Ambiente

“In Lombardia 13 termovalorizzatori, in Sicilia zero. Situazione esplosiva”

PALERMO – “In Lombardia ci sono 13 termovalorizzatori e in Sicilia invece zero. Questa situazione, prima o poi, esploderà”. Sono passate quasi in sordina le parole del direttore della Dia, il palermitano Giuseppe Governale, intervenuto a “Uno Mattina” lo scorso 21 gennaio. Eppure l’analisi del capo della Direzione investigativa antimafia spiega con precisione chirurgica quella che il Quotidiano di Sicilia, da almeno un decennio, indica come causa principale dell’assurda e cronica emergenza a cui è stata condannata l’Isola (da Governi nazionali e regionali, passati e presenti). Assurda per i cittadini, certo, mentre “logica” per quei pochi che con la munnizza fanno lauti affari, avvelenando l’Isola in discariche ampliate “all’infinito”.

Governale, nel corso dell’intervista, ricorda come la gestione dei rifiuti in Sicilia sia una questione annosa, tanto che “già nel 1979 Sciascia diceva: Palermo ha l’immondizia alle ginocchia e la mafia alla gola. Ora – spiega il capo della Direzione antimafia – probabilmente Palermo non ha più la mafia alla gola, ma ha l’immondizia alle ginocchia”. E per questo nell’ultima Relazione della Dia, presentata alla Camera dei deputati, è stato inserito proprio un focus su “Mafia e rifiuti”: “L’ho fatto realizzare per rendere evidente una situazione che è già drammatica, ma può diventare catastrofica nei prossimi anni”. “Quello dei rifiuti – avverte quindi Governale – è un ambito in cui le mafie crescono e si sviluppano. Un mafioso trent’anni fa disse in dialetto siciliano ‘Trasi munnizza e nesci oro’. Queste cose la mafia le sa perfettamente e le declina su tutto il territorio nazionale”.

Nella nostra regione – come abbiamo riportato nell’inchiesta pubblicata il 27 gennaio – è un business che “corre” ogni giorno su 78 Tir (secondo un recente studio di Ref ricerche), i quali trasportano la spazzatura da una parte all’altra dell’Isola, il 70% dei quali finisce abbancato in discariche a cielo aperto, emettendo copiose quantità di CO2 (ma il problema per alcuni ambientalisti sono i termovalorizzatori che inquinano).

“In questa regione – si legge in un passaggio della Relazione della Dia relativa al primo semestre 2019 – l’infiltrazione nel settore dei rifiuti si realizza ancora oggi in vari modi: nella maggioranza dei casi, attraverso il diretto affidamento, da parte degli Enti locali, dei servizi di raccolta, trasporto, trattamento e conferimento (cioè l’intera filiera) a ditte e società riconducibili ad affiliati a Cosa nostra e, in taluni casi, alla stidda; in altre circostanze, le consorterie ricorrono a pratiche estorsive e/o intimidatorie nei confronti delle imprese ‘sane’ che vengono ‘fidelizzate’, in modo da acquisirne il controllo”.

Un sistema più volte finito nel mirino della magistratura, anche in tempi recenti, con la Procura di Palermo che ha aperto un’inchiesta proprio sul Piano regionale dei rifiuti. Un Piano che ancora l’Assemblea regionale non ha approvato, di fatto lasciando la gestione siciliana in emergenza (e con la necessità di ricorrere, di volta in volta, a discusse proroghe, come quella concessa alla Oikos, società che gestisce la discarica “Valanghe di inverno” tra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco).

Un caos, una delle tante “fogne del potere”, per dirla con Pietrangelo Buttafuoco, in cui i “topi” sguazzano. “La complessità, l’incompiutezza e il frazionamento del sistema di gestione dei rifiuti ha, quindi, sino ad oggi contribuito nell’offrire ai sodalizi mafiosi siciliani opportunità di infiltrazione”, si legge ancora nella relazione dell’Antimafia.