“È un mestiere da donne, si tratta di scienza”: è quanto ha dichiarato Fabiola Gianotti, direttrice generale del più grande laboratorio di fisica delle particelle del mondo, il CERN di Ginevra, quando ha ricevuto l’incarico nel gennaio 2016. Purtroppo, però, non sono ancora abbastanza le donne, ma soprattutto gli uomini, a pensarla come lei. A dimostrarlo è stato il bisogno di istituire a partire dal 2015 una Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per promuovere un accesso pieno e paritario alla ricerca scientifica.
La rivoluzione che il mondo sta attraversando negli ultimi anni si focalizza in particolar modo sulla relazione delle studentesse e le discipline STEM, acronimo inglese che indica scienze, tecnologie, ingegneria e matematica, dunque discipline di ambito scientifico. Nonostante i progressi compiuti, infatti, esistono ancora sfide significative da affrontare. Un rapporto dell’Osservatorio STEM di Deloitte evidenzia che in Italia solo il 14,5% delle ragazze iscritte all’università frequenta corsi STEM, un dato preoccupante, anche perché al di sotto della media europea e ancora notevolmente inferiore alla percentuale maschile.
Inoltre, solo il 33% dei ricercatori e il 26% delle figure apicali nel settore scientifico sono donne, come si evince da uno studio pubblicato su The Lancet Regional Health Europe nel 2023. Proprio guardando all’UE, non si può non provare sconforto nel considerare che di circa 21 laureati STEM ogni 1.000 giovani tra i 20 e i 29 anni, le laureate sono il 14,9%, contro il 27,9% dei maschi.
Una di queste è sicuramente la percezione delle materie scientifiche come ‘poco adatte’ alle ragazze nonostante il loro interesse, come riportato da un’altra ricerca di Ipsos per Save the Children del 2022. A ciò bisogna aggiungere i condizionamenti sociali e familiari che agiscono fin dall’infanzia e che portano le ragazze a non avere fiducia nelle proprie capacità nelle materie scientifiche dove, conseguentemente, raggiungono rendimenti mediamente più bassi. Non bisogna poi trascurare che le ragazze con ottimi risultati scolastici nelle materie scientifiche, spesso, si autoescludono dalle professioni STEM.
Nonostante quanto detto fino adesso, elementi per sperare in un cambiamento significativo, non mancano. A renderci ottimisti, l’indagine svolta tra le studentesse e gli studenti delle classi quinte del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Ragusa che si preparano alla Maturità e hanno già scelto le facoltà universitarie. Dai dati raccolti è emerso che su 56 ragazze il 76,8% intraprenderà un percorso universitario di tipo scientifico, il 16,1% affronterà studi umanistici e il 7,1% si dedicherà ad altro. È questo il segnale di un cambiamento nella società che finalmente vedrà le ragazze protagoniste delle discipline STEM, ma soprattutto consapevoli delle loro capacità scientifiche? Al momento non è possibile dare una risposta alla domanda, ma, indubbiamente, i dati raccolti ci dicono che la lotta contro gli stereotipi è in atto e che superarli sarà fondamentale per diventare donne libere, protagoniste delle proprie scelte e capaci di contribuire allo sviluppo scientifico del mondo e dell’umanità.
Studentesse e Studenti della III A n.o.