Ambiente

Innalzamento mare, porto Siracusa, Marzamemi e Vendicari a rischio

A causa del cambiamento climatico, nei prossimi 20-30 anni il mare si alzerà mediamente di 30 centimetri, mettendo a rischio la funzionalità di quasi tutti i nostri porti. L’Italia, e la Sicilia in particolare non sono escluse da questo inevitabile processo.

Il QdS ha intervistato in esclusiva Carmelo Monaco, ordinario di Geologia strutturale del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania che, insieme a Giovanni Scicchitano, associato di Geomorfologia del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari e Marco Anzidei, primo ricercatore dell’Ingv di Roma, ha partecipato alla ricerca “Scenario relativo all’innalzamento del livello del mare per il 2100 lungo la costa della Sicilia sud-orientale”.

Professore Monaco, da dove è nato lo spunto per la vostra ricerca?

“Nella zona costiera oggetto della nostra analisi nel corso degli ultimi anni sono stati rinvenuti numerosi reperti archeologici sommersi, come i moli di Megara Iblea, le tombe nella penisola Magnisi o, ancora, l’immensa cava di Marzamemi. Questo ci ha fatto subito comprendere che questi rinvenimenti sono esplicativi di un evidente innalzamento delle acque marine. Si tratta di un fenomeno antico e quanto mai attuale, considerato che il livello del mare si sta gradualmente elevando, specie nell’ultimo secolo a partire dalla fine dell’Ottocento. Se nei millenni successivi si trattava di un effetto diretto dello scioglimento dei ghiacciai, negli ultimi decenni assistiamo a una sostanziale accelerazione eccessiva di un fenomeno naturale e gli scienziati, per la maggiore, sono concordi nell’individuare un nesso diretto con il cambiamento climatico. Ciò è stato ben evidenziato dagli studi dell’Ipcc che hanno indagato sul nesso tra innalzamento delle acque e aumento delle temperature. Se prima il livello del mare si alzava in media di un 1,5 mm l’anno, adesso le proiezioni sono di 3 mm per la fine del secolo”.

Quali sono gli scenari prevedibili e le aree più in pericolo?

“Sicuramente le città costiere, basti pensare a Venezia, e in Sicilia zone come la piana di Catania in prossimità della foce del fiume di San Leonardo che è già tre metri sotto il livello del mare e viene mantenuta asciutta solo grazie all’utilizzo di idrovore (pompe usata per assorbire ed asportare grandi masse d’acqua, ndr) che, però, potranno difficilmente funzionare a fronte di un progressivo incedere delle acque.

Andando ancora più a sud, grazie alle nuove tecnologie satellitari, abbiamo potuto verificare tramite misure dirette che l’area costiera del siracusano è in abbassamento tettonico fino a 1 mm l’anno.

Viene facile comprendere che l’abbassamento delle coste unito all’innalzamento delle acque comporterà inevitabilmente la sommersione di alcune zone che consideriamo più a rischio come il porto grande di Siracusa, le saline del fiume Ciane, Marzamemi e la riserva naturale di Vendicari.

Abbiamo in programma anche di elaborare anche i livelli di rischio connessi a tale fenomeno, ovvero le previsioni in termini di perdite economiche. Ciò che è risultato dalle nostre osservazioni è che entro il 2100 sono destinati a scomparire 10 km quadrati di coste della Sicilia sud orientale nel caso in cui la tendenza climatica dovesse proseguire nell’attuale direzione. In un ulteriore studio abbiamo inoltre osservato un aspetto molto importante in merito ai recenti uragani mediterranei, specie negli ultimi anni, che hanno causato danni mai registrati in precedenza. In particolare abbiamo osservato che nel 2018, in seguito all’uragano, Marzamemi è stata invasa dall’acqua e, dunque, si è verificato un aumento del livello del mare.

Questo ci ha fatto ipotizzare che il cambiamento climatico possa influire anche sulla pressione delle acque marine e, quindi, potrebbe comportare eventuali eventi marini estremi con più frequenza nei prossimi decenni. Per quanto concerne le inondazioni il rischio correlato ai danni, relativamente agli stabilimenti urbani e industriali, è attualmente basso. A preoccupare di più sono proprio i terremoti e gli eventi marini estremi, come gli tsunami, che potrebbero comportare danni ingenti nella nostra Isola”.

Come si potrebbe intervenire a livello locale e nazionale?

“Più che a livello regionale e nazionale sarebbe necessario intraprendere un’azione su scala mondiale orientata alla riduzione progressiva delle emissioni inquinanti, in piena regola con quanto disposto dall’accordo di Parigi.

A livello locale gli unici interventi possibili a fronte di un innalzamento delle acque sono di natura strutturale, specie nelle zone soggette a erosione costiera tramite l’installazione di pannelli ad hoc, sebbene siano funzionali per lo più a limitare l’effetto delle onde. Sicuramente bisognerebbe attenzionare anche la questione della sedimentazione delle acque in quanto l’erosione costiera, un processo del tutto naturale, non è correttamente controbilanciata dall’apporto di sedimenti da parte dei fiumi che sono stati esageratamente bloccati da dighe.

Questo deve farci riflettere sul fatto che ogni intervento umano ha inevitabilmente degli effetti sull’ambiente naturale, motivo per il quale esistono delle valutazioni di impatto ambientale di cui si deve necessariamente tenere conto nel momento in cui si progetta qualsiasi tipo di opera”.