Editoriale

Intelligenza artificiale paura del progresso

Quando nel 1790 vennero inventati i telai per tessere i tessuti, si alzarono alte le voci di coloro che protestavano perché dicevano che questi strumenti erano alla base di un’ecatombe economica in quanto avrebbero distrutto la manodopera. In effetti non fu così, come abbiamo potuto constatare, perché non solo la manodopera non diminuì, ma con il progresso tecnologico aumentò, facendo aumentare conseguentemente il benessere dei /delle cittadini/e.
Quando Frederick Taylor (1856-1915), famoso economista, teorizzò la frammentazione della produzione, assegnando a ogni operaio un certo segmento della stessa, i contrari levarono alte proteste.
Henry Ford (1863-1947) fu il primo industriale e produttore di auto che si appropriò del taylorismo e applicò questa teoria nel suo primo stabilimento, da cui uscirono le famose Ford. Fra l’altro, egli sosteneva: “Scegliete qualunque colore dell’auto che comprerete, purché sia nero”.

Carlo Cattaneo (1801-1869) fondò la rivista “Il Politecnico” per la diffusione della cultura scientifica. Nel 1845 scrisse il saggio “Industria e morale”, un pilastro del pensiero economico, su cui ha scritto Marco Vitale, economista d’impresa già docente dell’università Bocconi.
Anche in questo saggio vi sono gli elementi del progresso, che sarebbe stato la spinta per una crescita economica non fine a se stessa, ma indirizzata al benessere della popolazione se distribuito al suo interno.
Nel saggio viene sottolineato il silenzio di quell’Europa all’inizio del 1800, conseguente al nostro silenzio. Sono passati duecento anni e ci sembra un argomento odierno.

Altra questione riguarda il valore sociale che va diffuso nel Popolo e che fa comprendere meglio quello delle innovazioni, contrastate dai conservatori, ma così utili a migliorare la condizione di vita delle persone, purché si valutino i suoi pro e contro.
La questione generale riguarda la capacità di comprendere come l’interesse generale debba prevalere su quello individuale e quindi occorre utilizzare le energie per migliorarsi in modo da migliorare la collettività.
Folle è chi ritiene che la felicità si raggiunga nel non far niente, come se si fosse già nella quiete della fossa, anziché agire in maniera intelligente e fattiva.

Tutto quanto precede serve a introdurre un’importantissima innovazione che sconvolgerà il modo di funzionare dei popoli, che già vede i primi passi, ma di cui si possono intuire gli effetti. Ci riferiamo all’Intelligenza artificiale, la quale non è altro che la capacità di combinare innovazioni in modo che esse, inserite in macchinari sempre più evoluti, siano capaci di effettuare operazioni con migliaia di miliardi di dati o infiniti dati, il tutto in pochi secondi.

Ora, alcuni si sono spaventati dell’enorme potenza della loro capacità di calcolo perché, se la rapportiamo alle persone, quest’ultime non reggono il confronto con hardware e software di ultima generazione.
Si dimentica però che quella che viene chiamata Intelligenza artificiale non è una vera intelligenza, bensì una potenza di calcoli, i quali vengono impostati dalle persone umane; quindi non è falsato il rapporto fra chi dà ordini e chi li riceve.

Lo scenario che descriviamo è inimmaginabile perché l’aumento infinito di capacità di calcoli consente di fare cose che fino ad oggi non si potevano fare. Può servire all’astronomia, può servire alla scienza medica, può servire alla produzione ed ai servizi; insomma il campo della forza dei calcoli è estremamente esteso.

Ovviamente non vogliamo sminuire il pericolo che questa enorme e non valutabile potenza possa trascendere e diventare essa stessa iniziativa di ricerche e di innovazione. Tuttavia, come abbiamo già scritto, non bisogna dimenticare che tali macchine non sono dotate di neuroni, come invece lo è il cervello umano.
Sono proprio i neuroni capaci di infinite combinazioni, ma soprattutto di intuizioni del futuro o di meccanismi che combinano gli elementi esistenti in natura fra regni umano, vegetale e animale.
Non bisogna avere paura del progresso e dell’innovazione, perché grazie ad essi ci si evolve; è bene però avere uno sguardo critico sulla questione – come sempre – per non farsi sovrastare dagli stessi.