Tanti commentatori, attivisti, giornalisti schierati a sinistra si sono sperticati ieri per gridare all’attentato alla democrazia.
Cosa è successo? La strana coppia Salvini&Meloni hanno chiesto formalmente a Silvio Berlusconi di rappresentare il centrodestra al Colle Quirino. Lui si è preso qualche giorno per sciogliere la riserva.
Retroscena furenti hanno tacciato la questione o di sottomissione o di compravendita. Il Caimano è tornato! L’Immorale al Quirinale!
Al di là che l’Immorale sa molto dell’Immortale messo in scena da Marco D’Amore alias Ciro di Marzio, aumentando la leggenda sulla soprannaturalità di Berlusconi, ma sfugge a questi aedi della Giustizia e Libertà, per insipienza o riflesso condizionato, il contesto complessivo della vicenda.
Primo, il centrosinistra politico, abbastanza muto in questi giorni, a meno di dichiarazioni di facciata, non ha il pallino del gioco che ha detenuto per svariati lustri.
Secondo, Salvini&Meloni non si intendono suicidare, sono ancora troppo giovani per farlo.
Terzo, sono successe altre due cose oltre l’incoronazione pubblica in casa centrodestra di Berlusconi. Salvini, d’accordo con Renzi, annuncia un rimpasto con i segretari di partito dentro al governo. Gianni Letta si reca a Palazzo Chigi.
Questo quadro di movimenti fa capire che il centrodestra, con il silenzio complice, fatto osservare dai commentatori più smaccatamente sinistrorsi, ha raggiunto una quadra sul dopo Quirinale e Letta, quello più politicamente attrezzato lo comunica a Draghi.
Silvio Berlusconi non è il caimano o il tiranno della democrazia. Ha tentazioni sia goliardiche che narcise. Sa che il suo ruolo in questa fase della Repubblica non è quello del divisore, lascerebbe un’eredità di macerie faziose. Lui intende avere un tributo d’onore per l’ultimo torneo da Primo Cavaliere della Repubblica, il Lancillotto di un popolo che si riconosce in parte nella sua sfrontatezza e suadenza. Vuole l’onore delle armi da combattente strenuo che è sempre stato. Il primo riconoscimento pubblico è già arrivato dai vertici del Ppe che non sono dei loschi avventurieri.
Nonostante l’età si riconosce più nel fascino di Richard Gere che nella venustà di Sean Connery nel famoso film. E poi le parti del cornuto non gli vengono bene, semmai al contrario.
Ha concordato con i suoi alleati il ruolo di mazziere per appoggiare il vero Artù, l’uomo che ha scardinato dalla roccia infausta della politica italiana Excalibur, la spada della credibilità, interna ma soprattutto esterna. Ma Silvio Lancillotto vuole il favore di Ginevra, l’Italietta storica che plaude a lui come lo Statista della Repubblica, l’uomo che infilza la Sinistra e consegna il Paese ad una nuova Camelot. A questo è servita l’ambasciata di Parsifal Letta al Palazzo di Artù Draghi.
Vuole cambiare la percezione storica, per i posteri, della sua avventura politica che da guascona e corsara, anticomunista, si trasforma in costruzione di pace e sviluppo.
Lui sarà il mazziere, ma le carte le stanno dando il machiavellico Guelfo Renzi ed un Salvini Redivivo. Loro hanno in mano il nome per la successione di Draghi a Palazzo Chigi, e non mi stupirei che fosse un nome del Pd, da cui il silenzio obbligato dei democratici.
Cosi è se vi pare.
Giovanni Pizzo