Cultura

Il rock dei Frijda in attesa di tornare live sul palco

I Frijda sono una band composta da Giancarlo Sciacca alias Thor alla voce, Gaetano Giuttari alle chitarre, Adrian Rus alle tastiere, Domenico Cottone al basso ed Edoardo Bonanno alla batteria.

Il genere che si professano di suonare è il “Rock”, un rock che ha le sue fonti di ispirazione nelle band storiche statunitensi e britanniche che hanno colpito la loro adolescenza, adattato all’evolversi del tempo e alle concezioni musicali dei nostri giorni e del nostro paese.

Sin da subito la Band ha iniziato un percorso live molto intenso tra locali, piazze e concorsi ottenendo sempre un grande consenso grazie al sound accattivante e al carisma del proprio leader. Hanno molte collaborazioni all’attivo: hanno aperto i concerti di Mario Venuti, Le Vibrazioni e Lucio Dalla.

Attualmente la Band sta collaborando con l’etichetta OnTheSet di Luca Venturi, famoso produttore discografico. I singoli finora pubblicati sono: “Mentre muori di piacere”, “Lo dedico a te”, e “Ruggine”.

In attesa di ascoltare il nuovo album, la cui uscita è prevista entro la fine del 2021, abbiamo intervistato Giancarlo Sciacca, leader della band, che ci ha raccontato chi sono i Frijda.

Da diciotto anni i Frijda sono una band siciliana e stimata, ma com’è cominciato tutto?

“Questa favolosa avventura ebbe inizio nel lontano 1999.

Facevamo cover, come la maggior parte delle formazioni giovanili, ma a me stava tutto stretto: scrivevo da tempo poesie e avevo voglia di far uscire la parte che, forse per timidezza, non riuscivo a far emergere.

Così, nel lontano 2003, iniziai a far suonare le mie canzoni ai miei compagni d’avventura e prese vita, ufficialmente, quello che, tuttora, è il nostro progetto.

Abbiamo arrangiato i primi brani, avviato un’intensa attività live che ci ha portato in giro per l’Italia e non siamo più riusciti a smettere.

La musica è una brutta droga: non ne puoi uscire facilmente. Sono felice di esserne totalmente dipendente”.

Si dice che un nome un destino. Perché avete scelto di chiamarvi Frijda?

“La motivazione è abbastanza chiara: è un omaggio alla pittrice messicana Frida Kahlo.

Ho avuto la fortuna di poterla studiare durante il mio percorso universitario e me ne innamorai subito. Una grandissima donna.

Amo quegli artisti che hanno qualcosa da dire, che sanno manifestare il proprio malessere senza vergogna; perché l’arte deve essere sincera, altrimenti è un prodotto senza anima.

Inizialmente, il nostro nome era “Frida”; poi, qualche anno fa, decidemmo di aggiungere la “j” in seguito ad una rifondazione totale del gruppo per evidenziare, simbolicamente, il cambiamento avvenuto”.

Nella vostra carriera musicale, tante collaborazioni e momenti fondamentali. C’è qualche aneddoto che ricordate ancora con emozione o con orgoglio?

“Siamo stati abbastanza fortunati nel poter condividere il palco con diversi artisti di livello; non capita a tutti.

Abbiamo aperto concerti a Le Vibrazioni,  a Franco Battiato, ad Alex Britti, a Mario Venuti e ricevuto tanti riconoscimenti e complimenti, ma mai dimenticheremo l’incontro a Piazza Armerina con Lucio Dalla.

Era il 2007, mi contattò, telefonandomi a casa, l’On. Vittorio Sgarbi (rispose mia sorella e, pensando fosse uno scherzo, riaggancio il telefono in malo modo), che allora, essendo l’Alto Commissario per la Villa Romana del Casale, stava organizzando un concerto per attirare l’attenzione politica sulle meraviglie siciliane da preservare.

Il primo contatto con Dalla avvenne telefonicamente e servì per coordinarci sui tempi a nostra disposizione e lui, con estrema gentilezza, mi disse che avremmo dovuto “darci del tu” e con queste testuali parole: “Il concerto è vostro, quando vi stancherete, salirò io!”, mi diede appuntamento per stringerci la manco poco prima dell’inizio del live.

Di presenza, confermò quanto detto, ma noi, per rispetto, non andammo oltre i due brani.  Fu giusto così, ma questo suo atteggiamento mi servì da grande insegnamento”.

I Frijda vivono soprattutto di live che sono stati annullati a causa della pandemia. Come avete vissuto questo periodo, musicalmente parlando? In cosa la pandemia ha influito sul modo di fare musica dei Frijda?

“Noi, come band, abbiamo subìto un danno economico notevole, ma la cosa che ci fa soffrire maggiormente è l’impossibilità a stare “su palco”.

Così, giorno 12 febbraio, in accordo con il nostro produttore Luca Venturi, abbiamo deciso di pubblicare un nuovo singolo, “Ruggine”, per dire la nostra su questo periodo surreale.

In realtà, il brano lo scrissi circa 10 anni fa per parlare di un periodo estremamente brutto della mia vita, in cui ho visto crollare tanti punti fermi.

Ho scelto il titolo “Ruggine” perché ho sempre considerato la ruggine come qualcosa che scava dentro in maniera subdola, senza lasciare per forza segni visibili all’esterno; e, come ferro, che prova a resistere alle intemperie dell’esistenza, l’uomo si ritroverà indebolito dalla ruggine che ne corroderà l’anima, destinandolo, all’interno della lotta per la sopravvivenza, per la quale è stato creato, al ruolo di chi dovrà, semplicemente, perdere.

Abbiamo deciso di “tirarlo fuori dal cassetto” e dedicarlo alla nostra terra  e pubblicarlo con lo scopo di generare una reazione alla vita e alla voglia di non mollare mai”.

All’attivo avete tre singoli usciti dal 2018 in poi ossia “Mentre muori di piacere”, “Lo dedico a te” e “Ruggine”. Ci raccontate il lavoro fatto sui testi e sugli arrangiamenti?

“Ogni nostra canzone, pubblicata o non ancora, deve avere delle caratteristiche ben precise; prima fra tutte, la sincerità.

Solitamente, scrivo io sia testi che musiche, e poi insieme costruiamo la canzone in base alla sensazione del momento di ogni elemento; anche quando il brano venga scritto da qualche altro elemento della band o da qualche autore esterno, cerco sempre di avere carta bianca sui testi per quel concetto di sincerità di cui ti parlavo poco fa.

Nel caso dei brani da te citati, c’è stato un lavoro molto articolato e ogni brano ha subito diversi arrangiamenti prima di trovare il “vestito” definitivo.

Componente fondamentale è la collaborazione con il grandissimo Carlo Longo, La sua estrema competenza musicale, legata alla sua sensibilità artistica, riesce sempre a trovare quel dettaglio capace di rendere ogni brano unico. Sicuramente, il lavoro finora più entusiasmante è stato “Ruggine”. Testo in siciliano, riferimento letterario sicilianissimo, mancava soltanto dare spazio ai suoni della nostra tradizione: ecco che, provvidenzialmente, appaiono sulla nostra strada i ragazzi della Piccola Orchestra Jacarànda, un gran bel progetto-scuola, nato per tutelare il nostro patrimonio musicale, sempre più a rischio.

Abbiamo trovato anche il modo di inserire una figura tipica, quale quella del “cuntastorie”, ruolo naturale per il grande Melo Zuccaro, che ha dato quel tocco in più, rendendo tutto veramente siculo.

Un ringraziamento particolare devo farlo a chi ha reso possibile questo incontro musicale, vale a dire Luca Recupero e le Associazioni AME e MoMu”.

Molta attenzione riponete sui video musicali, ambientati nella zona ionica etnea. Secondo voi quali sono le cose in comune tra la vostra musica e le location scelte per i video?

“Siamo siciliani, catanesi e amiamo far vedere al resto del mondo lo splendore che ci circonda.

Abbiamo girato un videoclip sull’Etna (“La giostra dei piaceri”); uno tra la zona del porto e il quartiere San Berillo (“Mentre muori di piacere”); per concludere con il video girato ad Aci Trezza, città dei Malavoglia (“Ruggine”).

Solo nel video di “Lo dedico a te”, abbiamo scelto un posto in maniera molto precisa. Trattandosi di un brano dedicato alla musa della Musica, Euterpe, ed essendo una sorta di “preghiera”, nella quale cerchiamo il contatto con chi dovrebbe darci tante risposte, dopo quasi 20 anni di vita “on stage”, non potevamo scegliere posto migliore del mitico locale “Waxy o’Connor’s”: il tempio della musica live catanese, che ci ha visti crescere musicalmente. Eppure, ti dico che abbiamo “tradito” la nostra terra per girare un videoclip a Milano e che in progetto ci sono alcuni videoclip anche in Europa, ma ne parleremo a tempo debito”.

Le origini siciliane influenzano sulla vostra musica? E se sì, in che modo?

“Almeno musicalmente parlando, non credo che le nostre origini abbiano influenzato granché il nostro modo di fare musica.

Ogni elemento della band ha un proprio background, spesso composto da ascolti affini al genere che professiamo di suonare; quindi si parla, in linea di massima, di band inglesi, statunitensi e qualche band rock italiana”.

Entro il 2021 rilascerete il vostro album. Potete svelarci qualcosa in anteprima?

“Con l’avvento della pandemia, nonostante fosse tutto pronto, siamo stati costretti a bloccar tutto. Le uniche notizie “tecniche” che posso dare sono queste: dovrebbe contenere 12 tracce e dovrebbe uscire in estate; c’è gran parte della nostra storia, quindi siamo impazienti di poterlo condividere con chi ci segue. Con il nostro produttore Luca Venturi e con il nostro ufficio stampa, Rec Media, abbiamo già iniziato a pianificare i vari step, per fare in modo che tutto sia curato nei dettagli. In fondo, sono quelli a fare sempre la differenza. Non ti nascondo che già abbiamo iniziato a lavorare sulle tracce del secondo album”.

Sandy Sciuto