Ambiente

In trent’anni perso il 20% di piogge

La classifica delle regioni più piovose – precipitazioni medie annue tra il 1991 e il 2020 – vede in testa il Friuli Venezia Giulia (il “catino d’Italia” con 1238,7 millimetri), seguito da Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria (tutte aree oggi colpite dalla siccità); ultimi posti per Puglia (622,9 mm), Sicilia (518,3 mm) e Sardegna (516,2 mm).

Nel periodo 1991-2020, la media della pioggia annualmente caduta sull’Italia sfiora complessivamente i 245 miliardi di metri cubi, cioè circa il 18% in meno della soglia indicata nel 1970. La fotografia, scattata dall’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche che ne emerge, non solo conferma una contrazione degli eventi meteorici, ma certifica l’immagine di un’Italia idricamente rovesciata, disegnata dalla crisi climatica. Se oggi è il Nord a soffrire la siccità c’è da segnalare un dato: le dighe siciliane che, nonostante il notevole incremento registrato a marzo (oltre 47 milioni di metri cubi) a causa di forti precipitazioni, restano fortemente deficitarie rispetto alla media degli scorsi 13 anni (-19,31%).

“L’Italia deve diventare un cantiere dell’acqua per gli anni a venire” afferma Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi). “I prossimi mesi – prosegue Vincenzi – non potranno che vedere uno sforzo collettivo per gestire una situazione di conclamata siccità in territori di fondamentale importanza per il made in Italy agroalimentare; al contempo, però, bisogna avviare da subito provvedimenti per aumentare la resilienza delle comunità e della loro economia alla nuova situazione climatica: dall’efficientamento dell’esistente alla realizzazione di nuove, indispensabili opere”.

“Qualche goccia non deve illudere su una condizione idrica fortemente compromessa nel Nord Italia. Per questo, siamo preoccupati da qualsiasi proposta, che affronti la soluzione in maniera parziale o settoriale – precisa Massimo Gargano, direttore generale Anbi -. C’è invece bisogno di un’ampia concertazione per individuare, nel rispetto delle priorità di legge, soluzioni che contemperino le esigenze di tutti i portatori d’interesse”. Soluzioni che devono dunque portare all’ottimizzazione dell’uso delle risorse idriche così come ha fatto la Sardegna che “da regione più assetata del Paese, ha saputo adattarsi, dotandosi di importanti invasi e di schemi idrici per spostare l’acqua fra territori. In assenza di dati ufficiali di sintesi, mettiamo la nostra analisi al servizio della politica, perché indicativa del trend, da cui partire per riempire di contenuti la cornice del Decreto Acqua”.

Buone notizie in tal senso per la Sicilia

Buone notizie in tal senso per la Sicilia sono arrivate alcune settimane fa coi venti milioni dal Mit alle autorità di distretto che non sono destinati solo al Nord Italia ma investono anche la nostra Isola. “In particolare, evidenziamo le progettazioni per interventi nel trapanese che, andando a realizzare le interconnessioni fra le dighe Rubino e Paceco nonché fra gli invasi Garcia ed Arancio con il bacino Trinità, completeranno schemi idrici, fondamentali per l’ottimizzazione d’uso delle risorse idriche come altri interventi già localmente finanziati dal Ministero dell’Agricoltura. Siamo sicuri che le professionalità presenti anche nel Consorzio di bonifica Trapani 1 sapranno proficuamente contribuire a quella, che è una sfida del Paese e di cui i finanziamenti annunciati dal M.I.T. non possono che essere solo l’inizio”.