Si parlava di rimpasto da mesi, forse dall’inizio della legislatura, si era detto subito dopo le europee, immediatamente dopo, improcrastinabile, sembrava. Ma dopo oltre un mese tutto tace, nulla è più rinviabile in Sicilia delle urgenze, ci sono assessori da sostituire da tempo, altri che sono andati via a Bruxelles, altri ancora che il presidente Schifani non digerisce o non ritiene che abbiano fatto un buon lavoro. Poi ci sono le esigenze degli alleati, che premono, anche in considerazione dei voti portati al partito del presidente Schifani, e che vogliono crescere in giunta qualitativamente o numericamente. E poi ci sono le grane irrisolte, che noi auspichiamo diventino emergenze, senza emergenza non c’è portanza nelle vele amministrative siciliane.
Ma intanto tutto tace, sopito, inabissato, come un cetaceo sott’acqua, a cercare accordi per sopravvenienza, sopravvivenza, per logoramento delle pretese, delle aspirazioni, dei desiderata. Tutto deve tornare alle origini del patto di legislatura, senza che Kronos incida, senza che i posizionamenti cambino i rapporti di forza, perché in caso contrario il tutto non si tiene, e per una legge siciliana della politica la somma delle parti da un risultato minoritario.
Il rimpasto, parola temuta ed al contempo desiderata, deve rinculare, ragioni di maggioranza, seppur relativa, devono prevalere, l’ottimo è il contrario del buono, e non la sua evoluzione. Ed il buono si raggiunge solo con lo sfinimento dei desideri e delle aspettative. Anche di noi siciliani purtroppo.
Così è se vi pare