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In Calabria è crisi nera, arrestato il presidente del Consiglio regionale

In Calabria è buio pesto. Dopo il terremoto che ha coinvolto la sanità nei giorni scorsi, oggi è stata sganciata un’altra bomba sulla regione. I carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro e Crotone hanno arrestato il presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini (in foto), nell’ambito di un’operazione contro la cosca di ‘ndrangheta dei Grande-Aracri di Cutro. Le indagini, dirette e coordinate dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, hanno colpito oltre a Tallini altre 18 persone, accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, detenzione illegale di armi, trasferimento fraudolento di valori, tentata estorsione, ricettazione e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.

L’attività degli investigatori si è concentrata sulla cosca di ‘ndrangheta Grande Aracri di Cutro (Kr) nell’area di origine e nel territorio catanzarese, con particolare riferimento alle iniziative imprenditoriali avviate in quest’ultima provincia mediante il reimpiego di capitali della cosca. In particolare, gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno permesso di far emergere il progetto del clan di reimpiegare proventi illeciti attraverso la costituzione di una società, con base a Catanzaro, finalizzata alla distribuzione all’ingrosso di prodotti medicinali mediante una rete di punti vendita costituiti da farmacie e parafarmacie (20 in Calabria, 2 in Puglia e 1 in Emilia Romagna). Secondo le indagini, per facilitare l’iter, la cosca ha cercato il supporto del presidente del Consiglio Regionale della Calabria, il cui intervento, contraccambiato anche con il sostegno della cosca alle elezioni regionali del novembre 2014, è stato decisivo per favorire e accelerare le pratiche burocratiche iniziali per ottenere le necessarie autorizzazioni.

Tallini è accusato di concorso in associazione a delinquere di tipo mafioso perché “non facendone organicamente parte” avrebbe concorso – si spiega in un passo dell’ordinanza di custodia cautelare – “nella partecipazione all’associazione di ‘Ndrangheta dei Grande Aracri di Cutro, in quanto, in qualità di assessore regionale fino al 2014 e, quindi, candidato alle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale del 2014, e successivamente quale consigliere regionale, forniva un contributo concreto, specifico, e volontario, per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell’associazione stessa”.

Tallini – sempre in base alle contestazioni – avrebbe “promesso ed attuato da parte del sodalizio” la “sua disponibilità nei confronti dell’organizzazione ‘Ndrangheta, con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell’associazione stessa, al fine di garantire ai referenti” della cosca in questione “le condizioni per l’avvio e l’effettivo esercizio poi, dell’attività imprenditoriale della distribuzione all’ingrosso dei prodotti farmaceutici, onde realizzare lo scopo del sodalizio del controllo della specifica attività economica”.

Secondo l’imputazione contestata a Domenico Tallini il presidente sarebbe intervenuto “presso gli uffici pubblici, al fine di agevolare accelerare l’iter burocratico per il rilascio di necessarie autorizzazioni nella realizzazione del ‘Consorzio Farma Italia’ e della società ‘Farmaeko s.r.l.’, che prevedeva la distribuzione dei cosiddetti ‘medicinali da banco’ sul territorio nazionale, promuoveva la nomina del responsabile del relativo ambito amministrativo regionale e concorreva ad indurre, i soggetti preposti, a rilasciare la necessaria documentazione amministrativa e certificazione”.

“Ancora- scrivono gli inquirenti – Tallini pur consapevole del reimpiego di capitali illeciti, provenienti dal delitto associativo di stampo ‘Ndranghetistico, concorreva nei progetti commerciali inerenti la distribuzione dei farmaci di cui ai capi di incolpazione che precedono ed imponeva, nella struttura societaria della Farmaeko srl, l’assunzione e l’ingresso, quale consigliere, del proprio figlio Giuseppe Tallini, così da contribuire all’evoluzione dell’attività imprenditoriale del Consorzio Farmaceutico, fornendo il suo contributo, nonché le sue competenze e le sue conoscenze anche nel procacciamento di farmacie da consorziare”. I pubblici ministeri aggiungono che “in tal modo rafforzava la capacità operativa del sodalizio nel controllo di attività economiche sul territorio, incrementando la percezione della capacità di condizionamento, e, correlativamente, di intimidazione del sodalizio, accrescendo la capacità operativa e il prestigio sociale e criminale”. Questi i “fatti accertati nella provincia di Catanzaro dal 2013 con condotta perdurante”.

Tallini “nella campagna delle elezioni del Consiglio regionale del novembre 2014” avrebbe accettato “dagli esponenti del cosca di ‘ndrangheta di Cutro riconducibile a Grande Aracri Nicolino, la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui all’art. 416 bis c.p., in cambio della promessa di compiere in ambito politico amministrativo azioni a vantaggio degli interessi economici del sodalizio”. Il fatto viene riportato nella contestazione presente nell’ordinanza di custodia.

“Nello specifico Domenico Tallini spendeva il suo ruolo di Assessore regionale uscente della Regione Calabria per favorire la conclusione dell’iter amministrativo per il rilascio delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento dell’attività del Consorzio Farmaitalia riconducibile alla cosca Grande Aracri”. Questi i fatti “accertati nella provincia di Catanzaro e Crotone nel 2014”.

Morra: “Tallini era tra impresentabili per elezioni”
“Vi ricordate le ultime regionali calabresi, a gennaio 2020? Questo signore, attuale presidente del Consiglio Regionale della Calabria, di Forza Italia, in virtù del codice di autoregolamentazione della Commissione Antimafia, risultava impresentabile. A suo avviso ero io che mi accanivo contro di lui per una ‘vendetta personale’. Oggi si trova ai domiciliari. Ma era una ‘vendetta personale’“. Cosi ha commentato la vicenda su Facebook il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra.

Salvini: “Governo risponda ai calabresi, subito commissario”
“Il governo – ha commentato il leader della Lega, Matteo Salvini intervenendo a Rtl 102.5 – dia una risposta immediata, oggi ai calabresi sul tema del commissario alla sanità, nominando uno specchiato medico calabrese. Ce ne sono centinaia, non andiamo in giro per l’Italia e per il mondo”.

Ronzulli (Fi): “Tallini? Vediamo che dicono le carte”
Molto cauta la risposta della senatrice di Forza Italia, Licia Ronzulli. “Non saprei cosa dire – ha commentato intervenendo ad Agorà Rai Tre-. Lo ho appreso da voi in questo momento. So che lui fa politica da 30 anni, non è mai stato raggiunto da qualsiasi avviso di garanzia. Sappiamo che è un indagato in questo momento, approfondiremo un po’ le carte, vediamo di che cosa si tratta”.

Mirabelli (Pd): “Criminalità vero scoglio a sviluppo Calabria”
Condanna ferma, invece, dal fronte Pd. “Gli arresti di oggi – ha tuonato il senatore e capogruppo dem in commissione antimafia, Franco Mirabelli – testimoniano una volta di più che la Calabria vive, in termini di insediamenti criminali, una situazione drammatica. Si conferma la capacità da parte della Ndrangheta di penetrare in modo capillare nei gangli del tessuto economico, in una promiscuità con la politica che ci deve preoccupare. Serve a questo punto una riflessione complessiva, che metta da parte sterili e inutili polemiche: è sempre più evidente che è la Ndrangheta il vero ostacolo allo sviluppo economico e sociale di quel territorio e che combatterla deve essere impegno di tutte le forze che tengono veramente al futuro della Calabria”.

Granato (M5s): “Tallini si dimetta subito”
Dura anche la reazione dei Pentastellati. “Un terremoto giudiziario che si innesta nella drammatica situazione sanitaria ed economica che vive la Calabria – ha commentato la senatrice Bianca Laura Granato-. Senza presidente di Regione, senza commissario ad acta per il piano di rientro in sanità nella fase più acuta della seconda ondata pandemica, e da oggi con il presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini, agli arresti domiciliari. La dignità dei calabresi onesti continua ad essere calpestata: sbattuti in prima pagina, senza speranza, la nostra regione diventa emblema del fallimento della politica di ogni colore e ideologia, che cammina sulle gambe di una classe dirigente corrotta e marcia, che scende a compromessi con la ‘ndrangheta per auto-conservarsi”.

“Occorre una svolta radicale etica e morale, senza tentennamenti. E occorre adesso per restituire ai calabresi la fiducia nelle istituzioni – ha aggiunto Granato -. Un’operazione di pulizia che dovrebbe essere fatta fuori e dentro i partiti, come quelli che nell’ultimo decennio hanno continuato a candidare Tallini, beneficiando delle sue preferenze. Erano anni che il sistema di controllo politico-mafioso del territorio che ricade nella sfera di influenza di Tallini pulsava sotto traccia, e si nutriva della complicità e della connivenza di chi beneficiava di incarichi, appalti, prebende. Questo a danno degli imprenditori, dei professionisti, dei cittadini onesti costretti a subire la cappa asfissiante dell’impotenza di chi non rientra nel cerchio magico delle amicizie e degli affari. Tallini è sulla breccia da oltre 35 anni: da consigliere comunale, assessore provinciale, consigliere regionale sia di minoranza che maggioranza, consigliere regionale ed infine presidente del Consiglio, anche con la connivenza di ‘colletti bianchi’, di quanti hanno fatto la fila dietro la sua porta per chiedere favori. Anche quando nel business di ‘Farmaeko’, mentre giovani speranzosi di lavorare in Calabria, e le loro famiglie che investivano i propri risparmi, venivano truffati vittime di un progetto imprenditoriale che – secondo quanto emerso dalle indagini – era finalizzato solo al riciclaggio dei soldi del clan. Le forze dell’ordine e la magistratura fanno la propria parte per scoprire il marcio di questo sistema. Ma è arrivato il momento che lo facciano anche i partiti, non candidando quelle ‘personalità di spicco’ che perfino la Commissione nazionale Antimafia definisce ‘incandidabile’; e i cittadini, prendendo le distanze da un sistema malato di raccomandazioni e favori, elevato a sudditanza”.