ROMA – Un percorso a ostacoli, quello per la fruizione degli incentivi all’occupazione.
Per aver chiara la pluralità di principi generali e la stratificazione degli atti di prassi in base alle quali operare per ottenere gli esoneri contributivi, arriva da Fondazione Studi l’approfondimento dal titolo “Principi generali per la fruizione degli incentivi all’occupazione”.
Si tratta di benefici normativi o economici (quest’ultimi intesi anche come contributivi) riconosciuti ai datori di lavoro in relazione all’assunzione di specifiche categorie di lavoratori.
I benefici contributivi sono costituiti dagli sgravi che rappresentano una deroga all’ordinario regime contributivo, collegati alla costituzione e/o gestione del rapporto di lavoro. Tuttavia, tale deroga non è configurabile come misura agevolativa, nel caso in cui lo sgravio non sia istituito come una riduzione di una aliquota contributiva più onerosa ma rappresenti il canone ordinario per un determinato settore o categoria di lavoratori. Non rientrano pertanto nella nozione di benefici contributivi i regimi di “sotto contribuzione” che caratterizzano interi settori e territori (a titolo esemplificativo settore agricolo, zone montane ecc.) ovvero specifiche tipologie contrattuali come l’apprendistato caratterizzate da un’aliquota contributiva ad hoc prevista dalla legge.
Per usufruire di benefici normativi e contributivi il datore di lavoro deve essere in regola nei confronti di Inps, Inail e Casse Edili con il pagamento dei premi e contributi e possedere quindi il documento unico di regolarità contributiva (cd. Durc) in conformità all’art. 1, comma 1175, Legge 27 dicembre 2006 n. 296. Il decreto ministeriale 30 gennaio 2015, che disciplina tutte le peculiarità del Durc, stabilisce che la verifica della regolarità riguarda i pagamenti dovuti dall’impresa in relazione ai lavoratori subordinati e a quelli impiegati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa che operano nell’impresa stessa nonché i pagamenti dovuti dai lavoratori autonomi scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive.
La regolarità sussiste comunque in caso di:
• rateizzazioni concesse dall’Inps, dall’Inail o dalle Casse edili ovvero dagli agenti della riscossione;
• sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative;
• crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione per la quale sia stato verificato il credito nelle forme previste dalla legge o dalle disposizioni emanate dagli enti preposti alla verifica e che sia stata accettata dai medesimi enti;
• crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso amministrativo sino alla decisione che respinge il ricorso;
• crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso giudiziario sino al passaggio in giudicato della sentenza, salva l’ipotesi cui all’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46;
• crediti affidati per il recupero agli agenti della riscossione per i quali sia stata disposta la sospensione della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito a seguito di ricorso giudiziario.
La regolarità sussiste, altresì, in presenza di uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun istituto previdenziale e a ciascuna Cassa edile. Non è considerato grave lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascuna gestione nella quale l’omissione si è determinata, che risulti pari o inferiore a 150,00 euro, comprensivi di eventuali accessori di legge.
Il datore di lavoro può non avere diritto agli incentivi nel caso in cui subisca provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi, inclusa l’ipotesi del cd. “patteggiamento” di cui all’art. 444 del codice di procedura penale, in riferimento a violazioni di natura previdenziale e in materia di tutela delle condizioni di lavoro commesse da parte del datore di lavoro o del dirigente responsabile.
“È opportuno precisare – specifica la Fondazione – che tali periodi decorrono dal momento in cui gli illeciti che ne costituiscono il presupposto sono definitivamente accertati con sentenza passata in giudicato ovvero con ordinanza ingiunzione non impugnata”.
Il rispetto della contrattazione collettiva deve essere inteso in riferimento alla sola parte economica (trattamento economico complessivo) e normativa (istituti contrattuali quali lavoro supplementare, straordinario, periodo di prova, preavviso ecc..) e non anche della parte cd. obbligatoria (istituzione enti bilaterali, commissioni paritetiche, contributi assistenza contrattuale ecc..) poiché quest’ultima impegna esclusivamente le parti contraenti in coerenza con i precetti costituzionali in materia di libertà sindacale . L’obiettivo del legislatore nell’individuare le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale è quello di evitare l’applicazione dei cd. “contratti pirata”, ossia quei contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali prive di rappresentatività che comportano il fenomeno del cd. “dumping contrattuale” ossia previsioni economiche e normative dei contratti collettivi al ribasso e comunque peggiorative.
L’art. 31, D.Lgs.14 settembre 2015|, n. 150, rubricato “Principi generali di fruizione degli incentivi”, sancisce al comma 1, lettera a), che “gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione”. Nella sostanza il datore di lavoro è impossibilitato a fruire degli incentivi nel caso in cui sia “obbligato”, da fonte legale o contrattuale collettiva, ad assumere il lavoratore, anche nel caso in cui il lavoratore in questione sia utilizzato tramite contratto di somministrazione. A titolo esemplificativo, rientrano nelle suddette fattispecie il lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo ovvero a seguito di licenziamento collettivo il quale vanta, nei successivi sei mesi dal licenziamento, il diritto di precedenza per eventuali assunzioni sia a tempo determinato che indeterminato16. Un ulteriore esempio riguarda i lavoratori oggetto di passaggio societario che non vengono trasferiti immediatamente alle dipendenze del cessionario. Infatti tali lavoratori vantano il diritto di precedenza nelle eventuali assunzioni del cessionario nei successivi dodici mesi dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi. Peraltro nei confronti di questi lavoratori, nel caso in cui venissero assunti dal cessionario in un momento successivo al trasferimento d’azienda e comunque durante l’arco temporale predetto, non troverebbe applicazione l’articolo 2112 del codice civile17.
Il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione sono impossibilitati a fruire degli incentivi se hanno in atto ammortizzatori sociali per crisi o riorganizzazione aziendale, salvo la possibilità di assumere, trasformare o utilizzare in somministrazione un lavoratore inquadrato a un livello diverso rispetto ai lavoratori già sospesi ovvero da impiegare presso una diversa unità produttiva 25 presso cui non sono attivi ammortizzatori sociali.
Il legislatore, oltre a tutelare lo stato di crisi aziendale, impone il rispetto della riduzione di organico applicata con licenziamenti per giustificato motivo oggettivo ovvero collettivi. Infatti, “gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che sono stati licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo” (Art. 31, comma 1, lettera c), D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150).
Particolare attenzione deve essere posta in caso di utilizzo della somministrazione da parte dell’impresa poiché l’art. 31, comma 1, lettera e), D.Lgs. n. 150/2015, recita “con riferimento al contratto di somministrazione i benefici economici legati all’assunzione o alla trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti in capo all’utilizzatore e, in caso di incentivo soggetto al regime de minimis, il beneficio viene computato in capo all’utilizzatore”.
Dalla definizione letterale della norma e come confermato dal Dicastero del Lavoro e più volte dall’Inps, in caso di somministrazione che comporti un’assunzione ovvero trasformazione di un rapporto di lavoro agevolato, l’incentivo è traslato direttamente all’impresa utilizzatrice (e non applicabile all’agenzia di somministrazione) e nell’eventualità in cui l’incentivo fosse soggetto al regime de minimis, l’aiuto è computato in capo all’utilizzatore in quanto effettivo fruitore dell’agevolazione. In tal caso, ove richiesto in base alle caratteristiche soggettive della “dote”, anche il calcolo dell’incremento occupazionale netto delle Unità di Lavoro Annuo (cd. ULA) deve essere computato in capo all’utilizzatore.
È possibile cumulare i vari incentivi solo esclusivamente nel caso in cui non sia previsto espressamente dalle relative norme incentivanti il divieto di cumulo; inoltre, sovente è la stessa prassi ad avvalorare le compatibilità o meno tra i vari incentivi.
Per usufruire degli incentivi, il datore di lavoro è tenuto a comunicare agli enti competenti l’instaurazione o la modifica del rapporto di lavoro o somministrazione. In caso contrario, l’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie produce la perdita di quota parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
L’Inps, con la circolare n. 137/2012, ha altresì specificato che la compilazione del campo “agevolazione” dei moduli telematici (Unilav, Unisomm) è facoltativa. L’omessa o erronea compilazione non incide sul diritto ai benefici e, quindi, non richiede la rettifica del modulo inviato.