C’è qualche cosa di peggio del dilagare degli scontri bellici ed è il dilagare dello spirito bellico, soprattutto in Paesi, come l’Italia, che stanno mostrando in questo ambito atteggiamenti semplicemente fanciulleschi nei più alti vertici politici e di mezzi nazionali di comunicazione. Eppure l’Italia sembrava avere chiuso con le guerre e lo spirito bellico sancendo questa chiusura con l’articolo 11, posto tra i principi fondamentali della Costituzione nel quale “l’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Abbiamo assistito e stiamo ancora assistendo a un, almeno per me, sorprendente dilagare di spirito bellico tra governanti, stampa e buona parte del popolo, tutti apparentemente ignoranti del fatto che noi e in particolare il Nord Italia, per gli insediamenti militari che in esso si trovano si troverà in primissima linea in un folle scontro Nato–Russia. Mentre gli Stati Uniti staranno tranquilli, protetti dall’Oceano, dalla distanza e dalle avanzatissime difese tecnologiche, noi ci divertiamo a fare i servitori deli Stati Uniti che cercano nella guerra la risposta al loro declino. Buio pesto. Buio cupo.
Il grande tradimento dell’America è il suo rifiuto di accettare pacificamente, anzi di guidare, il passaggio verso un mondo multipolare che comporta sacrifici di potere e di livelli economici nell’ambito di una più equilibrata e responsabile suddivisione del mondo e in una prospettiva universale simile a quella evocata dai principi contenuti nell’art.11 della nostra Costituzione. Il grande tradimento della Russia è analogo a quello degli Usa, ma con minore responsabilità per il minor peso della sua economia nel quadro mondiale.
Ma il tradimento maggiore è quello dell’Europa. Il grande studioso, filosofo, religioso Romano Guardini (italiano di nascita e tedesco di formazione) il 28 aprile 1962, in occasione del Praemium Erasmianum a lui conferito a Bruxelles (presieduto dal principe Bernardo d’Olanda), tenne un mirabile discorso dal titolo: “Europa, Wirchlichkeit und Aufgabe” (“Europa, Realtà e Compiti”). In esso Guardini analizza il problema su chi riposi la maggiore responsabilità per un nuovo ordine mondiale in cui il potere sia domato e non degeneri in potenza incontrollata e quindi in violenza: “L’Europa ha avuto tempo per perdere le illusioni. Non sbaglio certo se penso che a essa è estraneo l’ottimismo assoluto, la fede nel progresso universale e necessario. I valori del passato sono ancora in essa così viventi che le permettono di sentire che cosa sta in gioco. Essa ha già visto rovinare tanto di irrecuperabile; è stata colpevole di tante lunghe guerre omicide, da essere capace di sentire le possibilità creatrici, ma anche il rischio, anzi la tragedia dell’umana esistenza. Nella sua coscienza c’è certamente la forma mitica di Prometeo, che porta via il fuoco dall’Olimpo, ma anche quella di Icaro, le cui ali non resistono alla vicinanza del sole e che precipita giù. Conosce le irruzioni della conoscenza e della conquista, ma in fondo non crede né a garanzie per il cammino della storia, né a utopie sull’universale felicità del mondo. Essa ne sa troppo. Perciò io credo che il compito affidato all’Europa – compito il meno sensazionale di tutti, ma che nel profondo conduce all’essenziale – sia la critica della potenza. Non critica negativa, né paurosa né reazionaria; tuttavia, ad essa è affidata la cura per l’uomo, perché essa ne ha provato la potenza non come garanzia di sicuri trionfi, ma come destino che rimane indeciso dove condurrà”.
Questo, magistralmente descritto da Guardini, sembrava essere il destino dell’Europa, la chiamata della storia per lei. E nel non aver risposto a questa chiamata della storia negli ultimi trent’anni è il suo grande e pericoloso tradimento, sicché la nostra sopravvivenza e quella dei nostri figli e nipoti è oggi molto a rischio.