ALCAMO (TP) – Ammonta a 3,6 milioni di euro la somma che il Comune di Alcamo deve ancora recuperare nei confronti di evasori e morosi per quanto concerne l’Imu dagli anni 2015 al 2018. Questo quanto certificato dagli uffici comunali del Servizio Imu, l’imposta comunale sugli immobili, che hanno effettuato una ricognizione in questi giorni anche ai fini del calcolo del cosiddetto Fcde, il fondo crediti dubbia esigibilità.
Si contano all’incirca 2.700 contribuenti che non hanno pagato quanto dovuto, con interessi e sanzioni che sono notevolmente lievitati. In questo calderone si parla di 323 mila euro frutto di queste ultime due voci, praticamente quasi il 10 per cento del totale dell’imposta da pagare al Comune. Si è arrivati a questi numeri in applicazione delle norme che regolano la materia: il tutto elaborato tenendo conto delle aliquote pro-tempore vigenti e anche delle relative detrazioni ed esenzioni stabilite in una delibera consiliare del 29 settembre 2015.
Da qui sono scaturiti gli avvisi di accertamento esecutivi dell’Imu relativi agli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. In tal senso gli uffici comunali hanno effettuato delle verifiche sulle posizioni contributive dei proprietari di immobili e delle aree del territorio alcamese, facendo leva sull’elenco estrapolato dalla procedura Maggioli, la ditta che gestisce per conto del Comune le varie banche dati, circa le posizioni anomale da controllare. In questo quadro è stato constatato che sono state commesse talune violazioni relative al versamento dell’imposta dovuta per gli immobili posseduti dai numero contribuenti. Il totale, per la precisione, ammonta a 2.596 cartelle con relativi avvisi di accertamento per un totale di 3 milioni e 615.335 euro. Questo malcostume diffuso di non pagare i tributi finisce anche con avere conseguenze sulle dotazioni di bilancio del Comune: non solo sul fronte dei mancati incassi, ma anche nel computo del calcolo dell’Fdce introdotto negli ultimi anni per effetto delle nuove norme che regolamentano la composizione dei bilanci degli enti locali.
Difatti l’accertamento complessivo è soggetto all’applicazione del 75,30 per cento per l’anno 2020 da contabilizzare quale fondo crediti di dubbia esigibilità, e questo quindi significa che il Comune sarà chiamato ad accantonare tale cifra in via prudenziale non potendo quindi spenderla. Così come è stato chiarito sul piano normativo nell’ambito delle riscossioni dei tributi, l’accertamento delle entrate da recupero evasione richiede solo la notifica dell’avviso di accertamento entro il 31 dicembre di ogni anno, quindi per essere considerato esigibile non è necessario che entro fine anno l’avviso sia diventato esecutivo, a seguito della decorrenza di 60 giorni dalla notifica al contribuente.
Il blocco della notifica degli atti di riscossione coattiva non interessa la notifica degli accertamenti esecutivi, secondo quanto chiarito sia dall’Agenzia delle entrate, con un’apposita circolare del maggio scorso, sia dal ministero dell’Economia e delle finanze che si pronunciò nel successivo mese di giugno. Da segnalare che dal 2019 ufficio Tributi e sportello unico per le attività produttive del Comune dialogano e questo ha portato a scoprire ad esempio centinaia di esercenti e imprenditori evasori della tassa sui rifiuti. “Fantasmi” che hanno creato un buco da circa un milione di euro. Per loro però finisce qui la pacchia. Sono state avviate le procedure di recupero: la somma raccolta servirà a ripianare i maggiori costi del servizio di raccolta dei rifiuti che sono maturati nel 2019 ed eviterà un aumento del tributo a chi invece onestamente e con sacrifici ha sempre pagato. Il lavoro porta la firma della neodirigente della Direzione 5 Riscossione entrate Tiziana Vinci che ha praticamente posto in essere le “misure correttive” che in materia erano state emanate dal segretario generale del Comune Vito Bonanno.