Il gap infrastrutturale ha storicamente rappresentato una frattura per l’unità e la continuità territoriale in Italia. Un gap che si registra, praticamente, ad ogni livello e che – ci si augura – potrà iniziare a ridursi progressivamente grazie agli ingenti fondi a disposizione (vedasi Pnrr) e all’assunzione di responsabilità della politica e delle istituzioni competenti. E proprio da questi due spunti vogliamo partire per fare il quadro della situazione relativamente al trasporto ferroviario nel Belpaese.
Il recovery plan italiano, come evidenziato nel rapporto Pendolaria 2022 di Legambiente, prevede investimenti senza precedenti per le ferrovie. Si tratta, in totale, di 26 miliardi che sono destinati alla realizzazione di vari progetti come “l’approdo” dell’alta velocità al Sud, il rafforzamento dei collegamenti diagonali, l’elettrificazione di alcune linee meridionali e la sperimentazione dei treni alimentati ad idrogeno. Cifre e idee importanti, che dovranno tuttavia essere suffragate dalla capacità decisionale della politica. Il neo ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, avrà dunque il dovere di dare seguito ai propositi espressi in queste settimane e ai primi passi di carattere burocratico compiuti da quando siede sullo scranno ministeriale.
Dalla convocazione dei presidenti regionali di Sicilia e Calabria, Schifani e Occhiuto, fino ai contatti con la commissaria europea ai Trasporti e alle infrastrutture. Il tema principale è stato, ovviamente, quello del ponte sullo stretto di Messina, a proposito del quale Salvini ha detto: “Stiamo lavorando per dare, non all’Italia ma al mondo, l’opera ingegneristica più green e più ecocompatibile di quelle studiate perché si guadagnerebbe in termini di inquinamento tolto, dal mare e dall’aria con la velocizzazione del collegamento non fra Sicilia e Calabria ma fra Italia, Europa e resto del mondo, in salute e denaro”. Non solo la storica opera, ma anche una serie di interventi infrastrutturali ad ogni latitudine sulla base – ha osservato ancora Salvini – “dell’elenco delle 117 opere pubbliche ferme e commissariate, da sbloccare e accelerare”.
Il completamento di queste opere, molte delle quali i trovano al Sud, permetterebbe il rafforzamento dei vari assi viari, facendo fare un balzo in avanti verso un moderno modello di trasporto intermodale. Da questo punto di vista le ferrovie giocano un ruolo chiave, come si evince anche dalle criticità descritte nel già citato rapporto Legambiente. Spulciando i dati si nota quanto sia grande il divario Nord – Sud su aspetti fondamentali come il doppio binario e l’elettrificazione.
Se in Lombardia si contano 859 km di binario doppio e 881 di binario semplice, in Sicilia il corrispettivo è – rispettivamente – di 223 e 1267 km. Non se la passa meglio la Calabria che può contare su 279 km di rete a doppio binario a fronte di 647 di binario semplice. L’estensione territoriale, chiaramente, ha il suo peso ed è dunque più interessante basare il raffronto su valori percentuali. Quant’è la percentuale di rete a binario singolo rispetto al totale? Lombardia ed Emilia Romagna hanno valori del 50,6% e del 52,1%; in Calabria il valore sale al 69,6%, in Sicilia a un “mostruoso” 85%.
E poi ci sono l’Abruzzo con un poco invidiabile 81,8% e la Basilicata con la cifra record del 96,1%. La notte con il giorno, se si guarda a realtà quali Friuli-Venezia Giulia (37,8%), Liguria (32,2%) o anche Lazio (25,7%). Nel Mezzogiorno si distinguono positivamente soltanto Puglia (39,7%) e Campania (46,9%), che hanno infatti saputo investire bene in questi anni. La percentuale di Km non elettrificati racconta lo stesso copione. In Trentino ammonta al 26,5%, in Veneto al 27,4%. In Sardegna attualmente la linea non elettrificata “fa cappotto” (100%), in Molise raggiunge il 77%, in Sicilia e Calabria sta poco sotto il 50%.
Ma a costruire il gap ci sono anche le criticità legate ai convogli disponibili, alla loro efficienza e al numero di corse giornaliere. Partendo da quest’ultimo aspetto si notano differenze abissali. Nella sola provincia autonoma di Bolzano sono 386, in Lombardia 2.150 e in Veneto 784; per contro in Abruzzo, Calabria e Sicilia se ne fanno rispettivamente 207, 345 e 494. Venendo ai treni impiegati al Sud va rilevato che sono più datati e meno efficaci. Gli intercity sono stati ridotti e sono davvero poche le frecce che viaggiano sotto Salerno. Dominano i treni regionali, spesso vetusti e quindi soggetti a guasti. I collegamenti diretti, anche tra città capoluogo, sono spesso un miraggio. Ad aggravare la situazione si aggiunge la soppressione o sospensione di alcune tratte, anche importanti. La linea Palermo – Trapani (via Milo) ad esempio è chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti, o la Corato – Andria in Puglia, che è ferma dal tragico incidente del luglio 2016 che costò la vita a 23 persone.
I dati fin qui snocciolati producono effetti paradossali sui tempi di percorrenza, con differenze davvero incredibili rispetto a ciò che avviene nel Nord e nel Centro Italia. A parità (o quasi) di distanza chilometrica, i tempi si dilatano all’inverosimile. Nello schema che pubblichiamo sotto riportiamo qualche esempio calzante come l’enorme differenza che c’è per coprire la stessa distanza, 370 km, a Nord e al Sud: ci vogliono oltre dieci ore tra Trapani e Siracusa, mentre appena poco più di quattro tra Padova e Genova.
Ad avanzare alcune proposte è stata Legambiente in un appello al governo Meloni e al ministro Salvini. La premessa, che non condividiamo, è quella di abbandonare il progetto del Ponte sullo Stretto. Tuttavia, superando l’errata concezione dicotomica da “o l’uno o l’altro”, tali proposte appaiono sicuramente appropriate. Migliorare i collegamenti fra Sicilia e Calabria e con il resto della penisola tramite treni più veloci e frequenti, portare le frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, rafforzare i collegamenti in treno sia per i passeggeri, con tratte dirette, che per le merci da Reggio Calabria a Taranto e Bari. Fondamentale, poi, scrivono i presidenti di Legambiente nel loro appello coordinare al meglio le varie coincidenze tra Sicilia e Calabria e le offerte dei vari servizi di traporto.
Queste sono solo alcune delle soluzioni che andrebbero applicate già da “domani”, per sanare finalmente questa antica frattura tra Meridione e Settentrione. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo una fase di epocali sconvolgimenti ma anche di epocali opportunità che vanno colte senza indugio per proiettare la nazione nel futuro.
Velocizzazione linea Pa-Ct-Me: vanno avanti i lavori tra Bicocca e Catenanuova, gli altri cantieri in partenza
La Sicilia, come abbiamo visto, sconta anche nel trasporto ferroviario un ritardo che pesa inesorabilmente sul suo sviluppo. Proprio per cercare di colmare questo grave ritardo Rfi (Rete ferroviaria italiana) ha varato un importante piano di investimenti per ammodernare l’itinerario Messina – Catania – Palermo. La cifra stanziata ammonta a 9,3 miliardi di euro ed è finanziata anche con il Pnrr (1,44 miliardi). Al termine dei numerosi interventi previsti, i tempi di percorrenza saranno ridotti significativamente e aumenterà la capacità dei treni merci e passeggeri.
L’intera opera, inoltre, permetterà il miglioramento delle interconnessioni tra le tre città e le aree interne dell’isola. Ma qual è lo stato dell’arte? Ad oggi gli unici cantieri attivi sono quelli del lotto Bicocca – Catenanuova, ma lo sviluppo generale dell’opera prosegue a ritmi abbastanza veloci, al netto delle tempistiche burocratiche. Le ultime “ufficialità” raccontano dell’aggiudicazione dei lavori per la tratta Nuova Enna – Dittaino, importante tassello sulla linea Palermo-Catania che sarà percorribile in meno di due ore (anche se come riportiamo a lato la stessa distanza, 210 km, viene coperta tra Milano e Bologna in appena un’ora).
Saranno realizzate tre gallerie per una lunghezza complessiva di 8,5 km, un viadotto lungo 1 km, sarà edificata la nuova stazione di Enna e rinnovata quella di Dittaino. Nella medesima area assume particolare importanza l’aggiudicazione della gara – risalente a settembre – per la tratta Dittaino – Catenanuova. Il relativo bando prevede la realizzazione della nuova stazione di Catenanuova e di un nuovo tracciato, composto da 7 km di viadotto e 2,3 di galleria. Sul versante opposto, quello che collega Messina e Catania, è atteso a breve l’avvio dei lavori sulle tratte Fiumefreddo – Taormina/ Letojanni e Taormina – Giampilieri.
Fulcro degli interventi sarà il raddoppio della linea, che permetterà di abbattere i tempi di percorrenza tra le due città a 30 minuti. Nel dettaglio sulla Fiumefreddo – Taormina/Letojanni si realizzeranno 15 km di doppio binario (di cui 11 in galleria); sulla Taormina – Giampilieri, invece, saranno 28 i km di nuova linea a doppio binario, di cui 25 in galleria e i restanti 3 in rilevati, trincee e viadotti. Interventi certamente importanti, sebbene l’alta velocità che arriverà in Sicilia non sarà veramente tale, come si può evincere da un semplice raffronto tra i km/h che raggiungeranno i treni operanti sull’isola e quella che raggiungono i convogli da Napoli in su.
Interventi che, probabilmente, andavano eseguiti almeno un decennio fa ma che, ci auguriamo, diano la stura ad un piano mirato e lungimirante per rinnovare profondamente il trasporto ferroviario in Sicilia e al Sud, con evidente giovamento per i pendolari, il commercio, il turismo.