L’articolo 3 della Costituzione, oltre 70 anni fa, assegnò alla Repubblica il compito di rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Di tutte, si intende, da Bergamo a Portopalo di Capo Passero, da Trieste fino a Teulada. Non è stato sufficiente. C’è voluto un nuovo intervento per “riconoscere” – come oggi recita l’art. 119 nella formulazione approvata lo scorso luglio dal Parlamento – “la peculiarità delle Isole” (e dunque di chi le abita). Un “peculiare” con cui ogni giorno fanno i conti circa 6 milioni e mezzo di cittadini, sparsi tra Sicilia, Sardegna e le 80 isole minori più o meno popolate del nostro Paese. Per esempio, stando ai dati Eurostat, gli isolani hanno un Pil pro capite nettamente inferiore alla media comunitaria (21 mila euro in Sardegna e 18 mila in Sicilia a fronte di una media europea di 29 mila euro). E, nonostante le già compromesse condizioni di partenza, devono sopportare costi maggiori per qualunque spostamento. A queste disparità avrebbe dovuto ovviare il citato principio, che peraltro esorta la Repubblica a promuovere “le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”.
Di provvedimenti concreti ad oggi, dopo quasi un anno dal via libera al nuovo dettato costituzionale, non se ne sono visti. Di certo tale non si può considerare, per esempio, lo stanziamento di appena 10 milioni di euro inserito nella scorsa Legge di bilancio (addirittura inferiore a quello dell’anno prima, pari a 100 milioni di euro) e che la Regione Sardegna ha impugnato proprio in violazione della Carta fondamentale.
Niente a che vedere, per esempio, con quanto accade per le isole Baleari. Come ha spiegato recentemente in un’intervista al nostro giornale Gaetano Armao, professore di diritto amministrativo ed ex vice presidente della Regione siciliana, “tramite un accordo con lo Stato, quella regione ha ottenuto la copertura, per il 70%, dei costi per merci e persone residenti, sia per i voli che per il trasporto marittimo”.
Misure che ora in qualche modo anche il Governo italiano dovrà studiare. La questione è sul tavolo del ministro per gli Affari regionali e per le autonomie locali, Roberto Calderoli, che ha inserito l’insularità all’interno del suo disegno di legge sull’autonomia differenziata. Una scelta che l’esponente leghista al QdS difende rispetto a chi lo accusa di “temporeggiare” su un principio che è già in Costituzione e che andrebbe semplicemente attuato con una legge ordinaria, stabilendo in modo concreto i provvedimenti compensativi per le isole.
Ministro, il nuovo articolo 119 della Costituzione stabilisce che “la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall’insularità”. A che punto è il percorso di attuazione? Il Governo sta lavorando a un disegno di legge ordinario per applicare il dettato costituzionale?
“Avere il principio di insularità in Costituzione è un elemento certamente importante ma, per esserlo appieno, deve essere riempito di contenuti. Altrimenti è un concetto che resta solo sulla carta senza portare a nulla. Su questo fronte l’attuale Governo si è impegnato fin da subito: all’interno della legge di stabilità 2023 è stato creato un fondo apposito e dedicato alla piena attuazione del principio di insularità. Inoltre a quello stesso principio di insularità fa riferimento il disegno di legge sull’autonomia differenziata di cui sono promotore ed è tra i criteri ispiratori della riforma, a dimostrazione che il sottoscritto e tutti noi al governo crediamo davvero in questo percorso e riserviamo la dovuta attenzione alle isole. Ho preso poi un impegno anche per quanto riguarda le cosiddette ‘isole minori’, ma questo è un capitolo che procede parallelamente rispetto all’autonomia differenziata”.
Ci spieghi meglio. Lei parla quindi di una legge ad hoc per le isole minori?
“Esatto, ci stiamo lavorando proprio in questo periodo. Le isole minori fanno parte delle mie deleghe di Ministro per gli affari regionali e le autonomie e proprio per questo ho pensato a una legge quadro con l’obiettivo di coordinare gli interventi utili per i territori insulari – e in particolare per le isole minori – nell’interesse dei cittadini che vi risiedono ed hanno tutto il diritto a ricevere dei servizi adeguati. Oltre a Sicilia e Sardegna, tutte le isole scontano comunque criticità che intendo cercare di risolvere con una legge apposita. Voglio trovare il modo migliore per individuare le opere da realizzare e contemporaneamente indirizzare i fondi disponibili verso quelle criticità da risolvere, facendo arrivare i soldi dove servono veramente. Anche questo può essere un modo per dare sostanza al principio di insularità, io ci credo fermamente e non mi tiro indietro”.
Nei giorni scorsi, Lei ha comunicato che il principio di insularità è stato inserito all’interno del ddl costituzionale sull’autonomia differenziata. Perché è necessario ribadire nuovamente questo principio, quando è già presente in Costituzione? Non sarebbe meglio dargli una concreta attuazione?
“Ho ritenuto doveroso ribadire questo principio anche nel disegno di legge governativo di cui sono promotore proprio per il rilievo costituzionale dell’insularità, al pari di altri principi già presenti in Costituzione come la sussidiarietà, la differenziazione, l’adeguatezza e la perequazione. L’obiettivo mio e del Governo con l’autonomia è anche quello di dare risposte concrete a tutte quelle realtà insulari che convivono da tempo con situazioni complesse e criticità strutturali. L’inserimento di questo principio tra i criteri ispiratori del ddl sull’autonomia differenziata dimostra l’impegno concreto per ribadire l’attenzione dell’Esecutivo che è al lavoro per dare risposte”.
Ecco, parliamo ancora un po’ di autonomia differenziata. La sua riforma si avvicina all’esame del Parlamento ma è spesso stata oggetto di diverse critiche. Che tempi si prefigge per l’approvazione?
“Posso dire con franchezza che ne ho sentite di cotte e di crude? Ormai ci rido sopra. Certe accuse erano assolutamente ingiustificate e moltissime al di fuori di ogni logica. Anzitutto fa sorridere l’incoerenza di certa sinistra che accusa la mia riforma, quando in realtà sto semplicemente applicando quanto previsto dal Titolo V della Costituzione del 2001 che proprio la sinistra ha promosso anni fa in Parlamento. A distanza di oltre ventuno anni sarebbe ora di dare attuazione a quella riforma! Per non parlare poi di certi governatori, che puntano il dito contro l’autonomia differenziata ma hanno già voluto avviare questo percorso e addirittura firmato delle pre-intese anni fa. Smontate queste tesi, sono arrivati i timori sulla spesa storica sostenuta dallo Stato nella Regione; si tratta di timori infondati, ma, per ridurre ancora le occasioni di conflitto, si è fatto in modo che la spesa storica non sia un parametro vincolante ai fini dell’ottenimento dell’autonomia differenziata. Poi mi è stata contestata una presunta incostituzionalità per ‘rottura dell’unità dell’ordinamento’, che è stata smentita dalla firma con cui il Presidente della Repubblica, massimo garante della Costituzione e dell’unità nazionale, ha autorizzato la presentazione del ddl alle Camere. Poi sono stati avanzati i timori – altrettanto infondati! – sul residuo fiscale in favore di alcune Regioni e sulle sperequazioni che l’autonomia creerebbe al Paese, come se in Italia non ci fossero già sperequazioni evidenti. Ma l’accusa più assurda di tutte è che io voglia usare l’autonomia come strumento ‘spacca-Italia’, baggianate. I dati economici parlano da soli, il Paese purtroppo è già diviso e non solo tra nord e sud: tra città e periferie, grandi agglomerati urbani e piccoli centri abitati, zone montane e isole. Le difformità sono evidenti e non le ho certo create io, anzi: il mio obiettivo è unire il paese, azzerando i divari e permettendo a tutti di avere lo stesso punto di partenza. E’ giunto il momento di ridurre queste sperequazioni e permettere a tutti di valorizzare le proprie differenti potenzialità nel solco del principio di sussidiarietà. L’autonomia è una sfida di rilancio per il Paese che fa rima con trasparenza e responsabilità, lo dobbiamo ai cittadini. E, giusto per smontare l’ultima bufala, ci sono i soldi per riuscirci”.
Facciamo un passo indietro e parliamo del suo incarico al Governo. Lei poco fa ci ha parlato delle sue deleghe da Ministro, nella dicitura non si parla solo di autonomia ma anche di “Affari Regionali”. Può spiegarci meglio di cosa si tratta?
“Ricoprire questo incarico è ovviamente motivo d’orgoglio e al tempo stesso anche una responsabilità, sento forte il peso di lavorare nell’interesse dei cittadini per i temi che mi competono. Oltre all’autonomia e alle isole minori, tra le mie competenze c’è la gestione del sistema delle Conferenze (Conferenza Stato-Regioni, Conferenza Unificata e, con il Ministro dell’interno, la Conferenza Stato-città e autonomie locali), dove passano per pareri e intese e deliberazioni varie i provvedimenti più diversi, molti dei quali di notevole rilevanza. Ad esempio, appena pochi giorni fa sono state approvate (dopo diversi anni) nuove tariffe per prestazioni specialistiche ambulatoriali e protesiche afferenti ai livelli essenziali di assistenza sanitaria. Per non parlare poi del decreto-legge per la prevenzione e il contrasto all’immigrazione irregolare, o di quello relativo al Ponte sullo Stretto, un’opera imponente su cui punta il Governo e il Ministro per le infrastrutture, Salvini, in prima persona. Poi c’è tutto l’insieme di temi legati alla montagna: siamo responsabili dei fondi previsti per salvaguardarla e valorizzarla, ma voglio aggiungere che sto lavorando anche là ad una nuova legge nell’interesse dei territori e dei cittadini, che hanno diritto a servizi adeguati. Inoltre uno dei miei compiti principali è assicurare un coordinamento operativo e la collaborazione tra il Governo centrale e le istituzioni territoriali, come Regioni e Province autonome”.
Questa collaborazione, nei fatti, c’è?
“Ho preso l’impegno di migliorarla per renderla più fluida ed evitare il maggior numero di contenziosi tra i vari livelli di governo: da quando sono Ministro la percentuale di leggi regionali non impugnate e rinuncia di impugnativa è salita fino al 97%, con solo una decina di leggi impugnate su circa 300 totali. Negli anni precedenti le leggi regionali impugnate hanno toccato anche livelli elevati, andando ad occupare larga parte del lavoro la Corte Costituzionale ed ingolfando il sistema. E poi ancora ci sono i territori di confine, la tutela delle minoranze linguistiche, le commissioni paritetiche – la stessa paritetica siciliana si insedierà a breve -, e molto altro… ma non penso basti un’intervista per riassumere tutto il lavoro che stiamo facendo. Da fare ce n’è e io non mi tiro mai indietro”.
A tal proposito, abbiamo appreso che la Regione Sardegna ha impugnato l’ultima legge finanziaria nazionale per avere stanziato solo dieci milioni di euro per il principio di insularità. Non ritiene che sia troppo poco a fronte dei costi che i cittadini delle isole devono sostenere ogni anno per la continuità territoriale?
“Ribadisco il principio che ho espresso poco fa: occorre trasformare l’insularità in iniziative e proposte concrete, non può restare una bandierina all’interno della Costituzione perché altrimenti non cambierà nulla. Faccio notare che, quando è stata approvata la legge di bilancio di quest’anno, il governo era insediato da poco ed è stata, giocoforza, una manovra predisposta in tempi estremamente limitati. Ricordo poi che l’insularità è entrata ufficialmente in Costituzione a lavori sulla legge di bilancio già avviati, era il novembre 2022. Ciò non toglie che si possa fare di più in questo senso ed il segnale dell’impugnativa da parte della Sardegna va visto come un invito a procedere in questa direzione. Da quel momento in avanti sono cambiate diverse cose: l’insularità è entrata a far parte dei criteri fondanti dell’autonomia differenziata e stiamo inoltre redigendo la già citata legge sulle isole minori. Io sto andando avanti con il lavoro ed il mio impegno è garantito, come quello di tutto il Governo”.