In un’intervista rilasciata a “Il Giornale”, l’ex ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, non aveva utilizzato mezzi termini: “Altro che scostamento, questo è un affossamento”. Il riferimento è ai 250 miliardi di euro di garanzie dello Stato sui prestiti alle imprese durante il lockdown e che adesso potrebbero trasformarsi in crediti inesigibili e, quindi, in nuovo debito pubblico. Roba da far tremare i polsi e anche le gambe.
La scelta di erogare a oltre un milione di imprese finanziamenti di cui avrebbe poi risposto lo Stato risale al periodo più tragico dell’emergenza pandemica, quando il virus bloccò l’Italia e il mondo intero. Fin qui tutto giusto, tutto corretto perché, rispetto alla dichiarata volontà di metterci la faccia, lo Stato italiano non aveva altra scelta: bisognava agire e bisognava farlo in fretta. E solo lo Stato aveva la forza e l’autorevolezza per esporsi a un così grande rischio. Adesso però i nodi potrebbero arrivare al pettine.
Il Governo Draghi è corso subito ai ripari e, con l’articolo 42-quater della legge n. 142/2022 (cioè la legge di conversione del Decreto Aiuti-bis, Decreto-legge n. 115/2022) ha autorizzato la società Amco, controllata del ministero Economia e Finanze, a costituire uno o più patrimoni destinati per rilevare e gestire “crediti derivanti da finanziamenti assistiti da garanzia diretta del Fondo ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40”.
Proprio qualche giorno fa, in una intervista, Marina Natale, amministratore delegato di Amco, non ha nascosto le ambizioni della Società: “Vogliamo rendere sostenibile il nostro percorso di crescita – ha detto – in generale e non solo dal punto di vista finanziario”. “In questi anni siamo cresciuti moltissimo – ha poi sottolineato -. Siamo passati da 2 miliardi a circa 37 miliardi… CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI