative, ma inferiore del 10 per cento rispetto a quello raggiunto alle nazionali del 4 marzo 2018. Ma cosa è cambiato rispetto a un anno fa, quando il Movimento, a livello nazionale, godeva del 33 per cento dei consensi? “Nulla di particolare”, secondo Siragusa. “Abbiamo sempre cercato di creare una rete e stare vicino ai territori per avere un rapporto costante tra attivisti e portavoce”.
A pensarla diversamente, invece, è Federico Pizzarotti. Eletto sindaco di Parma nel 2012 e riconfermato nel 2017 (non con il Movimento), lo scorso febbraio, è stato lui a dichiarare che “molti sindaci pentastellati si sentono abbandonati e scaricati dai portavoce istituzionali” e, a confermare la tesi – almeno per quanto riguarda il periodo iniziale del Movimento – è l’ex sindaco di Ragusa, Federico Piccitto.
Con un passato da primo cittadino e un presente da “semplice attivista”, l’ex inquilino di Palazzo di città sostiene “che c’è stato e persiste ancora un gap nella catena di organizzazione” dovuto al fatto che “tutti i protagonisti delle precedenti competizioni elettorali sono stati catapultati in realtà che conoscevano poco”.
Condizione, questa, che Siragusa non smentisce e che imputa alla “traslazione” da attivisti a portavoce e che, “inevitabilmente” ha comportato una diminuizione numerica sul territorio. “È difficile – spiega il deputato – coordinare centinaia di portavoce nazionali e migliaia di consiglieri comunali. Non basta più una chat o una telefonata, è necessario un cervello che coordini tutto”.
Dando un’occhiata alla presenza territoriale dei 5 stelle nell’Isola, allargare gli orizzonti sembra l’unica possibilità per cercare di non rimanere indietro nella Regione che rappresenta la roccaforte del Movimento. A oggi il numero di Amministrazioni siciliane a 5 stelle è pari a dieci, di cui tre in provincia di Trapani (Alcamo, Castelvetrano e Pantelleria), una in provincia di Siracusa (Augusta), due a Catania (Acireale e Grammichele), due in provincia di Agrigento (Favara – dove però è stata presentata una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco Anna Alba – e Porto Empedocle), il Comune di Caltanissetta, e una in provincia di Enna (Pietraperzia).
Tra le Amministrazioni perse, invece, si contano Gela (Cl), Bagheria (Pa) e Ragusa. Poi, come detto, c’è il caso Favara (Ag). Nel Comune enclave della prima ora del M5s, che conta poco più di 32 mila abitanti, i sette consiglieri pentastellati hanno firmato, insieme a quattro colleghi del gruppo Misto, la mozione di sfiducia nei confronti di Anna Alba, M5s anche lei ed eletta tre anni fa. Nelle scorse settimane, la rivolta dei consiglieri, che contestano al sindaco “la mancata attuazione del programma elettorale proposto alla città” e “il mancato coinvolgimento dei consiglieri del Movimento nelle scelte politico-amministrative”.
Favara è sempre stata considerata un’enclave della prima ora del M5s, ma per Siragusa le sconfitte vere e proprie sono quelle di Bagheria e Ragusa. Gela, invece, “l’abbiamo persa da molto tempo”. Domenico Messinese, ex sindaco della città in provincia di Caltanissetta, è stato espulso, per “mancata rinuncia al 30% dell’indennità” e per incompatibilità con la politica ambientale dei 5 stelle, un anno dopo la sua elezione. Successivamente ha governato fino alla mozione di sfiducia “ma era già fuori dal Movimento”.
Tra i Comuni aggiudicati dai 5 stelle si aggiunge “tecnicamente” anche Casteltermini (Ag) “dove – spiega il deputato questore Ars – viviamo una situazione al limite con la fantascienza”. Il piccolo centro di quasi 8 mila abitanti si trova da più di un mese senza sindaco: lo scorso 23 agosto la Corte di appello di Palermo dichiarò l’ineleggibilità del sindaco in carica, Gioacchino Nicastro, comportando il subentro del candidato M5s sconfitto, Filippo Pellitteri. Nicastro, assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, ha proposto un ricorso chiedendo la sospensione dell’esecutività del pronunciamento. I legali hanno sostenuto che, “nell’ambito della legislazione regionale, l’unica conseguenza della decadenza del sindaco è l’indizione di nuove elezioni, e che nelle more di una nuova competizione elettorale deve essere nominato, dall’assessorato regionale competente, un commissario straordinario in luogo del sindaco e della Giunta decaduti”. La Corte d’appello ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecutività della pronuncia e adesso si attende la nomina, da parte della Regione, di un commissario straordinario che gestisca il Comune fino alle nuove elezioni. “Servirebbe un costituzionalista – ironizza Siragusa – per sciogliere il bandolo della matassa, ma al momento l’attività amministrativa del Comune è attaccata al palo”.
Insomma, al di là della classica legge dell’alternanza (che tende sempre a favorire, nelle preferenze degli elettori, chi fa opposizione), è innegabile che i 5 stelle, nelle loro esperienze amministrative siciliane, abbiamo subito una sorta di logoramento da potere, perdendo quella compattezza che, stando all’opposizione, non era mai venuta meno.
D’altronde, anche a livello nazionale, soprattutto dopo l’accordo con il Pd, la solidità dei pentastellati sta vacillando in modo evidente. Basti pensare a quanto sta accadendo in Senato, dove alcuni rappresentanti del gruppo M5s pare stiano lavorando su un documento per chiedere a Di Maio un passo indietro: “Dobbiamo riportare la democrazia nel Movimento”, ha affermato il catanese Michele Giarrusso, che ha invocato il ritorno sulla scena di Beppe Grillo.
“Il potere logora chi non ce l’ha”, disse una volta Giulio Andreotti. A volte, però, pare sia in grado di logorare anche chi è riuscito a conquistarlo.
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RAGUSA – “Ormai sono un osservatore esterno, casa e famiglia. Seguo tutto attraverso i giornali, ma al momento resto in panchina”. Federico Piccitto, ex sindaco di Ragusa, non ha l’atteggiamento di chi è in rotta di collisione con il partito che ha inaugurato la sua carriera politica. Ma a tratti, mentre lo ascoltiamo, le sue parole ricordano il discorso di Alessandro Di Battista in occasione del suo “arrivederci” al Parlamento italiano. Abbiamo chiesto all’ex primo cittadino del Comune ibleo di raccontarci la sua esperienza alla guida dell’Amministrazione e analizzato con lui le cause che hanno portato il M5s a perdere più del 10 per cento dei consensi in un anno.
Qual è stata la sua esperienza da sindaco? I giornali hanno parlato di attriti e incomprensioni con i vertici…
“Ho sempre creduto che prima vengano i progetti e poi le persone. Non c’è stato nessun attrito. Dopo cinque anni faticosi ho deciso di riafatare e staccare la spina con la sicurezza che il gruppo avrebbe continuato il mio lavoro. Alle ultime Amministrative abbiamo perso circa mille voti. Un imprevisto che non avevamo valutato perché confidavamo nella riconferma, ma non ho subito alcuna pressione dai vertici, ho scelto io di non ricandidarmi”.
Sulla sua mancata partecipazione alle Europee? A un certo punto sembrava scontata. Cosa è successo?
“Questa è stata un’attribuzione errata. Per le votazioni on-line qualcuno ha scritto che mi sarei candidato. Possedevo i requisiti, ma ho deciso di non presentarmi. Nel momento in cui uno si ferma deve anche avere i motivi per riprendere. Ho scelto liberamente di non partecipare perché non lo ritenevo un passo da compiere. In futuro non escludo di dare nuovamente il mio contributo attivo. Se hanno bisogno, il mio numero è sempre quello”.
Dal 2013 a oggi sente lo stesso attaccamento al Movimento oppure qualcosa è cambiato?
“Sono cambiate tante cose. Nel 2013 aggiudicarsi la guida del Comune è stato un fatto eccezionale e un banco di prova per intraprendere percorsi alternativi e innovativi. Io ho vissuto una fase diversa, quella degli albori. Oggi, essendo al Governo, siamo nella condizione di poter incidere nel concreto e per le persone”.
“I sindaci del M5s sono stati abbandonati, in alcuni casi addirittura scaricati”. Concorda con le dichiarazioni rilasciate all’AdnKronos lo scorso 19 febbraio dal sindaco di Parma, Federico Pizzarotti?
“Io credo che ci sia stato e ci sia un gap nella catena di organizzazione, che adesso si vuole colmare. Servono interventi di programmazione con un riscontro immediato nell’attività governativa. Questo è quello che è mancato all’inizio, quando tutti i protagonisti sono stati catapultati in realtà che conoscevano poco”.
Lei si è mai sentito abbandonato o scaricato in qualche occasione?
“Ci sono stati dei momenti in cui si è fatto fatica a trovare risposte e soluzioni. Ma la difficoltà di dialogo è derivata principalmente da una mancanza di organizzazione. Adesso su questo c’è una maggiore attenzione perché c’è la voglia di colmare questo gap. E la scuola Open Comuni è un passaggio fondamentale”.
Alla luce degli ultimi risultati elettorali e degli annunci di riorganizzazione, in quali condizioni si trova il Movimento 5 stelle?
“Abbiamo già votato su Russeau una proposta a firma Luigi Di Maio con cui si dovrebbe attuare una riorganizzazione strutturale del Movimento. Ma tra crisi di Governo e altro si è bloccato tutto. Adesso bisogna completare questo processo”.
E in Sicilia?
“Dal punto di vista dei numeri, il Movimento sembra stabile e il consenso è stato mediamente alto. Attraverso l’apertura alle liste civiche e la riorganizzazione stiamo cercando di superare le difficoltà riscontrate alle elezioni amministrative e regionali”.
Quali sono gli strumenti per risolvere queste difficoltà?
“Prima di tutto la formazione. Elemento fondamentale per far bene le cose. Senza si rischia di pagare il prezzo dell’inesperienza. Per questo guardo con ammirazione al progetto Open Comuni, per cercare di fare una formazione politica di candidati ed eletti”.
Quali sono i motivi per cui l’M5s ha perso consenso?
“L’alleanza con la Lega è tra i motivi determinanti. Abbiamo perso terreno sui nostri temi”.
Può aver pesato lo stop all’autorizzazione a procedere deliberata in Senato nei confronti dell’ex vice premier Salvini sul caso Diciotti?
“Quello è stato un elemento importante, ma rappresenta pur sempre una decisione attuata attraverso il voto su Rousseau e quindi secondo il principio democratico. Se la base ha deciso, la decisione è valida. Non so se col senno di poi oggi si farebbe diversamente, considerato come si è comportato Salvini”.
Salvini adesso è all’opposizione. Teme che possa incrementare ancora il proprio consenso?
“Salvini non ha mai smesso di fare opposizione. Anche al Governo non ha fatto altro. La sua forza è la capacità di intercettare il malessere delle persone. L’unico modo per contrastarlo è risolvere i problemi. Se si riesce a lavorare bene e in fretta, credo che non abbia possibilità di crescita”.
Tra il Governo GialloVerde e il Governo GialloRosso?
“Al momento il Governo con il Pd sta muovendo i primi passi. Le premesse sembrano far pensare che si possa lavorare bene. Dal punto di vista del carico di lavoro e iniziative il Movimento è stato il motore del Governo GialloVerde. Ora bisogna vedere se il Pd ha intenzione di mettersi sul serio a lavorare o deragliare come ha fatto Salvini”.